La riduzione dei cosiddetti Sussidi ambientalmente dannosi farebbe aumentare il costo delle bollette e il trasporto merci.
La riduzione dei cosiddetti Sussidi ambientalmente dannosi farebbe aumentare il costo delle bollette e il trasporto merci.Il precedente dei «gilet gialli» non ha insegnato nulla ai talebani del cambiamento climatico. Cinque anni fa bloccarono per 19 settimane la Francia protestando contro la legge che, per motivi ecologici, aumentava le accise sul diesel. Un precedente che dovrebbe far riflettere proprio nel momento in cui la manovra 2025 prevede un intervento simile. Far salire i costi del carburante utilizzato prevalentemente per il trasporto merci e l’agricoltura potrebbe non essere una grande idea anche alla luce di quanto accaduto nel 2019 in Francia. Per capire la delicatezza del passaggio bisogna tornare alla fine del 2021 quando il Ministro della Transizione pubblicò il Catalogo dei sussidi ambientali a cominciare dai Sad (Sussidi ambientalmente dannosi) definiti così perché il loro utilizzo ha un impatto negativo sull’ambiente. Il ministero stima in 60 i Sad esistenti, con un valore di 22,4 miliardi collocandone altri 35 (per 11,5 miliardi) tra quelli di incerta classificazione. Sempre secondo il catalogo ministeriale, i sussidi classificati come ambientalmente favorevoli (Saf) sono invece 85 per un valore di 18,6 miliardi.Confindustria ha proposto una revisione dei sussidi considerati nocivi a partire dal 2026 secondo tre direttrici: il finanziamento di nuove misure, maggiori risorse per misure già esistenti, e riprogrammazione di alcuni interventi. Gli ecoattivisti di Ultima Generazione hanno preparato un piano per il taglio dei Sad da cinque miliardi che non ha fatto molta strada nonostante l’iniziale appoggio del Pd. L’ideologia, infatti, deve scontrarsi con la realtà. Basta scorrere l’elenco dei Sad per capire che loro riduzione avrebbe costi politici e sociali insostenibili.Ad esempio, è considerata dannosa per l’ambiente l’agevolazione Iva da 2 miliardi per l’energia elettrica consumata dalle famiglie e da alcune categorie di imprese. Per l’ideologia green la differenza delle aliquote va eliminata perché non incoraggia l’ uso efficiente o ridotto dell’energia. La transizione verde renderà le bollette più pesanti. Vengono considerate Sad anche le agevolazioni concesse agli impianti essenziali per la stabilità del sistema elettrico (pari a 500 milioni circa) e la remunerazione dei clienti che si dichiarano disponibili a ridurre i consumi nel caso il gestore lo richieda. Due elementi necessari all’equilibrio del sistema energetico nazionale, a maggior ragione quanto più ci si avvia verso le fonti rinnovabili. È considerata Sad anche l’Iva ridotta sull’acqua minerale e sui fertilizzanti, nonché la differenza tra l’accisa sul gasolio e quella sulla benzina, oltre all’ulteriore sconto concesso agli autotrasportatori (4 miliardi circa).È considerata ambientalmente dannosa l’esenzione dall’accisa sui carburanti impiegati nella navigazione e la pesca. Il catalogo compilato dal ministero è ricchissimo. È considerata Sad l’Iva agevolata al 4% per l’acquisto dal costruttore di abitazioni, purché prime case (2 miliardi l’anno). «Il vincolo posto sull’acquirente non è sufficiente per prevenire gli effetti ambientali negativi associati a questa importante agevolazione, che continua a promuovere un mercato immobiliare basato sulle nuove costruzioni invece che sulla ristrutturazione di case o di aree esistenti. Dato che le nuove costruzioni comportano un aumento dei fenomeni di urbanizzazione e di consumo di suolo, si tratta di un Sad». Con questa logica, sembrerebbe che tutto ciò che è nuovo danneggi l’ambiente. Scorrendo le pagine del catalogo si ha il sospetto che la stessa attività economica sia considerata ambientalmente dannosa. Più ancora, si ha la sensazione che l’uomo sia considerato in radice un pericolo esistenziale per l’ambiente. Una ben misera prospettiva, proprio mentre la guerra bussa alle dell’Europa.
(Arma dei Carabinieri)
Ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 19 persone indagate per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate dalla deformazione dell’aspetto e altro. Con l’aggravante del metodo mafioso.
Questa mattina, nei comuni di Gallipoli, Nardò, Galatone, Sannicola , Seclì e presso la Casa Circondariale di Lecce, i Carabinieri del Comando Provinciale di Lecce hanno portato a termine una vasta operazione contro un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti che operava nella zona ionica del Salento. L’intervento ha mobilitato 120 militari, supportati dai comandi territoriali, dal 6° Nucleo Elicotteri di Bari Palese, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori «Puglia», dal Nucleo Cinofili di Modugno (Ba), nonché dai militari dell’11° Reggimento «Puglia».
Su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, sono state eseguite misure cautelari di cui 7 in carcere e 9 ai domiciliari su un totale di 51 indagati. Gli arrestati sono gravemente indiziati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate dalla deformazione dell’aspetto e altro, con l’aggravante del metodo mafioso.
Tutto è cominciato nel giugno del 2020 con l’arresto in flagranza per spaccio di stupefacenti avvenuto a Galatone di un giovane nato nel 1999. Le successive investigazioni avviate dai militari dell’Arma hanno consentito di individuare l’esistenza di due filoni parallel ed in costante contatto, che si spartivano le due principali aree di spaccio della zona ionica del Salento, suddivise tra Nardò e Gallipoli. Quello che sembrava un’attività apparentemente isolata si è rivelata ben presto la punta dell’iceberg di due strutture criminali ramificate, ben suddivise sui rispettivi territori, capaci di piazzare gradi quantitativi di droga. In particolare, l’organizzazione che operava sull’area di Nardò è risultata caratterizzata da una struttura verticistica in grado di gestire una sistematica attività di spaccio di stupefacenti aggravata dal tipico ricorso alla violenza, in perfetto stile mafioso anche mediante l’utilizzo di armi, finalizzata tanto al recupero dei crediti derivanti dalla cessione di stupefacente, quanto al controllo del territorio ed al conseguente riconoscimento del proprio potere sull’intera piazza neretina.
Sono stati alcuni episodi a destare l’attenzione degli inquirenti. Un caso eclatante è stato quando,dopo un prelievo di denaro presso un bancomat, una vittima era stata avvicinata da alcuni individui armati che, con violenza e minaccia, la costringevano a cedere il controllo della propria auto.
Durante il tragitto, la vittima veniva colpita con schiaffi e minacciata con una pistola puntata alla gamba destra e al volto, fino a essere portata in un luogo isolato, dove i malviventi la derubavano di una somma in contanti di 350 euro e delle chiavi dell’auto.
Uno degli aggressori esplodeva successivamente due colpi d’arma da fuoco in direzione della macchina, uno dei quali colpiva lo sportello dal lato del conducente.
In un'altra circostanza invece, nei pressi di un bar di Nardò, una vittima era stata aggredita da uno dei sodali in modo violento, colpendola più volte con una violenza inaudita e sproporzionata anche dopo che la stessa era caduta al suolo con calci e pugni al volto, abbandonandolo per terra e causandogli la deformazione e lo sfregio permanente del viso.
Per mesi i Carabinieri hanno seguito le tracce delle due strutture criminose, intrecciando intercettazioni, pedinamenti, osservazioni discrete e perfino ricognizioni aeree. Un lavoro paziente che ha svelato un traffico continuo di cocaina, eroina, marijuana e hashish, smerciati non solo nei centri abitati ma anche nelle località marine più frequentate della zona.
Nell’organizzazione, un ruolo di primo piano è stato rivestito anche dalle donne di famiglia. Alcune avevano ruoli centrali, come referenti sia per il rifornimento dei pusher sia per lo spaccio al dettaglio. Altre gestivano lo spaccio e lo stoccaggio della droga, controllavano gli approvvigionamenti e le consegne, alcune avvenute anche alla presenza del figlio minore di una di loro. Spesso utilizzavano automobili di terzi soggetti estranei alla compagine criminale con il compito di “apripista”, agevolando così lo spostamento dello stupefacente.
Un’altra donna vicina al capo gestiva per conto suo i contatti telefonici, organizzava gli incontri con le altre figure di spicco dell’organizzazione e svolgeva, di fatto, il ruolo di “telefonista”. In tali circostanze, adottava cautele particolari al fine di eludere il controllo delle forze dell’ordine, come l’utilizzo di chat dedicate create su piattaforme multimediali di difficile intercettazione (WhatsApp e Telegram).
Nell’azione delle due strutture è stato determinante l’uso della tecnologia e l’ampio ricorso ai sistemi di messaggistica istantanea da parte dei fruitori finali, che contattavano i loro pusher di riferimento per ordinare le dosi. In alcuni casi gli stessi pusher, per assicurarsi della qualità del prodotto ceduto, ricontattavano i clienti per acquisire una “recensione” sullo stupefacente e quindi fidelizzare il cliente.
La droga, chiamata in codice con diversi appellativi che ricordavano cibi o bevande (come ad es. “birra” o “pane fatto in casa”), veniva prelevata da nascondigli sicuri e preparata in piccole dosi prima di essere smerciata ai pusher per la diffusione sul territorio. Un sistema collaudato che ha permesso alle due frange di accumulare ingenti profitti nel Salento ionico, fino all’intervento di oggi.
Il bilancio complessivo dell’operazione è eloquente: dieci arresti in flagranza, il sequestro di quantitativi di cocaina, eroina, hashish e marijuana, che avrebbero potuto inondare il territorio con quasi 5.000 dosi da piazzare al dettaglio.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha ritenuto gravi gli elementi investigativi acquisiti dai Carabinieri della Compagnia di Gallipoli, ha condiviso l’impostazione accusatoria della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, emettendo dunque l’ordinanza di custodia cautelare a cui il Comando Provinciale Carabinieri di Lecce ha dato esecuzione nella mattinata di oggi.
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