2018-11-30
È tornato Moretti: «Salvini come Pinochet»
Il regista lancia il suo documentario sul golpe in Cile del 1973 e, intervistato da «Repubblica», la spara grossa: «Vedendo il ministro dell'Interno ho capito perché ho girato quel film». Anche lui si unisce al coretto triste degli intellettuali italiani che gridano al regime.E per fortuna che (almeno così aveva scritto il Corriere della Sera) nel nuovo film Nanni Moretti non avrebbe dovuto occuparsi di politica. Il suo Santiago, Italia, che verrà proiettato al Festival di Torino, era stato presentato come un documentario sul golpe cileno del 1973 e sull'operato dall'ambasciata italiana, che prima diede rifugio e poi fece espatriare numerosi oppositori di Pinochet. Un film storico, diciamo. E invece l'attualità politica ci è entrata eccome, o comunque il regista ha voluto tirarla in ballo a forza. Ha concesso un'intervista a Mario Calabresi per il Venerdì, di cui ieri Repubblica ha offerto alcune illuminanti anticipazioni. Nel numero della settimana scorsa, la rivista ha dedicato la copertina al nuovo cinepanettone di Vanzina: si vede che hanno sentito il bisogno di lavarsi la coscienza con una cover su Moretti. Indovinate che cosa dice il nostro eroe? Beh, che l'Italia di oggi ricorda il Cile del golpe. Un pensiero originale, non trovate? Matteo Salvini è stato paragonato a vari autocrati, nel corso degli ultimi mesi, ma il confronto con Pinochet ancora mancava. A colmare il vuoto ci ha pensato Nanni: «Finite le riprese», racconta, «è diventato ministro dell'Interno Matteo Salvini e allora ho capito perché avevo girato quel film, l'ho capito a posteriori». Viene più facile pensare che l'abbia capito con il posteriore, ma lasciamo perdere. Repubblica, in adorazione, spiega che quello di Moretti è stato «un gesto inconscio di resistenza, un risveglio». Certo, perché se Nanni non milita, ci pensa il suo inconscio a militare per lui. Talvolta, pensate, Moretti resta a casa a guardare la partita e il suo inconscio scende in piazza al posto suo, va pure a prendere il giornale, se adeguatamente istruito. Non è chiaro se l'intervista a Repubblica l'abbia rilasciata Nanni oppure il suo inconscio, ma probabilmente fa poca differenza. «Oggi il Cile è diviso in due», spiega. «Si coltivano due memorie opposte. Così in Italia, dove fino a 25 anni fa c'era una memoria condivisa su antifascismo e resistenza, persa negli anni di Berlusconi». Già, che belli i tempi in cui dettava legge la storiografia ufficiale del Pci. Stavamo tutti molto meglio. Ora, invece, nel nostro Paese «ci sono forze politiche che vengono votate non nonostante la loro violenza verbale, ma proprio perché ne fanno uso. La solidarietà, l'umanità, la curiosità, la compassione verso gli altri sembrano essere bandite… C'è uno slittamento progressivo ma inarrestabile verso la mancanza di umanità e di pietà. Spero che non sia una strada senza ritorno». A leggere queste parole, di sicuro, non si rimane sconcertati. Sentire Moretti invocare una forza di sinistra «razionale, seriamente riformista ed europeista» non suscita alcun brivido. Non stupisce nemmeno che il regista attacchi i 5 stelle (li accusa di aver alimentato «l'odio per la competenza, per il sapere, per cui tutto è casta, tutto è élite da abbattere») quando i suoi girotondi sono stati tra i primi incubatori del grillismo. La verità è che, quando Nanni ripete che «oggi non si può essere imparziali», si avverte soltanto un retrogusto di tristezza. Una sensazione appena accennata, un piccolo sospiro, come a dire: ti ci metti pure tu? Tante cose si possono dire di Moretti, ma non che non sia un uomo intelligente. Eppure, con queste sue uscite affettate, con i suoi paragoni assurdi e antistorici tra Salvini e Pinochet anche lui si confonde tra i mille intellettualini che compongono il gregge italiano.Ieri, per dire, a Circo Massimo, su Radio Capital, ha abbondantemente sproloquiato lo scrittore Sandro Veronesi, autore di un pamphlet in difesa delle Ong, della nave Aquarius e simili. Ve lo ricordate? È quello che aveva invitato gli esponenti dell'intellighenzia italica a salire sui taxi del mare onde opporsi al perfido Salvini (gli rispose Roberto Saviano, declinando l'invito). A Veronesi l'attuale governo fa talmente schifo che, piuttosto, si riprenderebbe Silvio Berlusconi.«Se mi chiedete di firmare per far tornare Berlusconi e il suo governo domani, io firmo, e firmo col sangue», ha detto. Già: Veronesi odiava così tanto il Cavaliere che fuggì dalla Mondadori pur di non essere legato al suo cognome. Eppure dichiara: «Meglio lui di quelli di oggi, non c'è dubbio. Era arrogante, strafottente, con il conflitto di interessi, ma sapeva qualcosa del mondo. E sapeva che stava trasgredendo le etichette quando prendeva in giro la Merkel. Questi non sanno quello che fanno. In questo governo frangono due flutti diversi e pericolosi, e questa doppia corrente crea delle turbolenze che possono tirarci giù non solo economicamente ma anche filosoficamente, culturalmente». Per Salvini è un ottimo risultato: un tempo Berlusconi era il nemico numero uno, l'essere più spregevole della Terra. Adesso, per l'intellettuale de sinistra medio, c'è un nuovo babau persino più cattivo dei precedenti. Sinceramente, non sapremmo dire se - agli occhi di Nanni Moretti - Salvini sia davvero peggio di Berlusconi. Probabilmente no. Il punto, però, è che Nanni, fino a ieri, aveva evitato di pronunciarsi direttamente. Si era tenuto fuori da tutto questo abbaiare al fascismo, al ritorno del razzismo eccetera. Forse il suo talento o forse la sua spocchia lo avevano tenuto al riparo dalle tirate barricadere, dalle scemenze, dal conformismo e dai fascistometri. Lo sproloquietto sul Cile, invece, lo fa sembrare, come dire, un Veronesi qualsiasi. No, non ci si stupisce né ci si indigna per le sue parole. Viene solo da pensare: lo si notava di più se stava zitto.
Abdel Fattah Al-Sisi e Donald Trump (Ansa)