2021-10-11
Non usate pochi violenti per occultare il green caos
Roberto Speranza e il governo, come La Verità dice da settimane, pensavano di costringere i cittadini al vaccino con una misura che altrove non esiste: paralisi del lavoro e relativa bomba sociale erano prevedibili. Anziché risolvere, ora si nascondono dietro pochi esagitati.I cattivi maestri sono coloro che non imparano mai nulla dai propri errori e che, invece di ravvedersi, insistono giorno dopo giorno, convinti che prima o poi qualche cosa o qualcuno darà loro ragione. Purtroppo, per loro e per il nostro Paese, la realtà si incarica quotidianamente di dar loro torto. Questo giornale fin dall'inizio aveva messo in guardia il governo e i suoi corifei giornalistici dal rischio di radicalizzazione che sarebbe seguito all'adozione del green pass per poter accedere a luoghi di lavoro e locali pubblici. Già ad agosto, oltre a segnalare le molte incongruenze del decreto che istituiva il certificato verde anti Covid (per entrare in un museo era ritenuto necessario il lasciapassare, ma per partecipare alla Santa messa no, forse convinti che lo Spirito Santo possa preservare i cristiani dal coronavirus), denunciavamo l'inapplicabilità della misura, suggerendo non di rassegnarsi davanti al rifiuto di chi non intende vaccinarsi, ma di adottare una linea morbida, coinvolgendo la sanità del territorio, cioè i medici di base, per cercare di convincere i renitenti all'iniezione. Il governo, sostenuto da personcine moderate che sono arrivate a mandare in edicola i loro giornali con un titolo soft tipo «Criminali no vax», ha invece preferito tirare diritto, imponendo l'obbligo di green pass a 23 milioni di lavoratori. Secondo le intenzioni di Roberto Speranza e compagni, questo avrebbe dovuto essere un modo gentile per accompagnare i dubbiosi verso i centri vaccinali, costringendoli a offrire il braccio alla Patria per poter continuare ad avere uno stipendio e una vita sociale normale. Risultato, a pochi giorni dall'entrata in vigore del provvedimento mancano all'appello del siero 8 milioni di italiani, 5 dei quali in età da lavoro e inseriti in aziende, ristoranti, uffici, hotel, servizi di pubblica utilità. Secondo la sinistra, che non manca mai di sottolineare la propria superiorità culturale, si tratterebbe di 8 milioni di ignoranti, persone stupide che si fanno facilmente condizionare. Del resto, questa è la tesi che ha espresso in tv recentemente il filosofo «copione» Umberto Galimberti, luminare del pensiero altrui, che davanti alle telecamere si è sentito autorizzato a sostenere che certi fenomeni politici sono frutto dell'ignoranza, mentre ovviamente quelli che piacciono a lui e alla sinistra sono frutto di intelligenza e cultura.Sta di fatto che gli intelligenti, dopo aver dato degli ignoranti a tutti coloro che non la pensavano come loro, oggi si trovano davanti un problema enorme, ossia una campagna vaccinale che non procede, ma che anzi sta innescando un conflitto sociale. Chi ha assaltato la sede della Cgil e ha infiammato la Capitale scontrandosi con le forze dell'ordine non va protetto o incoraggiato, ma condannato, questo è ovvio. Ma chi ha deciso che dal 15 di ottobre 5 milioni di lavoratori senza green pass dovranno essere sospesi e lasciati senza stipendio, con aziende che saranno costrette a rallentare la produzione o chiudere i battenti, dovrebbe riflettere sugli errori commessi. Gli esperti di sommosse urbane sabato hanno notato che in piazza, a contestare le decisioni dell'esecutivo, non c'erano i soliti professionisti dello scontro sociale. La manifestazione non era composta solo da facinorosi di destra, antagonisti di sinistra o anarchici. In piazza c'era anche gente normale, persone non abituate a far andare le mani. Purtroppo però, questo è ciò che sta accadendo. Senza rendersene conto, insistendo a considerare criminali tutti i no vax e promettendo di espellere dalla società civile milioni di italiani, si è innescata una bomba sociale. E ora solo il buonsenso potrebbe aiutare a evitarne la deflagrazione. È inutile dare ogni giorno del cretino a chi non vuole vaccinarsi, così come è inutile pensare che chi rifiuta il siero sia un criminale da isolare. Le persone vanno convinte e se non si riesce a ragionare non vanno isolate, ma aiutate. Volete la sicurezza nei luoghi pubblici e nelle aziende? Rendete accessibili i tamponi a tutti e a un prezzo calmierato. In nessun Paese democratico è richiesto il passaporto vaccinale per lavorare o per entrare in un luogo pubblico: al massimo si chiede il tampone. Vi siete chiesti perché? Eppure Francia, Germania e tanti altri Paesi europei hanno meno vaccinati di noi e spesso anche un numero di contagiati maggiore. Tuttavia non hanno introdotto alcun obbligo. Purtroppo da noi i cattivi maestri, cioè politici e giornalisti, invece di riconoscere i propri errori, invece di vedere la realtà che hanno davanti agli occhi, insistono a cercare gli sbagli degli altri. Se non fossero miopi, e se fossero davvero così intelligenti come dicono di essere, vedrebbero 8 milioni di italiani che non la pensano come loro e 5 milioni di «cretini» che rischiano di essere lasciati a casa senza stipendio e senza neppure il reddito di cittadinanza che tanto piace ai compagni. Un macigno che rischia di far deragliare il Piano di rinascita nazionale. Ma soprattutto un macigno che rischia di schiantare la pace sociale. Cari maestri, di destra e di sinistra, avete fallito, smettetela di dare lezioni.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
Continua a leggereRiduci
Mark Zuckerberg (Getty Images)