2019-03-28
Migranti dirottano una nave
ma i giudici indagano Salvini
Adesso c'è la prova: gli immigrati che chiedono soccorso in mezzo al mare non vogliono essere salvati ma traghettati. Ovviamente nel luogo di loro gradimento e non dove stabilisce la Guardia costiera o l'autorità che vigila sul Mediterraneo. E altrettanto ovviamente non si tratta mai di un porto africano, ma guarda caso sempre di un approdo europeo e preferibilmente italiano. Non che fino ieri nutrissimo dubbi sugli intendimenti delle migliaia di extracomunitari che si avventurano nelle acque libiche, rischiando anche di colare a picco. E tuttavia da ieri è dimostrato che l'ondata migratoria si regge su un colossale equivoco. Chi parte accetta il rischio di trovarsi in difficoltà e perfino di affogare perché conta su un sistema di salvataggio che staziona davanti alla costa e che, una volta presi in carico i «naufraghi», li accompagna a destinazione, ovvero quasi sempre a casa nostra. Una specie di taxi del mare, che non richiede neppure il pagamento della corsa. Da ieri, dicevamo, c'è la prova che le cose stanno esattamente così, perché 108 immigrati soccorsi dalla nave cisterna El Hiblu I mentre rischiavano di affogare, una volta a bordo, anziché ringraziare per il salvataggio, appena hanno intuito che la nave non li avrebbe sbarcati dove loro intendevano, ma nel porto più vicino, cioè in Libia, si sono ammutinati e hanno dirottato il bastimento, costringendolo a fare rotta verso Malta. Gli extracomunitari avevano fatto naufragio a poche miglia dalla costa libica e dunque il comandante dopo averli soccorsi aveva diretto la prua verso Tripoli, come sarebbe stato ovvio fare per chiunque. Ma appena i «naufraghi» si sono resi conto che non sarebbero stata una crociera verso Lampedusa, o in qualche altra località della penisola di loro gradimento, si sono ribellati, minacciando l'equipaggio. Al capitano a questo punto non è rimasto che assecondare il volere dei rivoltosi, dirigendo la nave verso Nord. Allertato dell'ammutinamento in corso, il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha mobilitato le navi della marina militare, ribadendo che i nostri porti resteranno chiusi e comunicando il divieto di sbarco. Ufficialmente dunque la nave cisterna dovrebbe puntare su Malta, ma non è detta l'ultima parola, perché nonostante Salvini abbia dichiarato che i pirati non saranno accolti in Italia, è possibile che questi provino a forzare la mano. Con l'aiuto ovviamente della solita compagnia di giro ben accogliente. Ossia con il milieu intellettuale e politico che da anni fa da contorno all'invasione, invocando le ragioni degli immigrati e mai quelle degli italiani. Immaginiamo infatti che nelle prossime ore non ci faranno mancare il loro accorato appello alcuni scrittori di complemento come Roberto Saviano e Sandro Veronesi, né ci saranno evitate le missioni navali di sostegno degli esponenti di sinistra come Nicola Fratoianni o Luca Casarini, da sempre pronti ad abbracciare la causa degli extracomunitari senza se e senza ma. A dire il vero sentiamo già nelle orecchie il ritornello che verrà ripetuto per giustificare l'ammutinamento dell'El Hiblu. Gli immigrati sono stati costretti a sequestrare la nave e il suo equipaggio per non essere riconsegnati ai propri carnefici, ossia alla Guardia costiera libica. Dimenticando naturalmente che sono stati i cosiddetti «naufraghi» a consegnarsi per primi ai libici, in quanto nessuno ha ordinato loro di mettersi nelle mani dei militari di Tripoli, ma sono stati essi stessi a scegliere la Libia come punto di passaggio per arrivare in Europa e non i libici ad averli sequestrati per rinchiuderli in gattabuia.Ma la propaganda ovviamente descrive ogni immigrato come un internato, di cui secondo i soliti noti ci dovremmo fare carico noi. E quando non ce ne facciamo carico, ci vengono imputati i naufragi o, peggio, come è successo ieri, il sequestro di persona, perché non avendo accolto le decine di extracomunitari a bordo di una nave battente bandiera straniera, il ministro dell'Interno si sarebbe reso responsabile di rapimento. Già, impedire ai migranti di sbarcare è considerato secondo la magistratura un sequestro. Anche solo ritardare di qualche giorno l'attracco a questo punto si rischia di finire nel mirino dei pm. Così Salvini è tornato di nuovo sul banco degli imputati e il suo operato dovrà essere oggetto di indagine.Nel caso la nave dirottata al largo delle coste libiche arrivasse in Italia c'è da chiedersi che cosa accadrebbe. I 108 migranti autori dell'ammutinamento sarebbero accusati di sequestro, minaccia, aggressione e così via, oppure sarebbero accolti a braccia aperte? Nel caso, cioè, fosse consentito lo sbarco, potremmo assistere al mondo alla rovescia? Un ministro indagato per aver difeso l'interesse nazionale. E 100 extracomunitari accolti per averlo violato. Mica male come paradosso. E poi si chiedono perché i voti di Salvini aumentino…
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)