2023-11-20
È l’Occidente woke che ha tradito le donne
Da noi la cultura tradizionale ha sempre stigmatizzato la violenza contro il «sesso debole». L’islam invece la considera legittima, anzi in certi casi doverosa. Eppure gli intellettuali progressisti, per timore di essere accusati di razzismo, non aprono bocca.Le donne hanno una forza muscolare minore di quella degli uomini. Che un uomo picchi una donna quindi è una vigliaccata. E la violenza contro le donne è stigmatizzata. La violenza domestica esiste, certo, ma è episodica. È disapprovata dai parenti, che cercano sempre di fermarla. È biasimata dai vicini di casa, che spesso sono quelli che telefonano alla polizia. Se chiamata, la polizia arriva e interviene. Quando un uomo ci apre la portiera della macchina ci sta dicendo con un linguaggio non verbale che userà la sua maggiore forza fisica sempre a nostro favore e mai contro di noi.Sul Titanic gli uomini ci hanno ceduto il posto sulle scialuppe. Che le donne non si tocchino nemmeno con un fiore è evidentemente una blasfemia per le religioni che raccomandano nei loro testi sacri la lapidazione delle adultere e il diritto per i mariti di picchiare le mogli; diritto che, se raccomandato nei testi sacri, in effetti diventa un dovere. Nel Corano, versetto 4,34 della Sura delle donne, è scritto. «Ammonite quelle di cui temete l’insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele». Che un uomo picchi sua moglie, quindi, è approvato dai vicini e dai parenti e non è possibile, sarebbe blasfemia, che la polizia intervenga. Inverosimile che sia episodico.Un problema notevole è che nell’islam l’amore coniugale non è un valore. I coniugi, se vanno in paradiso, vanno in paradisi separati. Se si fossero amati, sarebbe un guaio. Meglio non si amino. Il paradiso degli uomini prevede vergini e deliziosi fanciulli (sottolineo i fanciulli, spesso sono dimenticati): sarebbe imbarazzante davanti alla moglie o alla madre. Quello delle donne prevede fichi e uva, è una specie di reparto ortofrutta, ed è una fortuna se la vita che l’ha preceduto è stata un vero inferno perché solo in questo caso potrebbe essere apprezzato.Poi c’è lo spinoso problema della lapidazione. La sinistra mondiale (è stato allora che l’ho abbandonata) si è schierata con Khomeini che stava introducendo la lapidazione in una nazione, l’Iran, che non la prevedeva. La lapidazione quindi è diventata un simbolo di anticolonialismo. In Indonesia, «Paese modello di tolleranza» secondo l’ex presidente statunitense Obama, dove lui ha studiato e si è formato, nel settembre 2009 il Parlamento di Aceh ha approvato all’unanimità l’introduzione della legge islamica, inclusa la lapidazione per le adultere.L’Indonesia arriva per ultima. Il 5 agosto 1990 si è firmata la Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell’Islam, Risoluzione 49/19-P della XIX Conferenza islamica dei ministri degli Esteri. I 54 Stati membri dell’Organizzazione della conferenza islamica affermarono il «ruolo civilizzatore e storico della Umma islamica che Dio fece quale migliore nazione, che ha dato all’umanità una civiltà universale e equilibrata nella quale è stabilita l’armonia tra questa vita e ciò che viene dopo e la conoscenza è armonizzata con la fede; e il ruolo che questa Umma deve svolgere per guidare una umanità confusa da orientamenti e ideologie contraddittorie e per fornire soluzioni ai cronici problemi dell’attuale civiltà materialistica, desiderando contribuire agli sforzi dell’umanità intesi ad asserire i diritti umani, proteggere l’uomo dallo sfruttamento e dalla persecuzione e affermare la sua libertà e il suo diritto ad una vita degna in accordo con la Sharia islamica». L’articolo 2 afferma che la vita «è un dono dato da Dio e il diritto alla vita è garantito ad ogni essere umano, è vietato sopprimere la vita, tranne che per una ragione prescritta dalla Sharia». La lapidazione è prescritta dalla Sharia. Nel 1990 una risoluzione dell’Onu ha accolto le conclusioni della Conferenza del Cairo, equiparando la Sharia alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo. L’Onu si batte quindi dal 1990 per il diritto della donna islamica ad essere lapidata, della bambina islamica ad essere sposata a 8 anni, e della moglie islamica ad essere battuta. L’Iran che lapida le donne e bastona o uccide quelle che non portano il velo, presiede serenamente le commissioni Onu per i diritti umani o direttamente per i diritti delle donne. Il velo riduce ogni donna a un organo sessuale: gli organi sessuali sono giustamente pudenda, in latino, neutro plurale, parti di cui ci si vergogna e che vanno coperte, come ci spiega Charlott Djavanne nel libro Giù i veli, o come ci spiega Ayaan Hirsi Alì nel libro Non sottomessa. Chi ce lo spiega meglio di tutti è l’allora imam di Parigi, che nel 2010 affermava orgoglioso: il velo è il preservativo dei musulmani (il sincero gentiluomo ha anche affermato: per ora l’islam è solo la seconda religione di Francia, ma quando sarà la prima il velo sarà obbligatorio per tutte anche qui). I talebani lapidavano chi non aveva il burqa, per i talebani equivale all’adulterio. Da noi arrivano le paladine del velo a cinguettare che «il velo è la mia identità, lo porto perché dopo una ricerca interiore non posso più farne a meno», secondo un copione sempre uguale e che avrebbe un senso se in nessuna nazione fosse obbligatorio, pena la morte, ma davanti alle parole «identità» e «ricerca interiore» chi avrà il coraggio di obiettare? La ricchissima Arabia Saudita (possiamo piantarla con l’idiozia che l’integralismo è dovuto alla miseria) l’11 marzo del 2002 ha preferito che quattordici studentesse bruciassero vive piuttosto che permettere loro di scappare dalla scuola in fiamme coperte solo da pantaloni e camicia, senza il telo nero che deve ingabbiarle. C’è anche il problema delle mutilazioni sessuali, che - ci spiegano le antropologhe politicamente corrette - non è certo limitata all’islam. Cristiani in Senegal e Nigeria, copti ed ebrei in Etiopia praticano l’infibulazione. Come spiega la scrittrice di origine somala e infibulata Ayaan Hirsi Alì nel libro L’Infedele l’infibulazione, come la lapidazione, non è stata inventata dall’islam, ma è grazie all’islam che si diffonde nel mondo, permane e traversa i secoli, e sbarca nel terzo millennio, raccomandata dagli imam, che scatenano le violenze a scuola contro le bambine non mutilate. La infibulazione è rapidamente e completamente scomparsa in ambiente cristiano in quanto combattuta dai missionari: scomparsa in una generazione, come in meno di una generazione, combattuta dai rabbini, è scomparsa l’infibulazione tra gli ebrei di origine etiope, rifugiatisi in Israele. Se qualcosa è dichiarato cattivo sia dall’autorità religiosa, che da quella sanitaria, che da quella statale, scompare. Le mutilazioni sessuali aumentano negli ultimi decenni nelle terre dell’islam, comparendo in nazioni, come l’Indonesia, dove non sono mai esistite prima.L’Occidente woke, folle dei sensi di colpa del ’68, convinto di essere il colpevole del mondo, non osa difendere le donne per il terrore di essere accusato di razzismo. Nel 2004 il regista Theo Van Gogh ha osato dirigere Submission, un breve documentario sul dolore delle donne nell’islam. La sceneggiatura era stata scritta da Ayaan Hirsi Ali. Submission è l’unico film che osi parlare del dolore delle donne nell’islam. Van Gogh, è stato ucciso, «aperto in due come un panino» secondo le orgogliose parole del suo assassino, cittadino olandese nato in Olanda, figlio di genitori marocchini a cui l’Olanda ha dato (regalato? svenduto?) la cittadinanza. In un sussulto di vigliaccheria svenduta come buona educazione, nessuna televisione ha osato trasmettere il film.
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Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco