
«Avvenire» annuncia l’apertura di un’inchiesta su Meloni, Nordio e Piantedosi per il caso Almasri. La Cpi smentisce, ma si scopre che la denuncia c’è davvero. Solo che risale al 2019 e chiama in causa molti governi, compresi quelli di Renzi e Gentiloni.Chi di Almasri ferisce, di Almasri rischia di perire. Già, perché il caso del torturatore libico restituito dall’Italia al governo di Tripoli con volo di Stato minaccia di trasformarsi in un boomerang contro quanti lo stanno usando per colpire l’esecutivo. È di ieri la notizia che la Procura della Corte penale internazionale ha ricevuto un esposto contro il presidente del Consiglio e i suoi ministri con l’accusa di aver ostacolato «l’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma». Un’associazione di avvocati specializzata nella difesa dei migranti avrebbe raccolto la testimonianza di un rifugiato e dopo la liberazione del carceriere di Tripoli si sarebbe rivolta alla Procura della Corte penale dell’Aia, accusando Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi (Alfredo Mantovano, sottosegretario con delega ai servizi segreti, curiosamente non è citato) di intralcio alla giustizia, per aver favorito la fuga di Almasri. Pubblicato in esclusiva dal quotidiano dei vescovi Avvenire, lo scoop ha fatto il giro delle redazioni, salvo poi essere ridimensionato dalla stessa Corte penale internazionale che dopo aver confermato l’esistenza dell’esposto, ha fatto sapere che al momento non è stato deciso se e in quale modo procedere.Per capire l’evoluzione della denuncia, dunque, serviranno giorni. Ma a prescindere dal tempo che i magistrati dell’Aia impiegheranno per stabilire se il governo abbia commesso qualche reato, mancando di rispettare lo Statuto di Roma, ciò che emerge grazie all’esposto è molto interessante. Infatti, secondo quanto riferisce il giornale della Cei, nella richiesta inviata alla Procura, un cittadino sudanese del Darfur, che oggi ha ottenuto lo status di rifugiato in Francia, lamenterebbe di essere stato vittima, insieme alla moglie e ad altri migranti, «di numerosi e continui crimini». E di questo accuserebbe, tra gli altri, Almasri.Ma l’extracomunitario che con il suo racconto avrebbe fatto partire la richiesta all’ufficio del procuratore contro ministri e premier, nella denuncia non parla solo di quanto è accaduto in Italia nelle ultime settimane ma, in 23 pagine, ricostruisce fatti lontani nel tempo che rischiano di inguaiare chi, oggi, è impegnato a scagliare fango contro il governo allo scopo di trarne un vantaggio politico.Mi spiego. Il rifugiato sudanese citato nell’esposto, già nel 2019 aveva presentato una denuncia all’ufficio del procuratore penale dell’Aia. E da quanto riferisce lo stesso Avvenire, che dice di aver preso visione dei documenti, avrebbe fornito «un’ampia serie di prove» che a suo dire implicavano «responsabilità di alti funzionari della Ue e dell’Italia, tra cui ex primi ministri e ministri italiani, per aver favorito il compimento di crimini contro i diritti umani in Libia». Le virgolette che accompagnano il testo non sono mie ma della testata cattolica che, sul suo sito, ha provveduto anche a pubblicare il frontespizio della denuncia. Avvenire, infatti, ha potuto visionare le 23 pagine depositate all’Aia e ci tiene a farci sapere che sono corredate da numerosi allegati.La notizia di un’iniziativa contro il governo in carica, però, fornisce numerosi spunti di riflessione. Il primo è che l’esposto sulle malefatte di Almasri è stato presentato nel 2019, ma in sei anni la Procura dell’Aia non ha ritenuto di agire, salvo poi svegliarsi, recuperando alcune delle accuse presentate dal rifugiato nella richiesta di arresto del torturatore libico predisposta quando Almasri è arrivato in Italia. Evidentemente i tempi della giustizia della Corte penale internazionale sono più lenti dei nostri. Il secondo spunto che salta all’occhio è, invece, la rapidità con cui le associazioni pro migranti agiscono se c’è da colpire un governo che si oppone all’invasione dei clandestini.Il terzo spunto, però, è quello più gustoso, per lo meno dal nostro punto di vista. La denuncia, infatti, cita ex primi ministri ed ex ministri italiani accusandoli di aver favorito crimini contro l’umanità in Libia. Ora, siccome l’attuale governo è in carica da un paio d’anni, è evidente che si parli di quelli precedenti, ovvero in maggioranza di premier e politici di centrosinistra. Ed è proprio quello che scrivevamo nei giorni scorsi a proposito delle relazioni pericolose che le passate maggioranze hanno intrattenuto con i clan libici. Ma ora c’è una denuncia che chiama in causa chi ha governato nel recente passato. E, dunque, da processo a Meloni e i suoi, il caso Almasri rischia di trasformarsi in un giudizio su una classe politica progressista e ipocrita, che lancia il sasso ma nasconde la mano. Peccato per loro che ogni tanto il sasso ritorni indietro. Come detto, se la faccenda va avanti potremmo vederne delle belle.
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Intelligenza artificiale (iStock)
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- Il Garante ha bloccato il riconoscimento facciale allo scalo di Linate, malgrado l’opzione per imbarcarsi velocemente fosse facoltativa. Il sistema era già stato sospeso a Roma.
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Il cancelliere ha annunciato un autunno di riforme «lacrime e sangue». In bilico il «Reddito di cittadinanza» per i disoccupati. Ma la Corte dei conti federale boccia la manovra perché non riesce a contenere il debito.