2019-08-29
È guerra per il commissario Ue. Gentiloni, Letta e il fantasma di Renzi
I democratici spingono due filo francesi per blandire Emmanuel Macron. Il Bullo, che li ha in uggia entrambi, li saboterà con suoi nomi (vedi Sandro Gozi) o lanciando sé stesso. Parigi piazza l'ex valletta di Romano Prodi e Mario Monti.Politicamente parlando, Sylvie Goulard ha nove vite come i gatti. Consigliere politico di Romano Prodi dal 2001 al 2004, quando Mortadella ricopre il ruolo di presidente della Commissione europea, la Goulard viene eletta eurodeputato dal 2009 al 2017 con il Movimento democratico di François Bayrou. Nel 2017 è ministro della Difesa per un solo mese nel governo guidato da Edouard Philippe, ma rimane disoccupata per un breve lasso di tempo perché a gennaio del 2018 viene ripescata per l'incarico di vicegovernatore della Banca di Francia. Infine, la decisione annunciata ieri dall'Eliseo di nominarla in qualità di commissario europeo per il proprio Paese. Se la Goulard riesce sempre a cadere in piedi, un segreto c'è: stare sempre attaccata alle natiche del potente di turno. Dopo essere uscita dalla fucina della Grand école parigina di SciencesPo e aver maturato una certa esperienza nelle istituzioni transalpine, si lega a Romano Prodi, e partecipa al progetto (fallito) della Convenzione europea. Quindi decide di accodarsi al soggetto politico di Bayrou, e per ultimo abbraccia En Marche, la creatura dell'attuale presidente francese Emmanuel Macron. Nel 2012 pubblica un libro a quattro mani con l'ex premier ed ex commissario europeo Mario Monti. Più che un titolo, un ossimoro: il volume si chiama infatti La democrazia in Europa. Tema principale: la contraddizione, definita «inaccettabile», tra l'unità europea e la volontà degli Stati di tornare alla sovranità nazionale. Ovviamente, lo specifichiamo per dovere di cronaca, gli autori tifano per la prima delle due spinte politiche.Basta questo a far capire quanto Sylvie Goulard creda ciecamente nel progetto europeo. Caratteristica che la rende perfetta per l'incarico che è stata chiamata a svolgere. Donna, preparata (anzi, competente, come va di moda dire adesso) determinata, fortemente europeista: sulla carta gli ingredienti per ritagliarsi un ruolo di successo nella Commissione guidata da Ursula von der Leyen ci sono tutti. Nonostante ciò, quella della Goulard rimane una figura contraddittoria, anche e soprattutto per la vasta collezione di scheletri nell'armadio che si porta dietro. Nel giugno 2017, appena un mese dopo la nomina a ministro della Difesa, il politico marsigliese si dimette dall'incarico per lo scandalo dei fondi europei utilizzati per pagare attività del partito in patria. L'accusa è pesante: anziché lavorare nelle sedi dell'Ue, diversi assistenti vengono retribuiti per svolgere compiti in Francia. Nell'occasione sia lei che Bayrou (all'epoca ministro della Giustizia) lasciano il governo. Il caso però è tutt'altro che chiuso, anche se l'establishment transalpino ha cercato di mettere tutto a tacere, provocando di fatto la sospensione dell'inchiesta. Le indagini negli ultimi mesi hanno subito un'imprevista accelerazione: lo scorso aprile, infatti, è stata perquisita l'abitazione di Stephane Therou, capo dello staff di Francois Bayrou (oggi sindaco della cittadina di Pau nei Pirenei), e non è detto che la vicenda non subisca una svolta. Per questo motivo, non sono pochi in Francia ad aver gridato allo scandalo dopo aver appreso della sua nomina. Niente che possa far cambiare idea a Macron, s'intende. La volontà del presidente francese è mettere uno dei suoi fedelissimi in una posizione di vertice (per la Goulard si parla di un dicastero economico, una sorta di staffetta con Pierre Moscovici) per curare gli interessi dell'industria transalpina, soprattutto quella militare, in ottica di un sistema difensivo Ue a trazione francese, con il placet tedesco si intende. Nel frattempo, con l'annuncio di ieri da parte della Francia, all'appello per la formazione della squadra della von der Leyen manca solo l'Italia. Nota bene: il termine del 26 agosto non era vincolante, ma il tutto va certamente definito entro metà settembre. Le audizioni degli aspiranti commissari europei dovranno passare al vaglio del Parlamento europeo tra la fine del prossimo mese e i primi di ottobre, mentre il voto di fiducia per l'intera Commissione è previsto nel corso della sessione plenaria del 21-24 ottobre. La squadra si insedierà ufficialmente dal 1° novembre. Gli occhi ora sono tutti fissati sul nuovo esecutivo, chiamato a indicare a Bruxelles il nome per l'Italia. Dopo aver dato l'ok al bis di Giuseppe Conte, il Pd rivendicherà sicuramente la nomina, per la quale sono in lizza due filofrancesi doc. Uno è Paolo Gentiloni, padrino del trattato del Quirinale con l'Eliseo e firmatario dell'accordo di Caen che ha regalato alla Francia ampi tratti di mare italiano; l'altro invece è Enrico Letta, titolare della Legione d'onore francese, volato dopo la parentesi a Palazzo Chigi a insegnare a SciencesPo. Per ragioni diverse nessuno dei due piace a Matteo Renzi, che cerca disperatamente di infilare uno dei suoi. Si fa il nome di Roberto Gualtieri, presidente della commissione degli Affari economici, o quello di Sandro Gozi, eurista già al lavoro con il governo francese come consigliere sui temi Ue (in quel caso, la Francia finirebbe per avere due commissari) ma in extremis Renzi potrebbe anche imporre la propria personale candidatura. Anche in Europa tira più una poltrona che un carro di buoi.
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