2018-05-22
È Conte ma non si sa quanto conta
Il governo 5 stelle-Lega può piacere o oppure no, e a noi piace poco perché è troppo pieno di professori e perché non è chiaro chi debba pagare il conto delle molte promesse che si tira dietro. Tuttavia, scetticismo a parte su quanto riuscirà a fare, è fuor di dubbio che sono stati gli italiani a volerlo e dunque il nuovo esecutivo nasce rappresentando ciò che gli elettori hanno scelto. Si può essere sorpresi fin che si vuole per il fatto che Luigi Di Maio, un ragazzo senza una professione, sia il leader di un partito che per numero di consensi rappresenta la Dc dei bei tempi andati, ma questo è quanto deciso da chi lo ha votato. E sempre chi si è recato alle urne ha puntato su Matteo Salvini nonostante le posizioni forti e di rottura, preferendolo agli altri candidati di centrodestra più sensibili alle posizioni deboli. Il governo che nasce, dunque, è la diretta conseguenza di ciò.Fa perciò ridere leggere sulla stampa nazionale e anche internazionale tanti allarmi e tante preoccupate analisi. Il Financial Times, quotidiano che da bandiera capitalista sembra sempre più lo stendardo dei radical chic, addirittura a proposito dell'esecutivo pentaleghista parla di fine della democrazia liberale, evocando la Repubblica di Weimar e l'avvento del Terzo Reich. A noi non sembra di intravedere nessuna dittatura e nessun pericolo di violazione delle libertà individuali. Semmai è proprio chi scrive di fine della democrazia liberale a invocare qualche cosa di profondamente antidemocratico e illiberale, come per esempio un governo che non tenga conto del volere degli elettori. In fondo la democrazia che cos'è dal punto di vista della scienza politica? Il governo del popolo, che esercita il suo volere attraverso i rappresentanti. E allora che cosa c'è di più democratico se non la decisione del popolo di votare i suoi rappresentanti, scegliendoli non tra le élite e nemmeno fra i custodi della partitocrazia, ma fra la gente del popolo. Di Maio non piace perché sbaglia i congiuntivi e perché non ha un curriculum? Pazienza: agli italiani piace. Salvini non è gradito perché sugli immigrati e sulla legge Fornero fa discorsi terra terra e anziché presentarsi in giacca e cravatta va agli incontri con la felpa? Beh, qualcuno se ne dovrà fare una ragione. Naturalmente, lungi da noi condividere le idee grilline sul reddito di cittadinanza o sullo stop alle opere pubbliche, al pari di alcuni eccessi in materia di finanza statale dei seguaci di Salvini. E però in campagna elettorale 5 stelle e Lega hanno vinto proprio presentandosi con i programmi che oggi cercano di far coesistere. Non si capisce dunque lo stupore dei commentatori e anche dei rappresentanti dell'Unione europea, i quali sembrano scoprire solo ora quali siano le intenzioni di Salvini e Di Maio. Il 4 marzo la Lega ha scavalcato Forza Italia presentandosi come la forza politica che si opponeva all'invasione degli immigrati e si proponeva di cambiare la legge che regola l'accesso alla pensione. E adesso, al governo, vuole tradurre in pratica le promesse. Lo stesso dicasi per i 5 stelle con il loro reddito di cittadinanza. Dove sta dunque lo scandalo? Semmai l'aspetto scandaloso è che, pur evocando la Repubblica di Weimar, i commentatori non abbiano imparato nulla dalla storia, ossia che il crac economico, la crisi, il disagio del ceto medio possano sfociare in fenomeni politici che non sempre si riescono a controllare. Io capisco la preoccupazione dell'establishment per le conseguenze di un governo che non risponde alle élite e non si muove secondo le regole a cui siamo abituati. Anche io osservo con attenzione l'impatto delle misure sui conti pubblici e vorrei rassicurazioni. Ma io sono un giornalista, non un politico, dunque posso vedere un fenomeno e descriverlo. A chi governa invece corre l'obbligo di capire in anticipo che cosa stia accadendo e cercare di evitare le conseguenze più pericolose. E a questo proposito è naturale una domanda: dov'erano le élite mentre montava il malcontento degli elettori? Lega e 5 stelle sono forze populiste? È probabile, ma i capi di Stato e i vertici dell'Ue che cosa facevano quando in Italia e nel resto del Continente l'insoddisfazione alimentava il fenomeno? Ve lo dico io dov'erano: a baloccarsi con i parametri. Ma le percentuali non hanno mai dato da mangiare a nessuno e neppure tranquillizzano chi ha paura di vedersi aggredito e rapinato in casa propria. Lega e 5 stelle sono frutto proprio della miopia della classe dirigente europea, che non ha capito nulla di quanto covava sotto la cenere. Oggi, dunque, non resta che smettere di strillare e lasciarli governare per capire se sono capaci oppure no. Sperando che Dio ce la mandi buona, perché non resta altro da fare. Peraltro, la rivoluzione populista non si fa con un professore di diritto, sul genere di Giuseppe Conte, uno che ha studiato nei principali atenei del mondo. Già quello dovrebbe far capire che dietro l'angolo non ci sono Weimar e neppure il Terzo Reich. C'è solo la voglia di farla finita con Renzi e compagni, dopo 5 anni di via crucis. Se poi Conte riuscirà a far meglio di chi è venuto prima è un'altra faccenda, soprattutto perché c'è da capire quanto conti Conte. Non è un gioco di parole: in un governo dove siedono due ministri che sono azionisti di maggioranza del governo stesso, l'ultima parola non può che spettare a loro.
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
La stazione di San Zenone al Lambro, dove il 30 agosto scorso un maliano ha stuprato una 18enne (Ansa)
Il ministro degli Interni tedesco Alexander Dobrindt con il cancelliere Friedrich Merz (Ansa)
Massimo Cacciari (Getty Images)