2020-09-08
E adesso anche Mattarella è stufo di Giuseppi
Sergio Mattarella e Giuseppe Conte (Ansa)
Giuseppe Conte sta cominciando a far perdere la pazienza anche a uno che, avendo avuto a che fare con le bizze di Matteo Renzi, ha la pazienza di Giobbe. Ieri infatti Sergio Mattarella ha fatto trapelare la sua irritazione nei confronti del presidente del Consiglio. Intervistato alla festa del Fatto Quotidiano (oggi replicherà a quella dell'Unità, che pur essendo morta continua a festeggiare non si sa che cosa), il capo del governo ha detto che vedrebbe bene una riconferma del capo dello Stato.Qualche ingenuo magari penserà che il premier abbia fatto un endorsement a favore del presidente della Repubblica, sinceramente convinto che un bis al Quirinale sarebbe la cosa migliore per tutti. Ma chi si intende di faccende politiche sa che candidare qualcuno con un anticipo di un anno e mezzo significa solo bruciarlo. Memore della massima «Chi entra Papa in conclave, esce cardinale», Mattarella ha capito perché l'avvocato di Volturara Appula ha voluto metterlo nel tritacarne del toto candidato. Avendo imparato in questi due anni a misurarne l'ambizione, l'inquilino del Colle deve aver immediatamente compreso che Conte parlava pro domo sua, cioè con l'intenzione di prenotare per sé la poltrona dorata di capo dello Stato.Le manovre del premier, del resto, sono abbastanza scoperte. Considerandolo un terribile avversario, Conte prima ha messo in mezzo Mario Draghi, dicendo che l'ex governatore della Banca centrale europea è troppo stanco per fare qualche cosa, sennò lui - sì, ha detto proprio così - l'avrebbe candidato alla presidenza della Ue. Ma dopo aver messo nel mirino il suo più pericoloso concorrente nella scalata al Quirinale, il capo del governo ha rivolto gli occhi verso Mattarella e così eccolo buttare nella mischia il nome del capo dello Stato, sperando che averlo dato in pasto ai giornalisti questi lo spolpino a dovere, facendolo arrivare più morto che vivo - politicamente, ovvio - al giro di boa.Tuttavia, il presidente della Repubblica non è tipo che si faccia mettere nel sacco con tanta facilità dai giochi di Palazzo. Essendo cresciuto a pane e politica (il padre Bernardo fu cinque volte ministro e fece ininterrottamente il deputato dal 1946 al '71; il fratello, prima di essere ucciso, a 42 anni era già governatore della Sicilia) sa come evitare di farsi tirare per la giacchetta e ancor meglio come scansare i siluri dei presunti estimatori. Del resto, che sia capace di inabissarsi per non finire nel mirino lo dimostra il fatto che, zitto zitto, quando tutti lo credevano incagliato alla Corte costituzionale, all'improvviso è riemerso dalle acque limacciose romane riuscendo, grazie a Renzi, ad approdare al Quirinale.E siccome ciò che è capitato a tutti, ossia di non avere alcuna fretta di concludere il settennato, è successo anche a lui, è evidente che una riconferma sul Colle non gli dispiacerebbe affatto. Magari non per altri sette anni, ma anche solo per due o tre, giusto il tempo di scavalcare il primato del suo predecessore, a cui, primo nella storia repubblicana, è riuscito di centrare l'obiettivo della riconferma.Del resto, con il bis tutto tornerebbe e si capirebbe anche perché Mattarella abbia accettato di avere tra i piedi un illustre sconosciuto, lasciandolo procedere per decreto anche quando non ce n'era bisogno e facendogli pure rinnovare, sempre per decreto, i vertici dei servizi segreti, più altri pasticci. Pur di non avere intralci, il capo dello Stato ha fatto buon viso a cattivo gioco, digerendo perfino l'esuberante prosopopea del presidente del Consiglio. Con le ultime uscite e con i suoi Dpcm, però, Conte ha un po' passato il segno, soprattutto ora che si sente predestinato a prendere il posto di Mattarella stesso.Sì, insomma, anche il presidente comincia a non poterne più del petulante attivismo del nostro. Dunque ieri, sulle pagine del Corriere della Sera ha fatto trapelare - come si conviene a un capo di Stato, che non dice, ma fa sapere - di essere molto preoccupato per la riapertura delle scuole e la mancanza dei famosi banchi con le ruote. Per fare lezione, come è noto, non c'è bisogno di velocipedi, ma i ritardi nelle forniture scolastiche sono solo un pretesto: ciò che conta è come avverrà il rientro in aula e al momento non c'è molto che faccia sperare in un inizio tranquillo. Nonostante si sia tenuto alla larga dal referendum e dalle regionali, Conte è sulla scuola che rischia la bacchettata. Anzi, la bocciatura.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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