2024-03-21
Nel duello ipersonico gli Usa sparano un colpo
Washington annuncia di aver condotto con successo un test nel Pacifico. Una risposta ai missili già operativi di Russia, Cina e Iran, mentre l’Unione sta a guardare. L’incubo per Bruxelles è che quest’arma devastante finisca nelle mani degli Huthi.Donald Trump risponde a Nigel Farage e spiega: «Nessun appeasement, fermai il Nord Stream 2».Lo speciale contiene due articoli.Con le due guerre in corso in Ucraina e nella Striscia di Gaza e le relative tensioni nel Mar Rosso, la competizione nell’Artico e i rinnovati progetti ostili all’Occidente del cosiddetto «asse del male» capitanato da Russia, Iran, Cina e Nord Corea, gli Stati Uniti corrono ai ripari alzando il livello della competizione negli armamenti ipersonici. Martedì l’Aeronautica militare Usa ha confermato di aver completato con successo, il 17 marzo, il più recente test programmato «end-to-end» (e potrebbe essere l’ultimo) del missile ipersonico Agm-183A Air launched rapid response weapon (Arrw), costruito da Lockheed Martin missile and fire control. Il test è stato condotto utilizzando un bombardiere B-52H decollato dalla base aerea di Andersen a Guam, una postazione militare di fondamentale importanza nel Pacifico occidentale. L’importanza strategica di Guam è evidenziata dal suo ruolo centrale nelle operazioni di bombardamento a lungo raggio, rendendolo un punto cruciale in potenziali scenari di conflitto, specialmente riguardanti un possibile conflitto armato la Cina. Com’è andato il test? Non sono stati resi noti i dettagli, a parte una stringata comunicazione: «Questo test ha lanciato un prototipo completo di missile ipersonico operativo e si è concentrato sulle prestazioni end-to-end dell’Arrw. L’Air Force ha acquisito preziose informazioni sulle capacità di questa nuova tecnologia all’avanguardia». L’Air Force non ha spiegato nel dettaglio quali fossero gli obiettivi specifici del test e non ha fornito dettagli sulla durata del volo, il punto in cui ha colpito la superficie o se tutti gli elementi della sequenza di lancio, separazione e planata, si sono svolti come previsto. Ma di che cosa si tratta? L’Arrw, secondo gli esperti del settore, «è un’arma multistadio con planata potenziata. Dopo la separazione, un booster, adattato dal missile Atacms dell’esercito, accelera l’arma fino alla velocità ipersonica quando una copertura a conchiglia cade e il corpo di planata ipersonico manovra quindi verso il bersaglio». Queste armi sono caratterizzate da estrema velocità, capacità di essere lanciate da lunghe distanze, oltre a evitare la maggior parte delle difese aeree. Possono essere equipaggiate con esplosivi convenzionali o testate nucleari. Cina e Russia hanno queste armi già operative, gli Stati Uniti devono ancora raggiungere tale capacità (ci provano da almeno 60 anni), mentre per l’Europa i missili ipersonici sono un miraggio, così come la difese da essi e non è certo rassicurante. E l’Iran? La forza aerospaziale delle Guardie rivoluzionarie ha presentato il 6 giugno 2023 il suo missile ipersonico, denominato «Fatah». Alla cerimonia era presente anche il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, come ha scritto l’agenzia di stampa Irna. Secondo la descrizione, questo missile balistico ipersonico ha una gittata di 1.400 chilometri, e la sua velocità prima di colpire il bersaglio è di circa 18.522 chilometri ora. Secondo le Guardie, «Fatah è in grado di superare qualsiasi sistema di scudo missilistico e distruggerlo. Ha grande manovrabilità, nonché la capacità di passare attraverso i sistemi radar» e l’idea che questo missile ipersonico possa entrare nella disponibilità degli Huthi fa letteralmente paura. Nell’estate del 2021, il Pentagono è andato in allarme quando un nuovo missile ipersonico lanciato da Pechino nel Mar Cinese Meridionale ha raggiunto una velocità incredibile di oltre 24.1402 chilometri all’ora, mentre orbitava attorno al globo. Viaggiando a una velocità di almeno 20 volte quella del suono, questo missile potrebbe teoricamente raggiungere qualsiasi punto della Terra in meno di un’ora. Anche il lavoro svolto da Mosca nel campo dell’ipersonica è fonte di costante preoccupazione per il Pentagono, anche se le armi russe non sono così avanzate come quelle sviluppate dalla Cina. Tuttavia, Mosca ha sviluppato armamenti in grado di minacciare le forze della Nato in Europa, e il presidente russo, Vladimir Putin, ha più volte parlato dell’«Avangard». L’Avangard, entrato in servizio tra le forze missilistiche strategiche russe il 27 dicembre 2019, è un veicolo di rientro ipersonico a corpo portante di origine russa, sviluppato dal Mitt di Mosca durante gli anni 2010 con l’obiettivo di superare le difese antimissile e aumentare le probabilità di successo di un attacco nucleare mediante missili balistici intercontinentali. Secondo i russi, l’Avangard «è in grado di volare a oltre 20 volte la velocità del suono negli strati densi dell’atmosfera e può rapidamente variare traiettoria e altitudine di volo, rendendolo estremamente difficile da intercettare». Viene trasportato in orbita da missili balistici intercontinentali, ad esempio il Sarmat, e può trasportare sia testate nucleari che convenzionali. Dopo aver speso miliardi negli ultimi decenni nella lotta contro il terrorismo e le insurrezioni in Medio Oriente, Washington ora sta reinvestendo ingenti risorse nell’ipersonica. Inutile girarci intorno, questa rincorsa ad armi sempre più potenti ci dice che una guerra tra grandi potenze è all’orizzonte e tutto questo va assolutamente evitato.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/duello-ipersonico-usa-sparano-colpo-2667563705.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="trump-smentisce-gli-apocalittici-difendero-gli-alleati-ma-paghino" data-post-id="2667563705" data-published-at="1711031268" data-use-pagination="False"> Trump smentisce gli apocalittici: «Difenderò gli alleati, ma paghino» Una certa vulgata continua a ripetere che, se tornasse alla Casa Bianca, Donald Trump la darebbe vinta alla Russia. Peccato che le cose non stiano così. A certificarlo è un’intervista che il candidato repubblicano ha rilasciato al politico britannico, Nigel Farage. Sono soprattutto due i punti che vale la pena di sottolineare. In primis, quando gli è stato chiesto se avrebbe difeso gli alleati dell’Alleanza atlantica in caso di attacco, l’ex presidente ha risposto: «Sì. Ma si sa, gli Usa dovrebbero pagare la loro giusta quota, non quella di tutti gli altri». «Quindi, se iniziano a comportarsi in modo corretto, l'America ci sarà?», gli ha chiesto Farage. «Sì: al 100%», ha riposto il candidato repubblicano. Inoltre, durante l’intervista, Trump non ha escluso di avviare dei negoziati con Vladimir Putin, per poi aggiungere: «Sono stato io a fermare il gasdotto Nord Stream 2. La gente non se ne rende conto... e poi Joe Biden è arrivato subito e l’ha approvato». Fu effettivamente l’amministrazione Trump ad approvare le sanzioni al controverso gasdotto nel 2019: sanzioni che, a maggio 2021, furono revocate da Biden, il quale, due mesi dopo, diede l’ok all’impianto, facendo la felicità di Mosca e Berlino (ma molto meno quella di Kiev e Varsavia). Ecco, dall’intervista di Farage emerge chiaramente la «dottrina Trump»: una strategia pragmatica che non ha nulla a che fare con l’appeasement. L’idea dell’ex presidente è che non ci si possa precludere a priori la possibilità di trattative e finanche di un accordo con la Russia. Il punto però è che tale possibilità non può essere presa in considerazione a qualsiasi costo, ma a patto che prima venga ripristinata quella deterrenza che Biden ha significativamente azzoppato. Oltre ad aver dato l’ok al Nord Stream 2, fu l’attuale presidente a ritirare il personale diplomatico americano da Kiev nel febbraio 2022. Ed è stato sempre Biden ad avviare un nocivo appeasement con l’Iran, che è uno dei principali alleati mediorientali di Mosca. L’idea di Trump è quindi che delle trattative siano in linea teorica possibili, ma ristabilendo prima la capacità dissuasiva americana nei confronti del Cremlino, secondo il principio reaganiano della «pace attraverso la forza». È per questo che, nell’intervista a Farage, ha citato le sue sanzioni al Nord Stream 2 e ha ribadito il proprio impegno all’interno della Nato. Un’eventuale nuova presidenza Trump non avrebbe del resto alcun interesse a un appeasement con la Russia, perché, così facendo, invierebbe un segnale di debolezza alla Cina. Ricordiamoci inoltre che quella che molti considerano l’erraticità di Trump è in realtà frutto di una strategia dell’imprevedibilità, secondo i crismi della «teoria del pazzo» di ascendenza nixoniana. D’altronde, un leader autocratico come Putin rispetta soltanto una cosa: la forza. Essere percepiti come irresoluti o prevedibili, come capitato a Biden, significa mettersi alla mercé dei propri avversari. Qualcuno magari storcerà il naso, perché Trump ha comunque ribadito che gli alleati devono aumentare i propri contributi economici all’Alleanza. Eppure attenzione: già l’amministrazione Obama aveva avanzato una simile richiesta. Inoltre, appena due settimane fa, tre alti esponenti dell’Atlantic council - Dan Negrea, Matthew Kroenig e Tod Wolters - hanno cofirmato un’analisi su Foreign Policy, significativamente intitolata «Trump ha ragione sulle spese della Nato». «Molti si sono indignati per i commenti di Trump, ma è scandaloso che i Paesi trascurino i loro obblighi nella Nato e continuino a pretendere tutti i vantaggi dell’adesione», hanno scritto, per poi aggiungere: «Non si tratta solo di una questione di equità, ma anche di soddisfare i requisiti per un’efficace strategia globale di deterrenza e difesa». C’è molta più razionalità nella posizione di Trump che nelle spregiudicate sparate di Emmanuel Macron. Il leader francese non si sta muovendo seconda una vera prospettiva di lungo termine ma, indebolendo le relazioni transatlantiche, sta soltanto giocando una partita pro domo sua sulla pelle degli europei e degli ucraini.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?