2019-12-01
Due ex premier dem in campo contro l’Italia
Paolo Gentiloni va in pressing su Giuseppe Conte affinché non faccia scherzi sul salva Stati, mentre Enrico Letta twitta che l'accordo è stato già discusso e ratificato, anche se nessuno se n'è accorto. La verità è che per questi «democratici» il volere del Parlamento sembra un dettaglio.Il Pd da quando ha scoperto il Mes non perde occasione per magnificarne i miracolosi effetti. La riforma del Meccanismo economico di stabilità, che la maggioranza degli esperti giudica un cappio al collo per il nostro Paese, per il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri invece ci tutela. Per Antonio Misiani, vice di Gualtieri, addirittura ci è utile, perché diventerà un paracadute indispensabile, a protezione della moneta unica. Enzo Amendola, ministro per gli affari europei, ovviamente anche lui come gli altri del Partito democratico, non vede l'ora di sottoscrivere la riforma. Per non dire poi di Paolo Gentiloni, che pur essendo commissario europeo (e dunque astenersi dal mettere becco essendo in teoria super partes), secondo i retroscena dei giornali telefona ogni giorno al presidente del Consiglio affinché non indugi e firmi il trattato. Un altro ex premier come Enrico Letta, altro pezzo da novanta del Pd, invece di chiamare l'avvocato del popolo, twitta. E ovviamente sono tutti tweet in favore del Mes.Da Gualtieri a Letta, aggiungendo Graziano Delrio e Dario Franceschini, tutti dicono la stessa cosa: la faccenda del fondo salva Stati è chiusa, dunque prendere o lasciare, perché non è più tempo di modifiche. Che il Parlamento non abbia ancora detto sì alla corda a cui dovremmo impiccarci, per gli esponenti del Pd, sempre pronti a definirsi democratici al punto da aver scolpito l'aggettivo nel logo di partito, pare un dettaglio. Anzi, secondo Letta, direttore della scuola di politica internazionale di Parigi e per questo insignito della Legion d'onore da Emmanuel Macron, la riforma non solo non può essere discussa dalla Camere, ma è già stata RATIFICATA. Le maiuscole ovviamente sono del nipotissimo, il quale non si dà pace e spiega che il Mes è già stato discusso e se qualcuno non se n'è accorto è solo perché era assente. Certo, tutti distratti a Montecitorio e a Palazzo Madama. E pure nelle redazioni, talmente distratti che neppure il ministro dell'Economia del precedente governo, il professor Giovanni Tria, è certo che si sia parlato dell'argomento. Il predecessore di Gualtieri in un'intervista ha spiegato di averne discusso con Giuseppe Conte, e di aver dato per scontato che anche i vicepremier, cioè Matteo Salvini e Luigi Di Maio, sapessero. Cioè la «discussione in tutte le sedi», come scrive Letta, è stata così approfondita che Tria neppure se la ricorda. Anzi, dice, «davo per scontato» che anche gli azionisti del governo sapessero che cosa si stesse per fare.Come no. Uno tratta in Europa la modifica di un meccanismo che rischia di incidere sulle tasche degli italiani e pensa che gli altri gli leggano nel pensiero. Fa il ministro, cioè decide cose che riguardano l'economia del Paese, ma quello che fa non lo dice in Consiglio dei ministri, al massimo lo sussurra al premier. E questa, secondo Letta, è una ratifica, in maiuscolo ovviamente.Del resto, l'ex presidente del Consiglio che oggi, dal suo eremo parigino, impartisce lezioni, facendo capire che non ci si deve opporre a questa fondamentale modifica del Fondo salva Stati, dicendo che gli altri non capiscono, è lo stesso signore che quando stava a Palazzo Chigi approvò senza battere ciglio il bail in, ovvero la riforma del sistema di salvataggio delle banche. Tanto per essere chiari, fu con il suo consenso che si avviò la procedura che poi, quando Banca Etruria e gli altri istituti di credito saltarono per aria, impedì al fondo interbancario o al governo di arginare le perdite, scaricando il crac sulle spalle dei risparmiatori. Letta, divenuto premier per meriti Pd (all'epoca era vicesegretario e toccò a lui dopo il fallimento di Pier Luigi Bersani), il 19 di dicembre del 2013, poche settimane prima di essere silurato da Matteo Renzi con l'hashtag «enricostaisereno», twittava ed esultava. «Finita ora sessione Consiglio Europeo. Approvata Banking Union. Per tutelare i risparmiatori e evitare nuove crisi. Buon passo verso Ue più unita». Come siano stati tutelati i risparmiatori e come siano state scongiurate nuove crisi, lo abbiamo visto. Qualche mese dopo, il premier a cui Letta fu costretto dal suo stesso partito a cedere la campanella, commissariava quattro banche e subito dopo ne scaricava i costi su pensionati e investitori, un crac che, senza la benedizione del bail in, avrebbe potuto essere affrontato come tutte le altre volte, quando il sistema creditizio si era trovato davanti a una banca in difficoltà.Credo che basti il tweet di sei anni fa perché oggi sia utile diffidare degli entusiasmi degli europeisti senza se e senza ma. Quelli che all'epoca applaudivano la fregatura del bail in oggi sono gli stessi che applaudono il Mes. Una volta ci possono fregare, ma la seconda è meglio evitare.