2022-09-15
Il Duce è tornato. Per arricchire gli intellò
Gli scaffali delle librerie traboccano di nuovi testi sul fascismo. Stavolta sono Antonio Scurati, Aldo Cazzullo e Sergio Rizzo a tentare la scalata in classifica grazie a Benito Mussolini. È la dimostrazione che il «pericolo Ventennio» serve solo a tirar su qualche soldo facile.Da decenni, gli intellettuali progressisti più in vista ci ripetono che l’Italia «non ha fatto i conti con il passato». In compenso, loro i conti li hanno fatti eccome, e hanno scoperto - non certo da oggi - che il fascismo conviene. Serve, è utile e soprattutto fa guadagnare, cosa che non guasta mai. Ecco perché conviene cristallizzarlo, imbalsamarlo e al contempo fingere che la mummia sia viva, e minacciosa. Presentarlo come il mai morto male assoluto presenta fin troppi vantaggi, e contribuisce ad alimentarne il fascino, che a sua volta può essere felicemente sfruttato: la mammella nera è sempre gonfia di latte.Proprio in questi giorni, appena a ridosso della tornata elettorale, esce il nuovo libro di Antonio Scurati, il terzo volume di una trilogia intitolata M. L’ultimo capitolo si presenta sugli scaffali con una fiammante copertina rossa, con al centro una lettera nera su sfondo bianco. È chiaramente un vessillo del Terzo Reich appena modificato, e la faccenda risulta discutibile sotto vari punti di vista. Secondo Scurati, infatti, la stesura della trilogia sarebbe una grande operazione antifascista. In realtà il risultato -non sempre esaltante - trae beneficio dalla ricca e suggestiva biografia mussoliniana, che risulta interessante a prescindere dal narratore. Allo stesso modo, la nuova cover gioca con l’iconografia nazista per attirare il pubblico e vendere qualche copia in più. Non c’è satira, non c’è presa di distanza: c’è il riuso di una grafica ancora modernissima a fini commerciali.Dunque l’appeal del fascismo torna buono per cavarne un posto in classifica. Ma il Duce, come noto, mantiene pure una inossidabile utilità politica, soprattutto quando si avvicina un voto di qualche tipo. Le polemiche sul «fascismo eterno» di cui sarebbero imbevuti Fratelli d’Italia e Lega, e persino ItalExit secondo qualche burlone, sono divampate a comando ormai da settimane. Ne hanno tratto materiale a non finire giornali di sinistra, talk show e leader di partito. Il povero Enrico Letta, ad esempio, ha potuto concedere numerose interviste in cui gridare che FdI dovrebbe togliere la fiamma tricolore dal simbolo. Purtroppo per lui, il dolce Enrico non è riuscito a spegnere la fiamma e si è dovuto accontentare di spegnere il bus elettrico della campagna elettorale perché scarico.In fondo Letta lo possiamo anche capire: deve distogliere l’attenzione dalle falle del suo partito in ogni modo, e si barcamena come può. Leggermente più sorprendente (ma nemmeno troppo) è che ci siano ancora uomini d’intelletto disposti a raccoglierne gli spunti. Freschi di stampa sono giunti nelle librerie due tomi firmati da nomi imponenti del giornalismo italiano. Aldo Cazzullo ha sfornato Mussolini il capobanda (Mondadori). Sergio Rizzo si è avvalso della collaborazione dell’ex stratega finiano Alessandro Campi per scrivere L’ombra lunga del fascismo (Solferino, anche qui c’è una bella M in copertina). Abbiamo fatto il gesto generoso di comprarli e sfogliarli, ma già prima di entrare in negozio sapevamo che cosa avremmo trovato: banalità sul fatto che la nostra nazione si è auto assolta, non ha espiato del tutto le colpe passate, e sul fondo nasconde ancora una limacciosa simpatia per Sua Eccellenza.Cazzullo scrive che Mussolini era cattivo e spietato e che «noi italiani dovremmo vergognarci del fascismo». Ma certo, il modo migliore di elaborare il passato è di sicuro quello di passarlo nel filtro del moralismo, processando i morti. Come se, per altro, di processi sommari non ce ne fossero già stati abbastanza a suo tempo.In realtà, i conti con il passato l’Italia li ha fatti, e non ha perso nemmeno troppo tempo. I padri costituenti hanno risolto la questione con senno e con una certa velocità, consentendo addirittura che i politici con un passato fascista potessero ritornare a ricoprire incarichi pubblici dopo un purgatorio di cinque anni. Ed è davvero emblematico che Rizzo e Campi, nel loro libro, contestino questa scelta, spingendosi a sostenere che la Carta è troppo tenera. Curioso: coloro che il fascismo lo avevano attraversato, che lo avevano conosciuto di persona, decisero di risolvere la faccenda rapidamente, e con la giusta misura. Chi invece il fascismo lo ha al massimo studiato sui libri di scuola (per lo più faziosetti, tra l’altro) si permette di richiedere misure più drastiche, paventando un rischio che i costituenti non vedevano.Ciò dimostra che l’intero dibattito sull’emergenza nera non ha nulla a che fare con la storia e che quella nei riguardi del «rischio fascismo» è un’ossessione, alimentata da chi ha bisogno della lunga ombra mussoliniana per demonizzare l’avversario o per giustificare la propria esistenza. Un’ossessione che si presenta con sfumature diverse: un giorno il putiniano, un altro giorno il no vax, un altro ancora il negazionista climatico o l’omofobo, tutte variazioni sullo stesso tema.Diceva Mussolini: «Io non ho inventato il fascismo, l’ho tratto dall’inconscio degli italiani». I sedicenti antifascisti gli stanno dando più che mai ragione.