2023-02-25
Il Dragone svela il suo piano di pace. L’Occidente dice no ma Kiev non chiude
Nei 12 punti per il cessate il fuoco, Pechino riafferma l’integrità territoriale ucraina e mette un veto alle armi nucleari. Allo stesso tempo critica le sanzioni. Scetticismo da Usa, Ue e Nato ma Volodymyr Zelensky: «Incontrerò Xi».Alla fine il piano di pace cinese per la crisi ucraina è arrivato, anche se quelle di Pechino sono più dichiarazioni di principio, senza proposte concrete da inserire in un arco temporale definito. Non a caso, anziché presentarlo come proposta di pace, il ministero degli Esteri di Pechino ha parlato del dossier come della «posizione cinese sulla soluzione politica della crisi ucraina». Il documento è stato accolto con freddezza dalla Casa Bianca, mentre l’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri, Josep Borrell, ha negato che si tratti di un vero piano di pace. «La Cina non ha credibilità perché non ha mai condannato l’invasione russa», ha inoltre detto il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Cautamente aperturista si è invece rivelata Kiev. L’incaricata d’affari ucraina a Pechino, Zhanna Leshchynska, ha definito un «buon segno» il documento cinese, mentre il viceministro degli Esteri di Kiev, Emine Dzhaparova, ha fatto sapere che il suo governo lo «studierà a fondo». Più guardingo si è tuttavia mostrato il consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak. «La posizione dell’Ucraina è nota: il ritiro delle truppe russe ai confini del 1991», ha twittato, dicendosi contrario a un congelamento del conflitto. Anche se le parole più interessanti sono state quelle di Volodymyr Zelensky: «La Cina ha iniziato a parlare dell’Ucraina e questo non è un brutto segno. Ma va capito, dopo le parole, quali passi seguiranno», ha affermato il presidente ucraino, precisando di condividere solo la parte della proposta cinese e invocando più rapidità nella consegna di armi. Ma svelando una novità: «Prevedo un incontro con Xi Jinping».Il dossier cinese, che si articola in 12 punti, include due aspetti: quello dedicato direttamente alla crisi ucraina e quello rivolto (de facto) ai rapporti sino-americani. Per quanto riguarda il primo aspetto, si assiste ad alcune posizioni un po’ astratte. Il documento invoca la Carta delle Nazioni Unite, affermando che «la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i Paesi devono essere efficacemente sostenute». Il punto è che non si capisce come vadano interpretate queste parole. Xi auspica che Mosca rinunci ai territori occupati nel Donbass? Non è chiaro. Anche perché, appena l’altro ieri, il Dragone si è astenuto su una risoluzione Onu, che chiedeva il ritiro immediato delle truppe russe. «Tutte le parti», si legge ancora, «dovrebbero sostenere la Russia e l’Ucraina nel lavorare nella stessa direzione e riprendere il dialogo [...] in modo da raggiungere un cessate il fuoco globale». Anche qui non si capisce su quali basi concrete dovrebbero essere impostate le trattative (ieri, il segretario di Stato americano, Tony Blinken, si è non a caso detto contrario a «tregue incondizionate»). Pechino non risparmia poi una stoccata all’Occidente, criticando le «sanzioni unilaterali» che «creano solo problemi». Dall’altra parte, emerge quella che può essere interpretata come una frecciata alla Russia. «Le armi nucleari», si legge, «non devono essere utilizzate». Il punto è che, anche in questo caso, abbiamo solo dichiarazioni di principio. Che cosa vuole fare Pechino per ridurre i rischi di un’escalation? Come si può trovare un’intesa che contempli la revoca delle sanzioni e il ritiro delle truppe russe? Forse l’unico punto che sembra entrare più nel concreto (e in sintonia con l’Occidente) è quello sulla ricostruzione dell’Ucraina, rispetto a cui la Cina si dice pronta «a svolgere un ruolo costruttivo». Di ricostruzione aveva parlato anche il Consiglio europeo l’altro ieri, oltre alla stessa Giorgia Meloni nel suo viaggio a Kiev. Proprio la ricostruzione, in forza delle opportunità economiche che comporta, sembra infatti costituire uno dei pochi punti su cui si sta registrando un consenso quasi unanime tra i vari attori internazionali coinvolti nella crisi. Altri passaggi del documento si riferiscono invece al rapporto tra Usa e Cina. Pechino auspica un abbandono della «mentalità da Guerra fredda», volgendo poi l’attenzione alle catene di approvvigionamento. «Tutte le parti», si legge, «dovrebbero preservare seriamente l’attuale sistema economico mondiale e opporsi all’uso dell’economia mondiale come strumento o arma per scopi politici». Un’implicita stoccata alle politiche di Washington che, soprattutto nel settore tecnologico, stanno assumendo una posizione sempre più preoccupata e severa nei confronti del Dragone. Una questione che chiama in causa anche un noto produttore di microchip come Taiwan: non a caso ieri la Cnn riportava che Washington ha intenzione di mandare un maggior numero di addestratori per le forze militari dell’isola. Restano comunque dubbi sull’imparzialità di Pechino. E questo non solo per la sua astensione all’Onu di giovedì o perché ieri ha detto di voler rafforzare i legami politici con la Bielorussia. L’amministrazione Biden è pronta a colpire alcune società cinesi che avrebbero eluso le sanzioni, mentre lo Spiegel ha dichiarato che l’azienda cinese Xian Bingo Intelligent Aviation Technology risulterebbe in trattativa con Mosca per fornirle 100 droni kamikaze. Sebbene tale circostanza sia stata smentita da Pechino, il sito Axios ha sottolineato che, a partire dal 2022, la cooperazione militare sino-russa si è intensificata.
Emmanuel Macron e Pedro Sánchez (Getty Images)
Giorgia Meloni e Donald Trump (Getty Images)
Paolo Mazzoleni e Stefano Lo Russo (Ansa)