2021-03-21
Draghi sdogana il sovranismo di fatto. È terminata l’era dei diktat europei
L'interesse nazionale viene prima dell'interesse dell'Europa. Detta così, la frase sembra pronunciata da Matteo Salvini o da Giorgia Meloni, i due leader che del sovranismo hanno fatto la bandiera dei rispettivi partiti. Ma a dichiarare che l'Italia viene prima della Ue non sono stati né il leader della Lega, né quella di Fratelli d'Italia. La paternità della frase infatti è di Mario Draghi, ex governatore della Banca centrale europea e attuale presidente del Consiglio.A dire il vero, il capo del governo non ha letteralmente dichiarato «prima l'Italia e gli italiani», che poi è ciò che ha fatto la fortuna dei succitati partiti, i quali hanno messo al centro della loro iniziativa proprio gli interessi del nostro Paese e dei suoi cittadini. Tuttavia, anche se Draghi non ha pronunciato alla lettera ciò che noi abbiamo riportato, il senso della sua frase è questo e, a prescindere da come la si pensi sul nuovo premier, ciò lo rende ai nostri occhi una figura autorevole, certo più qualificata del suo predecessore. In poche parole, Draghi ha infatti chiarito ciò che Giuseppe Conte non solo non ha avuto il coraggio di dichiarare nonostante si fosse detto orgogliosamente populista, ma forse non ha mai neppure realmente pensato. Per capire a che cosa ci riferiamo, basta rileggere la risposta che il presidente del Consiglio ha dato l'altra sera in tv, quando gli è stato chiesto un parere sulle scelte di alcuni Paesi in fatto di vaccini. Il senso della domanda era chiaro: che ne pensa di chi ha comprato i farmaci anche fuori dall'accordo preso da Ursula von der Leyen? Se ci fosse stato Giuseppi, siamo certi che ci avrebbe attaccato uno di quei bottoni in giuridichese che lo hanno reso celebre. Tra una «caducazione del contratto» e un «coagulare un tavolo», dopo aver naturalmente chiarito di essere «mosso dal primario obiettivo del perseguimento dell'interesse», Conte sarebbe riuscito a non farci capire niente di come la pensava. Draghi no. Con un linguaggio asciutto, fatto di poche parole e non di dichiarazioni lunghe interminabili minuti, il presidente del Consiglio ha spiegato che un condono è un condono e che un sussidio è un sussidio, per di più parziale. Insomma, ha chiamato le cose con il loro nome. E così, alla domanda in questione sui vaccini e l'Europa, ha risposto senza troppi giri di parole. «Bisogna essere pratici, si cerca di stare insieme, ma qui si tratta di salute, se il coordinamento europeo funziona bisogna seguirlo, se non funziona bisogna andare per conto proprio». Si può definire sano realismo o anche solo semplice buonsenso. Tuttavia, le parole di Draghi segnano una svolta. Il dogma della Ue, che costringe tutti a marciare allo stesso passo e ad adeguarsi alla stessa musica, guarda caso quasi sempre quella tedesca, almeno sul tema della salute non vale. Cioè: l'interesse nazionale, soprattutto in tema di vaccini, viene prima di quello europeo. Ursula von der Leyen va bene, ma solo se procura in fretta ciò che serve a immunizzare le persone. Sennò si può anche fare da soli. Chiaro il discorso? Dall'europeismo cieco e sordo a cui si è adeguato fino a ieri il precedente governo, si è passati a un europeismo pragmatico, che è quel che serve a un Paese che punta a difendere i propri cittadini. Se la Ue mantiene ciò che ha promesso si va avanti così, altrimenti si cercherà di fare da soli, senza troppi problemi. Un discorso che vale sul farmaco anti Covid come sul Mes. Draghi non ha alcuna preclusione ideologica, ma molto probabilmente si rende conto che oggi i soldi del fondo Salvastati non solo non ci servono, ma non appaiono convenienti. Dunque, il tanto implorato Mes, quello che per i compagni del Pd e di Italia viva era indispensabile, al momento è accantonato, come quei dossier di non stringente attualità.Ciò detto, non tutto del presidente del Consiglio ci piace, sull'economia per esempio, al momento le misure ci paiono parziali e - riguardo al blocco delle ristrutturazioni occupazionali - perfino controproducenti. Tuttavia, su un tema come quello del piano vaccinale, con la decisione di bloccare l'export e ora di dare via libera all'approvvigionamento delle dosi anche fuori dai contratti europei, Draghi appare convincente. Nessuna conferenza fiume, ma discorsi diretti e chiari. Non è molto, ma è già qualche cosa che ci fa sperare. Il resto, con la sterilizzazione della sinistra di Letta (il neo segretario del Pd più parla e più preannuncia guai) e di governo, ci auguriamo che verrà.