2022-03-10
Draghi infilza Gentiloni sul gas russo
Nel question time il premier critica i governi passati per aver aggravato la dipendenza dopo l’invasione della Crimea del 2014. Poi apre al nucleare di ultima generazione.«Guardando i dati, è incredibile come la quota di gas russo sia aumentata molto negli ultimi dieci-quindici anni. Ma è veramente strano che sia aumentata fortemente anche dopo l’invasione della Crimea del 2014» da parte della Russia. «Questo dimostra una sottovalutazione del problema energetico e di politica estera e internazionale». Durante il question time alla Camera il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha sottolineato gli errori commessi da chi lo ha preceduto. Ovvero i governi guidati da Matteo Renzi (arrivato a Palazzo Chigi il 22 febbraio 2014), poi da Paolo Gentiloni e da Giuseppe Conte. Rileggendo le cronache dei primi mesi di otto anni fa, a spronare l’Europa a trovare vie alternative di approvvigionamento era stato in effetti l’allora premier britannico David Cameron che, incontrando Renzi a Londra il primo aprile 2014, aveva sottolineato come l’ interesse di tutto il Continente fosse quello di diventare meno dipendente dalla Russia: «Bisogna costruire nuovi gasdotti e nuove interconnessioni europee per il trasporto del gas anche se c’è la consapevolezza che ci vorrà molto tempo», aveva detto Cameron. Ma l’appello, almeno in Italia, era caduto nel vuoto anche negli anni successivi. E l’Italia non ha mai cominciato a ridurre la dipendenza energetica da Mosca, anzi l’ha aumentata. Con i risultati che si vedono oggi. Draghi ha assicurato che ora il governo è al lavoro per trovare alternative, diversificare le forniture e aumentare il contributo delle fonti rinnovabili, che - ha ribadito - «resta l’unica strategia fondamentale nel lungo periodo. Tutto quello che sperimentiamo ora è transizione». La produzione nazionale aumenterà a 5 miliardi di metri cubi, sfruttando le concessioni già esistenti per il periodo 2022-2031. Un terzo di questa produzione extra sarà destinata alle piccole e medie imprese. L’altra strada è il maggior ricorso al gas naturale liquefatto, attivando un nuovo rigassificatore da affiancare ai tre già operativi. Sempre in tema gas, ha detto Draghi, «procediamo con il riempimento degli stoccaggi per il prossimo autunno». Il governo punta sia sulla massimizzazione della capacità di rigassificazione esistente, sia sull’acquisizione di nuovi rigassificatori. Quanto al nucleare, «l’impegno tecnico ed economico è concentrato sulla fusione a confinamento magnetico, che attualmente è l’unica via possibile per realizzare reattori commerciali in grado di fornire energia elettrica in modo economico e sostenibile. La strategia europea per l’energia da fusione è sviluppata dal Consorzio Eurofusion, che gestisce fondi Euratom pari a oltre 500 milioni per il periodo tra il 2021 e il 2025. Questo consorzio prevede l’entrata in funzione del primo prototipo di reattore a fusione nel 2025-28», ha aggiunto il premier. Sulle bollette, ha poi ricordato Draghi, il governo ha mobilitato circa 16 miliardi, che abbracceranno anche il secondo trimestre dell’anno. Azzeramento degli oneri di sistema alle utenze domestiche e alle imprese, taglio dell’Iva al 5% sul gas e credito d’imposta per gli energivori: sono le misure adottate, «che però gli stessi cittadini e imprese ci dicono non essere sufficienti», ha ammesso. Nonostante le ripercussioni dell’invasione russa dell’Ucraina, pensare alla revisione degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza non è ancora all’ordine del giorno. «Si tratta di una evenienza eccezionale che richiede un nuovo processo negoziale con le autorità europee che è ancora prematuro prospettare in questa fase», ha evidenziato Draghi. Allo stesso tempo «l’analisi sull’effettivo impatto delle criticità connesse al conflitto sul Pnrr ci consente di valutare i rischi e prendere nuovi provvedimenti». Altro impegno del governo sarà quello di rendere «sostenibili» per l’economia nazionale le sanzioni contro la Russia, che «non dureranno poco».
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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