2021-04-07
Draghi loda la Guardia costiera libica, cancella Conte e spacca la sinistra
Il premier ringrazia i marinai di Tripoli per i salvataggi di migranti e così dichiara il Paese «porto sicuro» rimediando agli errori dei giallorossi che hanno agevolato i turchi. Ripartono i progetti decisi da Silvio Berlusconi.Nella sua prima conferenza stampa all'estero, il premier Mario Draghi con una sola dichiarazione ha unito la Libia e spaccato la sinistra. «Sul piano dell'immigrazione, noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa nei salvataggi e nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia», ha detto Draghi al termine della conferenza stampa congiunta con il collega Abdul Hamid Dbeibah. Ma non si è fermato lì. Ha espressamente ringraziato la Guardia costiera di Tripoli sapendo di tirare una linea netta con il passato più recente. Da un lato Draghi ha messo in fuori gioco i tanti esponenti estremisti di sinistra dalla Boldrini ad Orfini fino a Fratoianni. Ringraziare i marinai libici significa confermare la strategia dei fondi diretti dall'Italia a Tripoli e al tempo stesso definire una volta per tutte il terreno desertico a Sud del Mediterraneo «un porto sicuro». Con una sola frase Draghi sembra aver tagliato così i ponti a tutte le Ong del mare. Nessuno, in questo momento, è politicamente forte a sufficienza per mettersi contro il premier. Inoltre il grosso del Pd gioisce perché le ali estreme si troveranno cauterizzate. Non solo. va presa anche in considerazione una futura linea più centrista di approccio alla Libia. Sebbene la frase con tanto di ringraziamento alla Guardia costiera possa sembrare una legittimazione della dottrina di Marco Minniti, il messaggio va letto nel contesto. Le scelte di Minniti in passato hanno contribuito ad alimentare le turbolenze e non a placarle, perché non affiancate a un processo economico di rilancio dell'economia locale. Altra coincidenza: al di là dei contenuti della polemica sulle presunte intercettazioni di giornalisti nell'inchiesta della Procura di Trapani, esse alimentano alla fine attacchi a sinistra. Una persona accorta come Draghi non può non comprendere che la faida a sinistra e le pietre che vengono lanciate a Minniti (i giornalisti per bene lo accusano di aver dato ordini alla polizia giudiziaria) contribuiscono a quella cesura di cui abbiamo scritto sopra. Da ora in avanti sarà più semplice rifinanziare la Guardia costiera per evitare che i suoi vertici prendano soldi dai turchi e al tempo stesso riprendere in mano gli accordi dell'era Berlusconi. D'altronde lo stesso Draghi ha detto che bisogna riportare l'interscambio almeno a sei anni fa. Ma soprattutto sono i singoli progetti che messi assieme richiamano il trattato di amicizia dell'agosto 2008. Dall'incontro di ieri è emerso una sorta di programma condiviso mirato a un rapido decollo della domanda di cemento, materiali da costruzioni, componentistica, semilavorati, macchinari, sistemi per l'edilizia e le infrastrutture e servizi.Non avendo appoggiato nessuna delle fazioni in lotta e avendo bloccato l'esportazione di armi che avrebbe trasformato la Libia in una nuova Siria ora il governo di Roma si trova nella condizioni di sfruttare le opportunità del nuovo corso. Aziende pubbliche e private italiane si preparano a tornare per operare su larga scala. Il primo passo della collaborazione sarà la ricostruzione dell'aeroporto di Tripoli affidato al Consorzio Aeneas. È formato da cinque aziende private che lavorano in collaborazione con l'Enav, l'agenzia pubblica per il servizio aereo. Il contratto vale 80 milioni complessivi. Poi c'è l'autostrada dell'amicizia, chiesta da Muhammar Gheddafi al governo Berlusconi quale risarcimento finale per i danni subiti dalla colonizzazione italiana. I 1.700 chilometri (da costruire in 20 anni) avrebbero dovuto congiungere Rass Ajdir a Imsaad, il confine con l'Egitto a quello con la Tunisia. La spesa prevista era di 3 miliardi di dollari. Ad aggiudicarsi la gara da 125,5 milioni di euro per il servizio di advisor fu il raggruppamento di imprese legato alla Camera di Commercio Italafrica centrale e l'Anas. Anche qui è tutto da rifare. E sul tema il premier Dbeibah è stato chiaro quando ha espressamente chiesto di riattivare il trattato del 2008 nella sue interezza. Aspetta che coinvolge da vicino pure l'Eni. C'è invece un tema caldo tutto ancora da sbrogliare: quello dei confini marittimi. «Ringrazio il sottosegretario alla Difesa Stefania Pucciarelli », ha dichiarato il leghista Lorenzo Viviani, «che ha preso a cuore il tema della pesca nelle acque contese dalla Libia dopo il sequestro per 108 giorni di due pescherecci di Mazara del Vallo. Uno specchio acqueo ricco di risorse ittiche e sfruttato per la pesca del gambero rosso, un prodotto di eccellenza». La riapertura di un tavolo interministeriale per garantire la tutela degli interessi nazionali con la salvaguardia della nostra marineria è ora fondamentale. Fatto prima avrebbe evitato il dramma di Mazara Del Vallo. «Una situazione difficile che richiede un maggior impegno da parte del ministero degli Esteri, purtroppo latitante finora su queste tematiche», ha concluso l'esponente del Carroccio membro della commissione Agricoltura. Rendendo la lettera di Giuseppe Conte alla Stampa ancor più bizzarra. L'ex premier per difendersi dalle accuse di essere volato a Bengasi per fare uno spot ha di fatto confermato tutti gli errori commessi. È stato Conte a cambiare strategia, ad aprire a Khalifa Haftar senza una copertura americana o europea. Il suo governo ha creato lo spazio perché i turchi e i russi si spartissero la Libia. Sempre al suo governo si deve l'imbarazzo di aver accolto Haftar come capo di Stato, con tanto di cerimoniale, il tutto per organizzare una trilaterale con Fayez al Serraj, che è naufragata in una figuraccia. L'allora leader tirò dritto da Bruxelles fino a Tripoli senza fermarsi a Roma. Sono mosse che si pagano in entrambe i sensi. Ha poco da recriminare Conte. Speriamo che i suoi errori vengano presto dimenticati.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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