2021-09-24
Draghi delude Pd e M5s: «Niente tasse»
Davanti a una Confindustria in adorazione («È l'uomo della necessità»), il premier rassicura i cittadini. In Cdm ok all'intervento per contenere il caro bolletta: quest'anno salirà «solo» dell'11% anziché del 40. Quella di Confindustria, ieri, è stata un'assemblea incantata. Non perché piena di meraviglie, a ospitarla non era un castello ma il Palazzo dello sport di Roma. Ma perché i presenti - a cominciare dal padrone di casa Carlo Bonomi - sono apparsi totalmente estasiati dall'ospite d'onore, Mario Draghi. Abbiamo visto una Emma Marcegaglia alzarsi di scatto in piedi ad applaudire prima ancora che il presidente del Consiglio cominciasse a parlare. Prime, seconde e terze file di imprenditori spellarsi le mani quando Bonomi l'ha definito un «uomo della necessità» al pari di Alcide De Gasperi, Paolo Baffi e Carlo Azeglio Ciampi, diverso dagli «uomini della provvidenza» come chi ha dato vita a «un regime ventennale di oppressione» e dagli «uomini del possibile», quelli del «calcio alla lattina», del «rinvio eterno». Tanto che la prima metà del discorso del presidente di Confindustria è stata più una lunga ovazione a «Super Mario», un omaggio alla sua «mano decisa sulle riforme», alla sua «mano ferma» sulla campagna vaccinale, alla sua «autorevolezza» che ha consentito anche una svolta nel ruolo dell'Italia all'interno dell'Unione europea, della Nato e del G20. Tanto da augurarsi, ha detto Bonomi a nome degli industriali, che il premier «continui a lungo nella sua attuale esperienza» e prosegua «senza che i partiti attentino alla coesione del governo pensando alle prossime amministrative con veti e manovre in vista della scelta da fare per il Quirinale». Insomma, un accorato «resta con noi, nun ce lassà», lontano da tentazioni e spinte quirinalizie, affinché le imprese possano realizzare i loro «fantastici sogni». Draghi non aveva dunque bisogno di convincere con altri incantesimi questa platea già rapita. Eppure negli ultimi cinque minuti del suo intervento ha pronunciato la parole magiche: «Voglio riaffermare, penso sia importante, che il governo da parte sua non ha intenzione di aumentare le tasse. In questo momento i soldi si danno e non si prendono, bisogna riacquistare il gusto del futuro». Ed è stata subito standing ovation. Diverso invece l'eco giunto dalle stanze di una parte della maggioranza. Pd e 5 stelle stanno premendo per revisione catastale e altri interventi peggiorativi della situazione fiscale. È la seconda volta per giunta che Enrico Letta viene smentito da Draghi durante un discorso pubblico. Certo, vedremo se le promesse verranno mantenute. Nel frattempo, annotiamo il resto del discorso del presidente del Consiglio. Per la prima parte una ripetizione di quello che già aveva detto nella conferenza stampa del 2 settembre, snocciolando i dati sul periodo di «forte ripresa» e sul «miglioramento dell'occupazione» ma ricordando anche che la sfida per il governo - e per tutto il sistema produttivo e le parti sociali - è fare in modo che questa ripresa sia duratura e sostenibile. «Dobbiamo preservare buone relazioni industriali, perché assicurino equità e pace sociale e produzione, naturalmente». Poi un breve passaggio sull'estensione del green pass con un grazie a Confindustria «per aver trovato l'accordo con i sindacati» e una ricognizione sugli aumenti delle bollette che il cdm riunito ieri ha scongiurato almeno in parte. «Abbiamo deciso di eliminare per l'ultimo trimestre dell'anno gli oneri di sistema del gas per tutti, e quelli dell'elettricità per le famiglie e le piccole imprese. Si tratta complessivamente di un intervento di oltre 3 miliardi, che fa seguito a quello da 1,2 miliardi avvenuto a giugno», ha spiegato Draghi. Appoggiando l'idea della Commissione di Ue di procedere con un'azione più strutturale a livello europeo per diversificare le fonti di energia e rafforzare il potere contrattuale dei Paesi acquirenti. Sul fronte della transizione ecologica, dopo aver ribadito che si tratta di una necessità e non di una scelta, il presidente del Consiglio ha auspicato una «migliore efficienza del nostro sistema di autorizzazioni, che non può impedire la realizzazione degli ambiziosi obiettivi sulle energie rinnovabili». Si tratta di un punto «molto difficile», ha aggiunto, «che richiede una partecipazione piena di tutti, ma assolutamente imprescindibile se vogliamo praticare un'adeguata politica sulle energie rinnovabili». Un messaggio forse diretto alle Regioni che stanno allontanando gli obiettivi del Pnrr (il Lazio ad esempio ha sospeso le autorizzazioni fino al prossimo aprile con il rischio di far scappare gli investitori esteri). Proprio per non mettere a rischio le riforme legate al Pnrr, Draghi ha poi chiesto di aprire una nuova stagione di relazioni sindacali, «un patto economico, produttivo, sociale del Paese», perché il rafforzamento dell'economia del Paese passa dall'apertura dei mercati e non dalla difesa delle rendite». Conquistati, assai agilmente, gli industriali, il prossimo confronto del premier sarà proprio con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, nel pomeriggio di lunedì 27 settembre. Del discorso di Draghi vanno però evidenziati anche i temi evitati, o quantomeno solo abbozzati. A cominciare dal dibattito interno al governo sul decreto Delocalizzazioni, riacceso della recente sentenza sui licenziamenti alla Gkn di Firenze. Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, è contrario a provvedimenti straordinari e punitivi perché «da noi non c'è il Far West» quindi meglio dare incentivi e finanziamenti a chi resta e a chi investe nelle aree di crisi anziché multe e penalità per chi decide di chiudere o lasciare l'Italia. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e la sua vice grillina Alessandra Todde, da mesi invece lavorano a un pacchetto di misure che ha allarmato Confindustria che da subito lo ha bollato come «anti imprese». Chi, in platea, ieri si aspettava una presa di posizione diretta del premier è rimasto deluso. Ma ha comunque applaudito per non spezzare l'incantesimo.