2021-02-18
Draghi declassa la Cina e apre alla Russia
Vladimir Putin e Xi Jinping (Ansa)
Il premier ribadisce la propria matrice atlantica. Rivendica un nuovo ruolo da federatore dei Paesi del Mediterraneo e offre una sponda a Joe Biden con parole affilate su Pechino, mettendo in dubbio la stabilità dell'impero. Parla di «dialogo con Mosca».Gli ultimi tre minuti del discorso alla Camera di Mario Draghi hanno toccato i temi geopolitici. «Nei rapporti internazionali questo governo sarà convintamente europeista e atlantista», ha detto, aggiungendo che per l'Italia sarà «necessario rafforzare e strutturare i propri rapporti con la Francia e la Germania». Non bisogna fermarsi a questi perni che sono la struttura e il background del nuovo premier. Per capire la congiuntura astrale in cui si sta trovando l'Italia è bene analizzare i dettagli del discorso e del riposizionamento di questo esecutivo. Certamente non può prescindere dai rapporti con le due nazioni più importanti dell'Europa, ma l'obiettivo dichiarato da Draghi è quello di proporsi come federatore delle nazioni del Mediterraneo: Spagna, Grecia, Malta e Cipro. Si tratta di Paesi che comunicano e guardano tutti a Nord e non a Est o Ovest. L'obiettivo è ricreare un fronte meridionale con cui dialogare da un lato su Libia e Maghreb e dal'altro sui Balcani. Soprattutto la novità starebbe nel superare un termine desueto nella nomenclatura ma ancora valido a Bruxelles. Il nome dei vecchi Piigs non esiste più. L'era dell'austerità è terminata, ma l'approccio dei cosiddetti frugali continua a essere il medesimo. Sembra di capire che Draghi si proponga di farli sedere a un nuovo tavolo. Al quale da un lato si finirà con il riconoscere la supremazia finanziaria della Germania che vuole a tutti i costi gestire il Recovery fund e l'integrazione del sistema bancario. Mentre dall'altro lato si potrà creare una nuova componente commerciale che offra vantaggi anche per Malta, Grecia, Spagna e appunto l'Italia. Ovviamente, non esistono certezza che ciò avvenga ma la congiunzione astrale e l'allineamento con Washington creano qualche possibilità in più. Joe Biden, rispetto al suo precedessore Donald Trump, sta cercando un approccio più utilitaristico al Vecchio Continente nella speranza di ridefinire i rapporti con la Cina non più su tre fronti ma su due. Tradotto: il fronte atlantico compatto affronta Pechino trovando una visione (soprattutto commerciale) comune. Angela Merkel sta lasciando. E gli Usa non si fidano certo dei francesi. Forse Biden vede in Draghi la sponda per riorganizzare i rapporti transatlantici. Detto in altre parole, la Casa Bianca sta tentando di chiedere agli alleati Ue un approccio condiviso con la Cina e in seconda istanza con la Russia. Il trattato Cai (Comprehensive agreement on investment) rischia di aggiungere tensione a quella che già esiste all'interno dei Paesi Ue. Spaccati su due diversi approcci alla condivisione del rischio debito. Gli Usa potrebbero spingere i Paesi del Mediterraneo a cercare una condivisone d'intenti con quelli del Nord. Solo quando ci sarà l'allineamento Biden potrà ottenere l'obiettivo di fronteggiare e cooperare con la Cina secondo l'ottica dei dem. Gli Usa non arriveranno a tale risultato se non ci sarà pacificazione dentro il Vecchio Continente, ma ciò non avverrà finché il Sud non otterrà qualche garanzia sugli Eurobond e sulle tutele alle proprie banche. Nel discorso di ieri Draghi ha risposto all'appello. E ha aggiunto due frasi nette su Russia e Cina. Ha usato termini che da anni non si sentivano in Parlamento. «L'Italia si adopererà per alimentare meccanismi di dialogo con Mosca», ha detto, nonostante «seguiamo con preoccupazione ciò che sta accadendo in questo Paese e in altri dove i diritti sono violati», aggiungendo: «Seguiamo anche con preoccupazione l'aumento delle tensioni in Asia attorno alla Cina». Poche parole ma ben assestate. Mettere assieme nella stessa frase i concetti di confini e instabilità è una tremenda stoccata per il Dragone. Per Xi Jinping sostenitore dell'impero non è ammissibile che ci siano tensioni attorno. È per i cinesi una contradictio in adiecto, un attributo che - appunto - nulla ha a che fare con l'impero. Non solo l'apertura alla Russia va in questa direzione. Draghi, così come la filosofia dem americana predica, sembra non volere abbandonare Mosca ai cinesi. Dunque la ragion di Stato insegna che anche se di là dalla ex cortina si arrestano i dissidenti ci sono punti in comune con l'Europa. In questo Mr Bce abbraccia in pieno la linea politica della Merkel. Basti pensare al Nord stream 2. I quotidiani tedeschi hanno rivelato che l'affare da un miliardo di dollari fu sottoposto a Trump lo scorso agosto. Nel testo, si spiega che la strategia è diversificare gli accessi energetici. Berlino in cambio chiedeva alla Casa Bianca di astenersi da qualunque tipo di sanzione attorno ai progetti energetici. Esattamente quanto sembra dire Draghi ora. Come ha fatto notare Germano Dottori, «dalla primavera del 1994 al 2017 si sono registrate solo 4 fasi di disallineamento con gli Usa, l'ultima nel 2011». Il problema però è stata la posizione del Quirinale. Adesso con i dem il Colle si sente a suo agio. E per chi crede nell'atlantismo è l'ora di fare un ragionamento. Rimettersi dentro alla Nato con tutti e due i piedi è una opportunità da non perdere. Resta un solo grande scoglio pro Cina: il Vaticano. Qui ci vorrà tempo per capire e vedere le mosse di Draghi.
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