
È la strada scelta dal governo per Sogin, la società pubblica al centro di ritardi, spese finite nel mirino di Arera e inchieste della magistratura. La decisione nella bozza del Dl fiscale. Rumor sul nome di Massimo Romano, scelto nel 2008 da Bersani come ad.L’ipotesi che Sogin (società pubblica nata nel 1999 per lo smaltimento nucleare, capace di incassare da 2000 a oggi circa 4 miliardi di euro grazie alle bollette elettriche di noi italiani), venisse commissariata, era nell’aria da mesi. Ma che accadesse in un caldo pomeriggio di metà giugno, forse non se lo aspettavano neppure all’interno dell’azienda, al centro di scandali, interrogazioni parlamentari, licenziamenti e inchieste della magistratura. Meglio tardi che mai. Così, se ieri mattina la società annunciava in pompa magna lo smantellamento dell’impianto di Bosco Marengo, alla presenza del presidente Luigi Perri e dall’amministratore delegato Emanuele Fontani tra prefetti e sindaci, nel pomeriggio, nella bozza del Dl fiscale, è spuntato fuori il commissariamento. Certo, i vertici erano in scadenza a fine mese e la scorsa settimana è stato approvato il bilancio. Ma il segnale da Palazzo Chigi è chiaro: la pazienza del governo è terminata. Caso vuole che tutto questo accada proprio nel giorno in cui Gazprom ha deciso di tagliare le forniture di gas all’Italia del 15%. Mentre in Francia hanno già previsto investimenti per 50 miliardi di euro per costruire nuove centrali nucleari, l’Italia resta al palo con l’unica società che si occupa di nucleare per di più commissariata. Di sicuro quanto aveva detto il grillino Federico D’Incà, ministro dei Rapporti con il parlamento, a fine aprile sulla «massima collaborazione e trasparenza con le autorità interessate» da parte dei vertici di Sogin, è stato smentito. «In considerazione della necessità e urgenza di accelerare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani, la gestione dei rifiuti radioattivi e la realizzazione del deposito nazionale di cui al decreto legislativo 15 febbraio 2010, numero 31, è disposto il commissariamento della società Sogin spa», è riportato all’articolo 33 del decreto fiscale. Adesso, si legge ancora nel testo, «con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Economia e delle finanze e del ministro della Transizione ecologica, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, si provvede […] alla nomina dell’organo commissariale, composto da un commissario e due vicecommissari […] e alla definizione della durata del mandato dell’organo commissariale, che può essere prorogata con successivo decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Economia e delle finanze e del ministro della Transizione ecologica […]». Le candidature alla carica di commissario sono ancora coperte, ma serve una persona che conosca bene Sogin. Nelle ultime ore è circolato il nome dell’ex amministratore delegato Massimo Romano, nominato nel 2008 dall’ex ministro Pierluigi Bersani. Era almeno da gennaio che si era incominciato a parlare di commissariamento. Il ministro Roberto Cingolani l’aveva fatto intendere durante un intervento a Montecitorio. Ma, dietro quelle parole («Nel corso degli ultimi anni si sono verificate alcune disfunzionalità»), c’era molto di più. Non bisogna dimenticare che Sogin avrebbe dovuto completare la messa in sicurezza di tutti i rifiuti radioattivi prodotti in Italia entro il 2014 e smantellare tutte le strutture nucleari esistenti entro il biennio 2019-2020. Peccato che la società abbia, in questi anni, completato solo il 30% dei lavori previsti e senza nemmeno aver messo in sicurezza i più problematici rifiuti pregressi, né aver iniziato lo smantellamento delle parti nucleari degli impianti. Per di più le stime iniziali per l’intero decommissioning prevedevano un costo complessivo di 3,6 miliardi di euro, mentre nell’ultima revisione di giugno 2020 questo costo è salito a poco meno di 8 miliardi di euro. A decenni di cattiva gestione si sono aggiunti gli scandali, con Sogin sempre più preda della lottizzazione dei partiti. L’attuale consiglio di amministrazione fu scelto dal governo giallorosso di Giuseppe Conte nel dicembre del 2019, dove, sulle nomine, contava soprattutto Massimo D’Alema. Negli ultimi anni si sono poi aggiunti gli accertamenti dell’Arera, l’Autorità di regolazione, a partire dal 2010, per il riconoscimento dei costi sopportati dalla Sogin nel periodo 2010–2020 per il Deposito unico nazionale e il parco tecnologico come anche sul cda della controllata Nucleco. Negli ultimi mesi la Guardia di finanza ha fatto spesso visita negli uffici della controllata che gestisce i rifiuti radioattivi. Sono stati acquisiti più volte documenti legati ai contratti firmati con la società slovacca Javys. Non c’è solo questo. In Procura di Roma, da tempo, si lavora su Sogin. Sarebbero almeno tre le inchieste in corso, tra corruzione e atti contro la pubblica amministrazione. Il tema più spinoso sarebbe quello legato proprio a Javys, come già anticipato nei mesi scorsi dal nostro giornale. I contratti furono diversi, dal primo nel 2014, quando Nucleco, allora presieduta da Alessandro Dodaro con amministratore delegato lo stesso Fontani, sottoscrisse un primo accordo da 700.000 euro con la società slovacca fino al bando di gara da quasi 40 milioni per incenerire le resine e i fanghi di Caorso.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
Al via un tour nelle principali città italiane. Obiettivo: fornire gli strumenti per far crescere le imprese.