2022-04-24
Dopo le bufale, i media fanno pure la morale
Il sistema dell’informazione mainstream ha calzato l’elmetto spacciando fake news e ricostruzioni a senso unico. E imponendo ai lettori una visione fideistica delle proprie (opache) ragioni. Ma i giornali smaccatamente schierati ormai non sono più credibili.Michael Walzer, celebre filosofo politico americano, in un’intervista concessa a Scenari sostiene che le popolazioni occidentali dovrebbero richiedere ai propri governi interventi più decisi sul conflitto in Ucraina. «Noi cittadini dovremmo spingere per sanzioni più forti mentre i combattimenti sono in corso», ha spiegato. «Abbiamo ottime ragioni morali per farlo. E dovremmo essere pronti ad accettare i sacrifici che queste comportano». Walzer, si condivida o no il suo pensiero, tocca un punto centrale. Da mesi non sentiamo parlare che di «ragioni morali»: sono le uniche con cui i guerrafondai da salotto giustificano le loro brame di scontro a oltranza. Dobbiamo abbattere Putin, ci viene detto, perché è il Grande Satana, un terrorista, un genocida. Non si riesce ad andare oltre a questo genere di affermazioni, e alle tirate retoriche sulla grandiosa resistenza ucraina (che va equiparata ai partigiani italiani, pena scomunica). Il motivo per cui ciò avviene è semplice: sollevato il velo delle fanfare bellicistiche, non resta nulla.La cruda realtà è che di questa guerra sappiamo molto poco, abbiamo informazioni confuse e sommarie. Soprattutto, non sappiamo dire quali siano, al di là degli slogan, gli obiettivi reali dell’Occidente in lotta. Lo ha notato ieri, sulla Stampa, Lucio Caracciolo: «Siamo in guerra», ha scritto. «Ma per quale vittoria? E se non lo sappiamo, come potremo stabilire se avremo vinto o perso, quando mai finirà? Dopo due mesi di massacri sarebbe utile rispondere a queste domande. Il fatto che si tenda a evitarle rivela le ambiguità di questo conflitto». Già, come avvenuto in precedenza con l’eterna emergenza sul Covid, non abbiamo idea di quale sia lo scopo della guerra in Ucraina. L’obiettivo finale è la detronizzazione di Putin? L’invasione di Mosca? La liberazione di tutti i territori attualmente occupati dai russi? Non è dato saperlo, e forse non lo sanno nemmeno i nostri governanti.Qualche risposta arriva dal fronte statunitense. C’è, ad esempio, chi ha teorizzato la creazione di una sorta di Afghanistan nel cuore dell’Europa, immaginando una guerra a bassa intensità ma di lunghissima durata. Ciò, con tutta evidenza, comporterebbe un logoramento della Russia, ma anche l’annichilimento dell’Ucraina e un corredo di danni colossali alle economie europee, italiana in primis. Nessuno, tuttavia, si prende la briga di fornire ulteriori informazioni: ci vengono richiesti sacrifici in nome di istanze morali, ma se appunto dobbiamo sacrificarci sarebbe anche opportuno che ci venissero fornite le motivazioni reali dietro questa richiesta. Però, a questo riguardo, regna il silenzio.Oddio, a dirla tutta qualche lampante verità sul conflitto è emersa. Si è capito come e perché c’entrino gli interessi sulla vendita di gas, gli equilibri geopolitici, le lotte di potere fra gli Stati Uniti e la Cina. Tutte queste analisi, in ogni caso, corrono sottotraccia, e non sono ben tollerate nel discorso ufficiale. Chi ha tentato di proporre un approccio basato sul realismo, scodellando ricostruzioni magari un po’ ruvide ma credibili, è stato accusato di filoputinismo, insultato e spesso censurato. È capito ad Alessandro Orsini, Luciano Canfora, Franco Cardini… Insomma, a tutti coloro che hanno cercato di colmare il vuoto lasciato dai politici, contribuendo a fornire qualche lampo di luce nella oscurità della battaglia.Dopo due mesi di guerra, il risultato è che parecchi italiani hanno la sensazione che qualcosa non torni. Sono irritati dall’incertezza, si domandano perché dovrebbero subire altre privazioni in nome di bandiere dai colori opachi. Se n’è reso conto persino Beppe Severgnini. «Cosa può accadere adesso?», si è chiesto ieri sul Corriere della Sera. «Agli ucraini, ancora non sappiamo. Cosa può succedere a noi, invece, iniziamo a capirlo: rischiamo di stancarci». L’editorialista zazzeruto ha ragione: cominciamo a essere stanchi. E non perché egoisti o cinici. La stanchezza dipende dalla nebulosità riguardante i veri obiettivi della guerra: quanto si dovrà ancora combattere e morire, quanto dovremo ancora patire razionamenti e difficoltà economiche, quanto toccherà a tutti di soffrire? E, soprattutto, per quale motivo?Poiché le spiegazioni realiste non sono ammesse - anzi, sono ferocemente avversate - restano le succitate motivazioni morali. Il succo è: non rompete, non fate domande, sacrificatevi in silenzio, abbassate i condizionatori e, forse, quando finirà ne sarete informati. Nel frattempo obbedite, tanto non potete fare nulla di diverso, e accontentavi della versione ufficiale sulla «lotta per la libertà e la democrazia».Intendiamoci: le «ragioni morali» potrebbero essere sufficienti a giustificare privazioni e sofferenze. Combattere per un’idea, per la libertà o per la patria non solo è nobile, ma doveroso. Il problema è: se un capo ti richiede assoluta e acritica fedeltà, deve anche essere affidabile. Deve dimostrare di sapersi prendere cura della sua gente, sostenerla, motivarla, rassicurarla e proteggerla. E i nostri capi, semplicemente, non lo stanno facendo.Coloro che, nelle ultime settimane, si sono affannati a elencare le «ragioni morali» della guerra necessaria, hanno dimostrato di essere poco credibili, del tutto inaffidabili, parecchio confusi e decisamente scollegati dall’interesse nazionale. Quelli che ci impongono di sacrificarci in silenzio per una elevatissima causa hanno dato dimostrazione di feroce intolleranza, di impermeabilità alle critiche, di arroganza ottusa. Quelli che chiamano alla lotta (lasciando che siano altri ad andare al fronte) sono gli stessi che ci mostrano schermate di videogiochi spacciandole per foto di guerra. Sono gli stessi che mostrano immagini di bambini mutilati per scuotere gli animi, ma non dicono che si tratta di piccini del Donbass colpiti dai filoucraini. Sono gli stessi che snocciolano dati sui cadaveri nelle «fosse comuni» ricavandoli da strampalati e disgustosi calcoli spannometrici. Sono gli stessi secondo cui la propaganda ucraina è sempre vera e indiscutibile e le notizie provenienti dal fronte russo, anche se fornite da giornalisti indipendenti, sono sempre false e tendenziose.Ci sono giornali che hanno sbandierato foto false definendole «verosimili». Altri (il Corriere) hanno pubblicato editoriali pomposi spiegando che l’Europa, compatta e coraggiosa, avrebbe rifiutato il pagamento del gas russo in rubli, solo che l’Europa non ha mai detto nulla del genere, anzi ha aperto alla possibilità di utilizzo della moneta russa. Altri ancora hanno riportato notizie esplosive sull’utilizzo di forni crematori da parte dei russi, prive però di qualsiasi conferma. Ebbene, dovremmo lasciare che a fare gli architetti della morale siano costoro?A noi chiedono di sacrificarci per un interesse superiore. Ma gli unici interessi che hanno a cuore sono quelli della loro compagnia di giro.