
L'ex ministro del Pd Graziano Delrio era a bordo con Matteo Orfini, Davide Faraone (suoi compagni di partito), Nicola Fratoianni (Sinistra italiana) e Riccardo Magi (+Europa). Non possono usare l'immunità come uno scudo per giustificare il loro coinvolgimento.Un ex ministro dei Trasporti non può non conoscere le regole di accesso ai porti: avendo avuto competenza sulla Guardia costiera di certo sa che in mezzo al mare non ci si può sottrarre all'alt impartito dai militari e ancor meno si può giocare a battaglia navale con le motovedette della Finanza. Un ex ministro della Repubblica dovrebbe sapere che le leggi della Repubblica si rispettano anche quando non si condividono e, al massimo, se ne si ha la forza, si cambiano in Parlamento. Graziano Delrio, al contrario, ha dimostrato di stare dalla parte di chi non si ferma davanti all'intimazione delle forze di polizia e di chi non soltanto dichiara programmaticamente di avere intenzione di violare la legge, ma intenzionalmente mette a repentaglio la vita degli immigrati che trasporta e dei militari che hanno l'ordine di fermarli, forzando il blocco come un qualsiasi fuorilegge in fuga con un carico che scotta.Niente scuse. Delrio è salito a bordo della Sea Watch 3 quando la Capitana si era già macchiata di varie illegalità, ossia dopo che la comandante della Ong tedesca aveva rifiutato di consegnare alla guardia costiera libica gli immigrati che aveva recuperato in mezzo al mare, insistendo per portarli in Italia. Carola Rackete aveva già provato a esperire la strada dei ricorsi all'autorità giudiziaria italiana e internazionale, ma la risposta dei tribunali per ben due volte era stata negativa, a testimonianza di chi stesse dalla parte della legalità. Ma a questo punto, invece di rassegnarsi davanti alla legge, la nuova eroina della sinistra aveva scelto di proseguire verso Lampedusa, ignorando le disposizioni che la invitavano ad allontanarsi. Già nel momento in cui la Sea Watch 3 si era stagliata nelle acque di fronte al porto dell'isola siciliana si sapeva dunque che Carola Rackete era fuorilegge. Che in porto, ad applaudire il suo operato, ci fosse una tifoseria composta da centri sociali, preti di frontiera e di sinistra, bastian contrari in servizio permanente sul fronte della contestazione, era perfino comprensibile. C'è sempre qualche gruppettaro, in tonaca o in camicia rossa, fa lo stesso, pronto a sognare la rivoluzione anche se a impersonarla è una ragazzetta borghese cresciuta a pane e organizzazioni umanitarie. E tuttavia, che a capeggiare il gruppo di pirati del Pd che l'altra sera sono saliti sul ponte di comando della Sea Watch 3 ci fosse anche un ex ministro della Repubblica, è cosa difficile da accettare. Graziano Delrio non poteva non sapere che con la sua presenza stava dando copertura a una signorina che si apprestava a commettere una serie di illegalità. Soprattutto, l'ex sindaco di Reggio Emilia, quello che soccorre i migranti, ma non i bambini violati della sua città, non poteva non immaginare come sarebbe finita, ossia che la Capitana avrebbe ancora una volta ignorato la legge, tentando di speronare una nave della Guardia di finanza pur di attraccare.Può un ex ministro, un uomo delle istituzioni, il capogruppo di un partito che è stato di governo, un signore che siede in Parlamento e rappresenta il popolo italiano, essere a bordo di un'imbarcazione mentre questa gioca a battaglia navale con un mezzo delle forze dell'ordine di quella stessa Repubblica che egli aspirerebbe a guidare? Si può accettare che Delrio abbia dato solidarietà, salendo a bordo della Sea Watch 3, alla Capitana e al suo equipaggio? Già apparivano gravi le dichiarazioni iniziali, quando il capogruppo del Pd aveva annunciato che sarebbe rimasto a bordo fino a che i migranti non fossero scesi. Ma che egli fosse sul ponte di comando mentre la nave della Ong tedesca rischiava di scontrarsi con quella della Guardia di finanza è inammissibile. I pirati, anche se in giacca e cravatta e coperti dall'immunità, non possono stare in Parlamento e Delrio e la sua ciurma in questi giorni si sono comportati da pirati. Per l'ex ministro, per Matteo Orfini che lo ha seguito, per Davide Faraone che ha partecipato con loro e con Nicola Fratoianni e Riccardo Magi all'arrembaggio contro una motovedetta delle Fiamme gialle, esiste una sola via d'uscita: le dimissioni. Altro che aprire le porte delle nostre case agli immigrati, come il Pd vorrebbe. Da casa nostra, che è il Parlamento, se ne devono andare tutti quelli che si sono resi responsabili di aver dato man forte a una Capitana in guerra con il nostro Paese. Da oggi e per il tempo che sarà necessario a liberarci di loro continueremo a chiedere le dimissioni di Delrio e dei suoi compagni di giochi contro l'Italia.
2025-12-01
Cisgiordania, i coloni feriscono tre italiani. E Netanyahu chiede la grazia al presidente Herzog
Benjamin Netanyahu (Ansa)
Agguato condotto da una decina di uomini, colpiti in tutto quattro attivisti. Tajani condanna ma rassicura: «I nostri stano bene».
La politica israeliana è stata scossa da un gesto che ha pochi precedenti nella storia del Paese: il primo ministro Benjamin Netanyahu ha depositato una formale richiesta di grazia presso il presidente Isaac Herzog. A presentare l’istanza è stato l’avvocato del premier, Amit Hadad, che ha consegnato una documentazione composta da una lettera tecnica e da una nota personale firmata dallo stesso Netanyahu, entrambe rese pubbliche in ragione della «natura eccezionale» dell’atto.
Rustem Umerov (Ansa)
Una delegazione di Kiev guidata da Umerov ricevuta a Miami da Witkoff (atteso giovedì al Cremlino), Kushner e Rubio. Il segretario di Stato: «Faremo in modo che l’Ucraina sia indipendente e sovrana».
«Tosti ma molto costruttivi», così nella serata di ieri, una fonte della Cnn ha definito i colloqui in atto tra Stati Uniti ed Ucraina. Una delegazione ucraina guidata da Rustem Umerov, ex ministro della Difesa ucraino e attuale segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale e la difesa, è stata difatti ieri ricevuta vicino a Miami presso un club privato, lo Shell Bay, legato all’agenzia immobiliare dell’inviato speciale Usa Steve Witkoff. Scopo dell’incontro, la continuazione dei negoziati di pace, per aggiustamenti del piano in 28 punti elaborato durante i negoziati tra Washington e Mosca.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa del 1° dicembre con Carlo Cambi
Giuseppe Benedetto (Imagoeconomica)
Giuseppe Benedetto, presidente di Fondazione Einaudi: «Il ddl Stupri porta le toghe dentro ai letti e, invertendo l’onere della prova, apre a vendette».
«Non basta la separazione delle carriere: serve la separazione dei “palazzi”. Giudici e pm non devono neanche incontrarsi». Giuseppe Benedetto, avvocato siciliano di lungo corso, è il presidente della Fondazione Einaudi, storico punto di riferimento della cultura liberale. Da quel centro studi è nato il Comitato «Sì separa», in prima linea per il sì al referendum sulla riforma della giustizia. «L’Anm è solo un sindacato privato, e con questa riforma smetterà di dettare legge sulle nomine. Serve un cambio culturale: le toghe sono dipendenti pubblici, non i sacerdoti dell’etica, che oggi mettono piede persino in camera da letto».






