2025-12-01
«Non solo le carriere: ci vuole la separazione anche dei “palazzi”»
Giuseppe Benedetto (Imagoeconomica)
Giuseppe Benedetto, presidente di Fondazione Einaudi: «Il ddl Stupri porta le toghe dentro ai letti e, invertendo l’onere della prova, apre a vendette».«Non basta la separazione delle carriere: serve la separazione dei “palazzi”. Giudici e pm non devono neanche incontrarsi». Giuseppe Benedetto, avvocato siciliano di lungo corso, è il presidente della Fondazione Einaudi, storico punto di riferimento della cultura liberale. Da quel centro studi è nato il Comitato «Sì separa», in prima linea per il sì al referendum sulla riforma della giustizia. «L’Anm è solo un sindacato privato, e con questa riforma smetterà di dettare legge sulle nomine. Serve un cambio culturale: le toghe sono dipendenti pubblici, non i sacerdoti dell’etica, che oggi mettono piede persino in camera da letto».Il magistrato Nicola Gratteri ha detto che il vero obiettivo del governo è mettere al guinzaglio i pubblici ministeri. Cosa risponde?«Purtroppo Gratteri si rifiuta di confrontarsi pubblicamente con il comitato del sì. Sarebbe bello discutere anche con lui».Per dirgli cosa?«Lo inviterei a leggere il nuovo articolo 104 della Costituzione, così come modificato dalla riforma: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”. Cosa c’è di più limpido?».I critici dicono che, nella prassi, alla fine il governo renderà subalterni i pubblici ministeri alla sua volontà. Con tanti saluti alla separazione dei poteri.«Per fare una cosa del genere bisognerebbe introdurre un’altra riforma costituzionale. Non si possono sottoporre i pm al governo con legge ordinaria. Anche perché la legge ordinaria, a voler ben vedere, lo stabilisce già».Come sarebbe?«Le faccio una piccola rivelazione. Già oggi le leggi ordinarie sancirebbero la subalternità del pm al governo. Le cito l’articolo 69 dell’ordinamento giudiziario: “Il pubblico ministero esercita, sotto la vigilanza del ministro di Grazia e Giustizia, le funzioni che la legge gli attribuisce».Dunque?«Dunque, a dispetto di quanto si dice, questa riforma della giustizia garantisce maggiore indipendenza ai magistrati. Ci rendiamo conto?»Quindi sgombriamo il campo? Non ci sarà una magistratura eterodiretta dal governo?«Esatto, però ricordiamoci anche un piccolo particolare. Nella democratica Francia i pm rispondono al governo. E non solo in Francia».In Italia non è mai stato accettato questo concetto.«L’Italia da questo punto di vista rappresenta una rara eccezione in Europa, con una compagnia non proprio commendevole: Turchia, Bulgaria e Romania».Nel suo libro Non diamoci del tu (Rubbettino), con prefazione del ministro Carlo Nordio, ha elencato gli argomenti a favore della separazione delle carriere. I sostenitori del No dicono che questa separazione esiste già, perché negli ultimi anni sono pochissimi i magistrati che sono saltati da un ruolo all’altro.«Altolà, questo non c’entra nulla. Continuiamo a confondere la separazione delle carriere con quella delle funzioni. Stampiamocelo in testa: separare le carriere vuol dire intervenire sul Csm».Cioè?«Bisogna intervenire su quell’organismo all’interno del quale pm e giudici si valutano a vicenda. È questo il cuore della riforma, che crea due Csm, con l’aggiunta di un’Alta Corte disciplinare. Dunque la separazione dev’essere, per così dire, “fisica”. Io non limiterei a parlare di separazione delle carriere, ma di “separazione dei palazzi”».Dei palazzi?«Certo. Mica penseremo di mettere nello stesso palazzo i due Csm. Ci vuole un palazzo della pubblica accusa, e un palazzo separato per i giudici. I magistrati inquirenti e giudicanti non si devono nemmeno salutare. E dovrebbe essere così in ogni palazzo di giustizia».Lo considera naturale?«Sarà una questione da porre subito all’ordine del giorno, con le leggi attuative, una volta approvata la riforma tramite referendum. D’altra parte, quale fiducia posso riporre in un tribunale dove gip e pm sono vicini di ufficio? Si può immaginare una vera terzietà se le due figure restano contigue?».Il sorteggio per la scelta dei membri non le sembra una soluzione raffazzonata?«Quella è una vera rivoluzione, che stroncherà la malapianta delle correnti. Ricordiamoci che questa riforma è l’ultimo scalino di un percorso iniziato nel 1989, con il codice Vassalli, medaglia d’argento alla Resistenza. Dieci anni dopo il Parlamento ha introdotto l’articolo 111 della Costituzione, quello che introduce la figura del “giudice terzo”. L’ultimo step è la riforma Nordio, che aggiunge un corollario: se il giudice è terzo, allora non può essere collega del pm. Da qui la separazione delle carriere».In questa lunga campagna elettorale referendaria si è citato a sproposito Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.«I ragazzi della Fondazione Einaudi hanno scovato persino il documento audio in cui Giovanni Falcone promuove chiaramente la separazione delle carriere, sostenendo che il sistema non può reggere senza questa riforma».Perché l’Anm è salito sulle barricate, in difesa della Costituzione?«Perché l’unico organismo che esce ridimensionato dalla riforma sarebbe proprio l’Anm. Il quale è un sindacato privato, come la Cgil, che tuttavia è stato sempre considerato erroneamente un’istituzione dello Stato e finora ha dettato legge, soprattutto sulle nomine. Il problema vero è di carattere culturale. In Italia è stato deciso che negli ultimi 30 anni l’etica pubblica dovesse essere in mano ai magistrati. Io penso invece che un magistrato non debba occuparsi della morale, ma perseguire e valutare reati. Dove sta scritto che le toghe devono mettere piede nella stanza da letto?».Si riferisce per caso al ddl sulla violenza sessuale, che verrà riscritto dalla maggioranza dopo giorni di polemiche?«Ho letto un’intervista del presidente tribunale di Milano che plaude al concetto di “consenso attuale”. Non me ne capacito: siamo fuori dal mondo».Non condivide quella legge?«Una donna può dire di aver negato il consenso senza addurre prove? E come si possono provare certe cose? Potranno esserci abusi e vendette?».
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