2020-02-09
Donna in quarantena ricoverata per precauzione allo Spallanzani
La paziente, che fa parte del gruppo dei 56 italiani del 3 febbraio, ha la congiuntivite ma risulta negativa al test del coronavirus.Raddoppiano di fatto le persone che dalla cittadella militare della Cecchignola sono state trasportate all'Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. L'ingresso principale della struttura ospedaliere è illuminato da una splendida giornata, quando di fronte alla fontana che accoglie visitatori e pazienti, giunge il direttore sanitario Francesco Vaia. «Una donna, che fa parte dei 56 italiani rientrati con il primo volo da Wuhan lo scorso 3 febbraio, sebbene negativa al test di nuovo coronavirus è stata trasferita, a titolo precauzionale presso il nostro istituto per ulteriori accertamenti». Il più tradizionale dei fulmini a ciel sereno. Per i cronisti presenti non c'è neanche il tempo di abbozzare qualche domanda per approfondire l'affermazione di Vaia, che lo stesso, insieme ad un collega, si allontana per rientrare al più presto in ospedale. Pur ribadendo lo scopo «precauzionale» del ricovero - visto che la signora non è stata contagiata dalla nuova epidemia globale - viene più di qualche dubbio sulla bontà della gestione italiana del coronavirus. Ma, come detto, dallo Spallanzani e dalla Cecchignola trapelano pochissime notizie. «Il cittadino italiano di sesso maschile trasferito due giorni fa (tre per chi legge ndr), con infezione confermata da nuovo coronavirus», si legge nel nono bollettino medico diffuso dalla direzione sanitaria, «è in buone condizioni generali con quadro clinico invariato; persiste lieve febbricola e iperemia congiuntivale in fase di risoluzione». E ancora: «Il paziente ha iniziato terapia antivirale». Ma c'è di più: «Il giovane è assolutamente sereno, mantiene costanti contatti con la sua famiglia e con gli amici e continua il suo lavoro di ricercatore». Ricercatore di 29 anni originario di Luvara (Reggio Emilia), specializzato in informatica, che si era recato a Wuhan per andare a trovare la fidanzata. Non ci possono essere dubbi sul fatto che la sua situazione sia meno preoccupante - ma non per questo tranquillizzante - rispetto a quella della coppia di turisti cinesi ricoverati dalla scorso 30 gennaio. «I due pazienti provenienti dalla città di Wuhan, positivi al test del nuovo coronavirus, sono tuttora in terapia intensiva». «Le loro condizioni cliniche», inoltre, «permangono stabili, con parametri emodinamici invariati. Continua il trattamento antivirale con il farmaco remdesivir. La prognosi è tuttora riservata». Infine rimangono in bilico le condizioni di «nove pazienti sottoposti a test per la ricerca del nuovo coronavirus in attesa di risultato». «Continua», invece, «la quarantena per le 20 persone che sono state contatti dei due coniugi cinesi attualmente ricoverati nella nostra terapia intensiva». L'aggiornamento più roseo proviene da Chieti, dove l'ultimo caso sospetto, un uomo di 43 anni è risultato negativo al test.L'evento di giornata, però, è il trasferimento allo Spallanzani della donna che si trovava in regime di sorveglianza sanitaria alla Cecchignola. E proprio da qui uno dei 54 connazionali, Michael Talignani, si è fatto portavoce del folto gruppo. «Non siamo nel panico», ha dichiarato all'Adnkronos, «semplicemente una ragazza ha chiesto una visita, ma non ha nessuno dei sintomi da coronavirus: non ha febbre. Pensiamo che non abbia nulla a che vedere con il contagio». Poi la descrizione di queste giornate, per causa di forza maggiore, particolari. «Sembrano molto lunghe e un po' noiose. Si cerca di impiegare il tempo nel migliore modo possibile, leggendo, facendo passeggiate», ha aggiunto Talignani, «ma il morale è alto, siamo tutti molto fiduciosi e tranquilli». In chiusura la precisazione sulle regole da seguire quando non si è in camera: «Abbiamo anche l'obbligo di utilizzare guanti ogni volta che si esce dalla stanza. I contatti sono pressoché nulli». Nessun riferimento alla polemica innescata dal mancato test del tampone faringeo prima del decollo da Wuhan, sostituito dalla rilevazione sulla temperatura per escludere la febbre. Eppure tra i due strumenti c'è una netta differenza. «La misurazione della febbre», spiega il presidente uscente della Società europea virologia, Giorgio Palù, «rappresenta uno dei tanti sintomi che ci può essere durante un'infezione virale. Perché i virus che infettano l'uomo crescono alla temperatura di 37 gradi, quando si va sopra il virus ha un'abilità ridotta di crescere. Dunque la misurazione della febbre è una misura molto indiretta di un sintomo». Invece «il tampone nasale rileva l'agente eziologico, perché utilizza una tecnica molecolare di amplificazione genica. E rappresenta un metodo diretto per vedere se quel soggetto è portatore di virus». Sui farmaci utilizzati, il professore di fama internazionale dell'Università di Padova, Palù ha sottolineato: «Nelle precedenti epidemie, mers, ebola e sars, non c'era nessun farmaco che funzionava. E anche quelli che stanno usando allo Spallanzani sono una replicazione del virus Ebola. Sono utilizzati perché già testati sull'uomo e non nocivi per lui, ma non è detto che siano efficaci contro il coronavirus». Eppure ha una mortalità più bassa rispetto a precedenti epidemie. «Ciò diverrebbe una preoccupazione in più, se in futuro il virus diventasse pandemico nella popolazione umana».
(Totaleu)
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