2025-07-02
Ue pronta a piegarsi all’America sui dazi. Si spera nello sconto su auto e acciaio
Oggi Maros Sefcovic e il braccio destro di Ursula von der Leyen arrivano negli Stati Uniti: verso l’accordo sul 10%. Due giorni decisivi.L’Unione europea vuole chiudere in fretta l’accordo commerciale sui dazi con gli Stati Uniti ed è disposta a fare concessioni, ma pretende uno sconto su alcuni settori economici. L’Ue accetterebbe un dazio generalizzato del 10%, ma sta negoziando per ottenere da Washington un’esenzione per alcune categorie merceologiche (farmaci, alcolici, semiconduttori, veicoli, aerei civili). Inoltre, l’attuale piattaforma negoziale imposta dagli Stati Uniti prevede un dazio del 25% su automobili e componentistica di settore, oltre a un dazio del 50% su acciaio e alluminio (già in vigore). La Germania sta cercando di trovare una soluzione che non penalizzi le sue industrie, ma questo è uno dei punti di maggiore attrito con gli Stati Uniti. Il presidente americano Donald Trump ha vinto le elezioni negli Stati della Rust belt promettendo di riportare lì posti di lavoro nell’industria automobilistica e dell’acciaio. Allo stesso tempo, il settore automobilistico è quello trainante dell’intera economia tedesca, dunque lo scontro su questo aspetto è frontale.La scadenza del 9 luglio rimane viva, anche se la Casa Bianca si è riservata di anticiparla o posticiparla in qualunque momento: oltre quella data i dazi americani salirebbero al 50% su tutte le merci. I negoziatori europei, secondo fonti interne alla Commissione rimaste anonime, stanno puntando a ottenere prima della scadenza un’intesa di massima, con accordi sui punti chiave, lasciando poi ai negoziatori altro tempo per definire i dettagli. In questo modo la data del 9 luglio sarebbe formalmente rispettata e allo stesso tempo ci sarebbe più tempo per delineare un accordo ampio e dettagliato. L’Ue vorrebbe che le esenzioni pattuite sui dazi fossero efficaci immediatamente al raggiungimento dell’accordo di massima.Per alcuni Paesi europei, come la Germania, è però importante che la questione dei dazi aggiuntivi (automobile e acciaio) sia affrontata da subito e che già nell’accordo di massima questi vengano definiti.In cambio di uno sconto su questi dazi maggiorati, l’Ue propone di acquistare quantitativi di Lng americano e servizi legati all’Intelligenza artificiale. Sta inoltre proponendo di semplificare o disapplicare selettivamente alcune normative, considerate come barriere non di prezzo dagli Stati Uniti. Si tratta in particolare del Digital markets act, che regola i comportamenti delle piattaforme digitali (che sono tutte americane), della direttiva Green claims e quella sulla deforestazione. L’accordo con gli Stati Uniti risulterebbe sbilanciato a loro favore ed è per questo che soprattutto la Germania sta cercando di minimizzare il danno.Oggi il commissario europeo per il commercio Maros Sefcovic sarà a Washington per i negoziati con gli Stati Uniti. Con lui ci sarà anche il capo di gabinetto di Ursula von der Leyen, il tedesco Björn Seibert. Proprio Seibert si è fatto carico di diffondere tra i commissari del Ppe il messaggio di Manfred Weber, il tedesco presidente del partito: non sostenere più progetti di direttive o regolamenti che potrebbero pregiudicare i negoziati in corso con Washington.Evidentemente, il governo di Berlino non vuole correre rischi e il cancelliere Friedrich Merz, esponente della Cdu (che del Ppe è una costola importante), ha fatto arrivare il messaggio alla Commissione molto chiaramente. Seibert, peraltro, è già stato il punto di contatto con gli Stati Uniti per le sanzioni alla Russia ed è ben conosciuto a Washington.La Commissione ostenta ottimismo sui tempi, ma sul tavolo ci sono molti punti critici ancora aperti. Intanto però la salita dell’euro (cresciuto del 15% da metà gennaio, del 6% da metà maggio e ora sopra gli 1,18) comincia a preoccupare la Bce. Di fatto, il rafforzamento dell’euro sul dollaro da gennaio rappresenta un dazio del 15%.Il vicepresidente della Banca centrale europea, Luis de Guindos, ha detto ieri al ritiro annuale della Bce a Sintra in Portogallo che un rialzo dell’euro oltre 1,20 dollari sarebbe dannoso per l’Eurozona, influendo negativamente sulle esportazioni e provocando deflazione: «Penso che 1,17 dollari, o anche 1,20 dollari, non siano una cifra significativa. Possiamo sorvolare un po’. Un importo superiore sarebbe molto più complicato».A preoccupare la Bce è soprattutto la velocità con cui l’euro sale (o quella con cui il dollaro americano precipita). Da metà gennaio il Dollar index (indice che misura il valore del dollaro statunitense rispetto a un paniere di sei valute principali) è sceso di quasi il 12%.Il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, sempre ieri, ha detto che 1,20 è un livello di cambio accettabile per l’Eurozona e che la Bce si concentra più sull’inflazione che sul tasso di cambio.Sarà anche così. Tuttavia, è chiaro che l’indebolimento del dollaro fa parte della strategia perseguita da Trump di un riaggiustamento della bilancia commerciale degli Stati Uniti. Un dollaro debole frena le importazioni negli Stati Uniti, come e più di un dazio. Per la Germania, maggiore economia europea e leader nell’export, a questo punto diventa vitale non solo la trattativa con Washington sui dazi, ma anche un altro aspetto: l’allargamento a Est dell’Eurozona. L’ingresso di nuovi Paesi con economie più deboli nell’area euro può contribuire a indebolire l’euro, riequilibrando così la perdita di valore del dollaro.Ecco perché l’ingresso della Bulgaria nell’area euro è importante per la Germania: Berlino sa bene che una svalutazione dell’euro servirebbe a ridare competitività all’export europeo, tedesco in particolare, messo in crisi dal calo del dollaro.
Ecco #DimmiLaVerità del 16 ottobre 2025. Ospite il deputato della Lega Davide Bergamini. L'argomento del giorno è: "La follia europea dei tagli all'agricoltura e le azioni messe in campo per scongiurarli".