2024-01-20
L’ultimo ricatto del «nemico» lettone che attacca l’Italia per tenersi il posto
Valdis Dombrovskis (Ansa)
Valdis Dombrovskis insiste sul Mes e avverte: «In primavera procedure per deficit eccessivo». Pensa così di farsi campagna elettorale.Puntuali come una cambiale sono arrivate le raccomandazioni-ricatto - della Commissione di Bruxelles sui conti pubblici italiani. Per rompere le balle e gettare un’ombra sulle elezioni europee - fatto di per sé gravissimo - hanno preso la rincorsa questa volta. Sono infatti di ieri le dichiarazioni di quel simpaticone di Valdis Dombrovskis, vicepresidente del Consiglio Ue, uno dei politici più negativi, inopportuni, sempre fuori tempo che io ricordi nella storia dell’Unione Europea. In più sempre con un occhio negativo di riguardo all’Italia. Non ho informazioni certe a riguardo di questo signore lettone, ma non vorrei che avesse avuto qualche zio o parente italiano che, durante l’età adolescenziale e giovanile, lo abbia bistrattato, e quindi ora si rifaccia sull’Italia: cioè, è una questione che si colloca esattamente sul crinale che divide la reazione inconscia negativa nei confronti del nostro Paese e i motivi volgarmente politici derivanti dai tremori notturni in vista di un’eventuale perdita del posto di commissario. A vedere poi nello specifico quello che ci viene richiesto, c’è un particolare che salta all’occhio perché è talmente evidente che non si può fare a meno di notarlo. Il lituano Dombrovskis - notare che siamo a un passo dalle elezioni del nuovo parlamento europeo - sostiene anche che «sul nuovo Patto di stabilità e crescita la cosa importante è arrivare all’accordo finale e definitivo velocemente, prima del periodo di fermo dei lavori per le elezioni». Certo, in quel periodo lui non può mettere becco e vuole farsi campagna elettorale e assicurarsi che domani valgano regole alle quali lavorano lui e i suoi compañeros oggi. Sembrano gli attacchi precauzionali alla Bush. Intanto vi preparo il piattino, poi alle elezioni si vedrà. E se alle elezioni venisse fuori una maggioranza che intenda rivedere la logica stessa del Patto di stabilità e crescita? E se venisse fuori una maggioranza che intende la politica economica e fiscale europea in modo se non opposto almeno distante dal modo di concepirla oggi, visto che le attuali politiche - insieme a quella monetaria della Lagarde - si sono dimostrate uno sfascio? Perché Valdis non fa delle lunghe passeggiate sulle ampie spiagge lettoni o non si inoltra nelle estese foreste a ripensare ai vari domini sotto i quali dovette stare la sua nazione, ad esempio sotto il dominio svedese o quello dell’impero russo, dove questi dominatori si comportavano con la Lettonia come lui vuole comportarsi con i Paesi europei? Tra l’altro lì il clima è freddo ma temperato, quindi può passeggiare evitando di coprirsi anche molto: una passeggiata leggera, anzi leggiadra. Se poi, come sostiene nelle stesse dichiarazioni che ha reso ieri, non ricopre «la posizione giusta per poter parlare sull’Italia ed esprimersi su cosa deciderà il Parlamento» perché non si ritira in un monastero di Riga e se ne sta zitto? Invece di scandire parole non richieste, inopportune, appartenenti a un dibattito che va fatto a porte chiuse tra governi e commissione, con un significato politico che può incidere negativamente sul clima elettorale che caratterizza i Paesi europei. Critica la manovra e ci prega poi di rimettere in linea i conti pubblici con raccomandazioni che sono spesso irricevibili perché troppo rigide, non dotate della flessibilità necessaria perché gli Stati possano adattarle alle loro economie. Due difetti gravissimi di questo modo burocratico e nello stesso tempo impositorio di concepire le raccomandazioni, dei diktat veri e propri. «Le discussioni sulla ratifica della riforma del Mes continuano con l'Italia. Ovviamente spetta al Parlamento italiano decidere», ha evidenziato Valdis, salvo poi ricordare che «la Commissione ha già annunciato che nella primavera del 2024 avrebbe lanciato delle procedure per deficit eccessivo sulla base dei dati raccolti nell'autunno 2023...». L’Europa, ai suoi inizi, non fu concepita con questa logica. Basterebbe andarsi a rileggere i Trattati e le relazioni che li accompagnano per rilevare la distanza dai sani principi ispiratori all’origine di questo patto internazionale e le deformazioni e degenerazioni in senso opposto che hanno portato a questi vincoli che lo stesso Romano Prodi definì «stupidi». Sul fatto che siano stupidi non c’è dubbio. Rimane aperta invece un’altra domanda: lo fanno perché non sanno, cioè sono ignoranti in materia economica, o lo fanno sapendo benissimo cosa fanno e quali sono i Paesi da colpire? Con ragioni che poco hanno a che fare con le regole del mercato e molto con una subdola interferenza sulle situazioni politiche nazionali?
Volodymyr Zelensky (Getty Images)
Chiara Appendino (Imagoeconomica)