2022-08-02
Domani debutta su Sky Atlantic «Irma Vep - La vita imita l'arte»
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In onda da mercoledì 3 agosto su Sky Atlantic e Now Tv, Irma Vep - La vita imita l’arte, concettualmente, potrebbe sembrare materia intricata. Troppo difficile da capire. Troppo ingarbugliata. Invece, la miniserie televisiva, remake del film omonimo che Olivier Assayas ha scritto e diretto nel 1996, non ha nulla di intricato.Pare un gioco di scatole cinesi: l’arte rincorre la vita, ne fornisce una sua rappresentazione estetica elevandola a qualcosa di perfetto, e con la vita, poi, torna a confondersi. È il caos, la storia di un remake di un film che di remake e di film parla. Irma Vep - La vita imita l’arte, concettualmente, potrebbe sembrare materia intricata. Troppo difficile da capire. Troppo ingarbugliata. Invece, la miniserie televisiva, remake del film omonimo che Olivier Assayas ha scritto e diretto nel 1996, non ha nulla di intricato. O, quantomeno, quel po’ di complicazioni logiche che la sinossi implica non finisce con il disturbare una narrazione ben congeniata. Irma Vep - La vita imita l’arte, su Sky Atlantic e Now Tv da mercoledì 3 agosto, è coinvolgente, dinamica: la celebrazione di una certa forma di cinema e, al contempo, la critica feroce di quel che l’industria è diventata, di quel che i suoi attori sono diventati. Lo show, presentato a Cannes Première, sotto-sezione del Festival di Cannes, tre anni orsono, muove da un assunto, lo stesso del film datato 1996.Mira - anagramma della Irma che è stata protagonista alla metà degli anni Novanta, viene chiamata in Francia, per recitare la parte di Irma Vep, un’attrice alle prese con il remake di una serie del 1915, Les Vampires. Il suo agente avrebbe voluto impedirglielo. Un «no», secco, ha risuonato nel telefono, unendo per un attimo il glamour della California al fascino posato della vecchia Europa. Ma Mira, una straordinaria Alicia Vikander, così ingenua ed elegante nel suo essere stralunata, ha fatto da sé. Quale occasione migliore per dimenticare l’amore, il baratro della vita, e rilanciare insieme una carriera ferma alla fantascienza formato blockbuster? Mira sarebbe partita, sarebbe stata Irma Vep in un film d’autore, nella Francia d’arte e leggerezza. Che sogno romantico, che gran (ri)partenza. Mira parte, ed è la speranza il suo bagaglio. Una speranza destinata ad infrangersi sul set della pellicola, dove un regista mai contento, tal René Vidal (un bravissimo Vincent Macaigne), si atteggia a despota. È la fine delle illusioni e l’inizio di un gioco sofisticato, ironico: la vita vera, della Mira in attesa di riscatto, si mescola con le profondità del suo personaggio, le sue fragilità. Assayas le guida, con una consapevolezza che valica gli anni Novanta. È maturo, oggi: l’industria è mutata e il matrimonio con Maggie Cheung, star del suo film, è finito. Dietro di sé, ha lasciato tracce ben evidenti. Ma la serie, diversamente da quel che avrebbe potuto essere, non sconfina mai nel narcisismo artistico. Non c’è autoreferenzialità, l’involuzione di un regista che parli a se stesso del suo essere regista. Irma Vep - La vita imita l’arte si muove agile sul confine del buongusto. Parla del passato, con quel fare accorto che rende il tutto immediatamente digeribile anche a chi del passato non conosca tutto. Poi, educata, si sposta al presente, ad un futuro in seme. Racconta dell’essere umano, per lo più, di uomini e donne. I riferimenti sono nuovi, rispetto alla pellicola del 1996. Ma le storie sono sempre lì, a cesellare una trama capace di moltiplicarsi e dividersi, di farsi particolare e universale. Il singolo sfocia nel collettivo cinematografico di un remake, individualità e tormenti sfumano sul set per ripresentarsi poco dopo, ed è con maestria e divertimento che Assayas confeziona la sua danza seriale, mettendo a nudo tutto, anche la parte di sé che ha lasciato confluire in Vidal, costretto alla psicoterapia da un’ossessione per Les Vampires e una rottura dell’anima.
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
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