
L’amministrazione Biden continua a cercare la distensione con Pechino. Ma l’Fbi ha appena esortato Washington a non abbassare la guardia nei confronti del Dragone. La settimana scorsa, il consigliere per la sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, ha avuto un incontro a Bangkok con il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi. “Sullivan ha sottolineato che, sebbene gli Stati Uniti e la Cina siano in competizione, entrambi i Paesi devono evitare di virare verso un conflitto o uno scontro”, ha riportato un comunicato della Casa Bianca relativo ai colloqui svoltisi tra il 26 e il 27 gennaio. “Sullivan e Wang Yi hanno riconosciuto i recenti progressi nella ripresa della comunicazione militare e hanno sottolineato l'importanza di mantenere questi canali. Hanno anche discusso i prossimi passi verso un dialogo Usa-Cina sull’intelligenza artificiale in primavera”, si legge ancora. La nota americana ha espresso inoltre soddisfazione per la cooperazione nel settore del contrasto alla droga. I due hanno infine discusso di vari dossier internazionali: Ucraina, Medio Oriente e Mar Cinese Meridionale. Senza ovviamente dimenticare Taiwan. Mentre nella nota statunitense il dossier taiwanese è soltanto menzionato, in quella cinese si scorge una maggiore lunghezza (e durezza). “Wang Yi ha sottolineato che la questione di Taiwan è un affare interno della Cina e che le elezioni nella regione di Taiwan non possono cambiare il fatto fondamentale che Taiwan fa parte della Cina”, si legge nel comunicato di Pechino, che prosegue: “L’indipendenza di Taiwan rappresenta il rischio più grande per la pace e la stabilità tra le due sponde dello Stretto e la sfida più grande per le relazioni Cina-Stati Uniti. La parte statunitense deve rispettare il principio dell’unica Cina”. Difficile non vedere in queste parole l’irritazione di Pechino per la recente vittoria di William Lai alle ultime elezioni presidenziali di Taiwan.Durante un evento del Council on Foreign Relations, tenutosi martedì, Sullivan ha elogiato la linea politica dell’amministrazione Biden sulla Cina, sottolineando l’“intensa attività di sensibilizzazione” da parte della Casa Bianca. Inoltre, poche ore fa, la Cnn ha rivelato che, sulla base della testimonianza di due funzionari americani, Xi Jinping avrebbe promesso allo stesso Biden che Pechino non interferirà nelle prossime elezioni statunitensi. In particolare, la promessa sarebbe stata formulata in occasione del meeting che i due presidenti ebbero a San Francisco lo scorso novembre. Eppure, il direttore dell’Fbi, Chris Wray, ha appena dichiarato che gli hacker cinesi si starebbero preparando a “creare caos” ai danni degli americani. “L’attenzione pubblica è stata troppo scarsa sul fatto che gli hacker della Repubblica popolare cinese stanno prendendo di mira le nostre infrastrutture critiche: i nostri impianti di trattamento delle acque, la nostra rete elettrica, i nostri oleodotti e gasdotti naturali, i nostri sistemi di trasporto”, ha affermato mercoledì il capo del Bureau. D’altronde, non è che finora la linea di Joe Biden nei confronti di Pechino abbia brillato per coerenza ed efficacia. Da quando si è insediato alla Casa Bianca, la pressione militare su Taipei è infatti aumentata. Il nodo risiede del resto nelle spaccature in seno alla sua stessa amministrazione, che è divisa tra chi auspica severità e chi, al contrario vorrebbe un approccio distensivo. Senza trascurare che pezzi importanti di Wall Street e della Silicon Valley premono per una maggiore amichevolezza verso Pechino. Input contrastanti, insomma, rispetto a cui la debole leadership dell'attuale presidente americano non è riuscita a trovare una sintesi.
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».
Francesco Filini (Ansa)
Parla il deputato che guida il centro studi di Fdi ed è considerato l’ideologo del partito: «Macché, sono solo un militante e il potere mi fa paura. Da Ranucci accuse gravi e infondate. La sinistra aveva militarizzato la Rai».
Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia, la danno in strepitosa ascesa.
«Faccio politica da oltre trent’anni. Non sono né in ascesa né in discesa. Contribuisco alla causa».
Tra le altre cose, è responsabile del programma di Fratelli d’Italia.
«Giorgia Meloni ha iniziato questa legislatura con un motto: “Non disturbare chi vuole fare”. Il nostro obiettivo era quello di liberare le energie produttive».
Al centro Joseph Shaw
Il filosofo britannico: «Gli islamici vengono usati per silenziare i cristiani nella sfera pubblica, ma non sono loro a chiederlo».
Joseph Shaw è un filosofo cattolico britannico, presidente della Latin Mass Society, realtà nata per tramandare la liturgia della messa tradizionale (pre Vaticano II) in Inghilterra e Galles.
Dottor Shaw, nel Regno Unito alcune persone sono state arrestate per aver pregato fuori dalle cliniche abortive. Crede che stiate diventando un Paese anticristiano?
«Senza dubbio negli ultimi decenni c’è stato un tentativo concertato di escludere le espressioni del cristianesimo dalla sfera pubblica. Un esempio è l’attacco alla vita dei non nati, ma anche il tentativo di soffocare qualsiasi risposta cristiana a tale fenomeno. Questi arresti quasi mai sono legalmente giustificati: in genere le persone vengono rilasciate senza accuse. La polizia va oltre la legge, anche se la stessa legge è già piuttosto draconiana e ingiusta. In realtà, preferiscono evitare che questi temi emergano in un’aula giudiziaria pubblica, e questo è interessante. Ovviamente non si tratta di singoli agenti: la polizia è guidata da varie istituzioni, che forniscono linee guida e altro. Ora siamo nel pieno di un dibattito in Parlamento sull’eutanasia. I sostenitori dicono esplicitamente: “L’opposizione viene tutta dai cristiani, quindi dovrebbe essere ignorata”, come se i cristiani non avessero diritto di parola nel processo democratico. In tutto il Paese c’è la percezione che il cristianesimo sia qualcosa di negativo, da spazzare via. Certo, è solo una parte dell’opinione pubblica, non la maggioranza. Ma è qualcosa che si nota nella classe politica, non universalmente, tra gli attori importanti».
Stephen Miran (Ansa)
L’uomo di Trump alla Fed: «I dazi abbassano il deficit. Se in futuro dovessero incidere sui prezzi, la variazione sarebbe una tantum».
È l’uomo di Donald Trump alla Fed. Lo scorso agosto, il presidente americano lo ha infatti designato come membro del Board of Governors della banca centrale statunitense in sostituzione della dimissionaria Adriana Kugler: una nomina che è stata confermata dal Senato a settembre. Quello di Stephen Miran è d’altronde un nome noto. Fino all’incarico attuale, era stato presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca e, in tale veste, era stato uno dei principali architetti della politica dei dazi, promossa da Trump.






