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2025-02-21
Su Discovery+ il documentario sul caso Mangione
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«Chi è Luigi Mangione?» (Discovery+)
Il bel viso, i titoli di studio, la laurea e poi il master in ingegneria informatica. L'apparente estraneità all'universo criminale, sostanziata da una serie di pregiudizi e luoghi comuni, dalla presunzione di sapere cosa faccia di un uomo un assassino, è stata la caratteristica peculiare del caso Mangione, del caso - vale a dire - che ha valicato i confini della cronaca per assurgere ad altro: a una sorta di manifesto politico, in cui le categorie di Bene e Male non siano rigide, ma fluide, vasi comunicanti in cui la bontà di un gesto sia determinata dalla sua pubblica utilità. Luigi Mangione, accusato di aver ucciso il Ceo di United Healthcare, Brian Thompson, in nome di una personale ritrosia nei confronti della sanità privati statunitense, è diventato per alcuni un eroe. Nel mondo, è stato chiesto venisse liberato. Frange di suoi sostenitori si sono date un'organizzazione pubblica per garantire al ventiseienne, di origini italoamericane, una difesa degna. Complessivamente, la tifoseria di Mangione ha raccolto oltre trecentomila dollari, una cifra che ha indotto l'ingegnere a rompere il silenzio. L'italoamericano, dal 9 dicembre scorso rinchiuso al Metropolitan Detention Center di New York, ha pubblicato una breve dichiarazione sul suo sito Internet, nuovo di pacca. «Sono commosso e grato a tutti coloro che mi hanno scritto per condividere le loro storie ed esprimere il loro supporto. Un supporto che è andato oltre le divisioni politiche, razziali e persino di classe sociale: il Mdc è stata inondato di lettere spedite da tutto il Paese e da tutto il mondo. Anche se per me è impossibile rispondere a tutte, per favore, sappiate che ho letto quelle che mi sono state consegnate. Grazie, ancora una volta, a tutti quelli che hanno speso del tempo per scrivermi. Non vedo l’ora di leggervi ancora», ha fatto scrivere online il presunto assassino, al cui tentativo di profilazione Discovery+ ha deciso di dedicare un intero documentario.
Chi è Luigi Mangione?, rilasciato sulla piattaforma streaming lo scorso lunedì, prova a riavvolgere il filo e cercare di ricostruire le ragioni che avrebbero spinto un giovane benestante e privilegiato a sparare, su un marciapiede di New York, a Brian Thompson. Si è parlato di politica, al momento dell'arresto, vagheggiando di un manifesto che Mangione avrebbe scritto di suo pugno, avvelenato contro la società statunitense. Si è parlato di misunderstanding, nessuno si è mai detto colpevole del crimine. Il mondo, o una sua parte, ha gridato allo scandalo, un'altra si è stretta attorno al ventiseienne, osannandolo come martire, genio. Eroe. Ma chi sia questo ragazzo dagli occhi scuri, al netto del gioco delle parti, nessuno lo ha capito. Così, il documentario, in cui diversi esperti - tra cui il produttore esecutivo Dan Abrams, la criminologa Casey Jordan, il capo dei detective del NyPd Joseph Kenny ed Eric Adams, sindaco di New York - si propongono di esaminare il background di Mangione per comprendere cosa lo abbia portato a compiere un atto tanto estremo. Quel che segue è l’analisi dei suoi archivi digitali, inclusi i post online e le discussioni su Reddit, inframezzate dalle testimonianze di coloro che gli sono stati vicini, avendo modo con ciò di osservare la sua personalità e i suoi problemi di salute e di tracciare per conseguenza una panoramica realistica del suo stato mentale prima del presunto crimine.
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Chi è Luigi Mangione?, rilasciato sulla piattaforma streaming lo scorso lunedì, prova a riavvolgere il filo e cercare di ricostruire le ragioni che avrebbero spinto un giovane benestante e privilegiato a sparare, su un marciapiede di New York, a Brian Thompson.Il bel viso, i titoli di studio, la laurea e poi il master in ingegneria informatica. L'apparente estraneità all'universo criminale, sostanziata da una serie di pregiudizi e luoghi comuni, dalla presunzione di sapere cosa faccia di un uomo un assassino, è stata la caratteristica peculiare del caso Mangione, del caso - vale a dire - che ha valicato i confini della cronaca per assurgere ad altro: a una sorta di manifesto politico, in cui le categorie di Bene e Male non siano rigide, ma fluide, vasi comunicanti in cui la bontà di un gesto sia determinata dalla sua pubblica utilità. Luigi Mangione, accusato di aver ucciso il Ceo di United Healthcare, Brian Thompson, in nome di una personale ritrosia nei confronti della sanità privati statunitense, è diventato per alcuni un eroe. Nel mondo, è stato chiesto venisse liberato. Frange di suoi sostenitori si sono date un'organizzazione pubblica per garantire al ventiseienne, di origini italoamericane, una difesa degna. Complessivamente, la tifoseria di Mangione ha raccolto oltre trecentomila dollari, una cifra che ha indotto l'ingegnere a rompere il silenzio. L'italoamericano, dal 9 dicembre scorso rinchiuso al Metropolitan Detention Center di New York, ha pubblicato una breve dichiarazione sul suo sito Internet, nuovo di pacca. «Sono commosso e grato a tutti coloro che mi hanno scritto per condividere le loro storie ed esprimere il loro supporto. Un supporto che è andato oltre le divisioni politiche, razziali e persino di classe sociale: il Mdc è stata inondato di lettere spedite da tutto il Paese e da tutto il mondo. Anche se per me è impossibile rispondere a tutte, per favore, sappiate che ho letto quelle che mi sono state consegnate. Grazie, ancora una volta, a tutti quelli che hanno speso del tempo per scrivermi. Non vedo l’ora di leggervi ancora», ha fatto scrivere online il presunto assassino, al cui tentativo di profilazione Discovery+ ha deciso di dedicare un intero documentario.Chi è Luigi Mangione?, rilasciato sulla piattaforma streaming lo scorso lunedì, prova a riavvolgere il filo e cercare di ricostruire le ragioni che avrebbero spinto un giovane benestante e privilegiato a sparare, su un marciapiede di New York, a Brian Thompson. Si è parlato di politica, al momento dell'arresto, vagheggiando di un manifesto che Mangione avrebbe scritto di suo pugno, avvelenato contro la società statunitense. Si è parlato di misunderstanding, nessuno si è mai detto colpevole del crimine. Il mondo, o una sua parte, ha gridato allo scandalo, un'altra si è stretta attorno al ventiseienne, osannandolo come martire, genio. Eroe. Ma chi sia questo ragazzo dagli occhi scuri, al netto del gioco delle parti, nessuno lo ha capito. Così, il documentario, in cui diversi esperti - tra cui il produttore esecutivo Dan Abrams, la criminologa Casey Jordan, il capo dei detective del NyPd Joseph Kenny ed Eric Adams, sindaco di New York - si propongono di esaminare il background di Mangione per comprendere cosa lo abbia portato a compiere un atto tanto estremo. Quel che segue è l’analisi dei suoi archivi digitali, inclusi i post online e le discussioni su Reddit, inframezzate dalle testimonianze di coloro che gli sono stati vicini, avendo modo con ciò di osservare la sua personalità e i suoi problemi di salute e di tracciare per conseguenza una panoramica realistica del suo stato mentale prima del presunto crimine.
Negli anni Venti la radioattività diventò una moda. Sulla scia delle scoperte di Röntgen e dei coniugi Pierre e Marie Curie alla fine dell’Ottocento, l’utilizzo di elementi come il radio e il torio superò i confini della fisica e della radiodiagnostica per approdare nel mondo del commercio. Le sostanze radioattive furono esaltate per le presunte (e molto pubblicizzate) proprietà benefiche. I produttori di beni di consumo di tutto il mondo cavalcarono l’onda, utilizzandole liberamente per la realizzazione di cosmetici, integratori, oggetti di arredo e abbigliamento. La spinta verso la diffusione di prodotti a base di elementi radioattivi fu suggerita dalla scienza, ancora inconsapevole delle gravi conseguenze sulla salute riguardo al contatto di quelle sostanze sull’organismo umano. Iniziata soprattutto negli Stati Uniti, la moda investì presto anche l’Europa. Il caso più famoso è quello di un integratore venduto liberamente, il Radithor. Brevettato nel 1925 da William Bailey, consisteva in una bevanda integratore in boccetta la cui formula prevedeva acqua distillata con aggiunta di un microcurie di radio 226 e di radio 228. A seguito di un grande battage pubblicitario, la bevanda curativa ebbe larga diffusione. Per 5 anni fu disponibile sul mercato, fino allo scandalo nato dalla morte per avvelenamento da radio del famoso golfista Eben Byers, che in seguito ad un infortunio assunse tre boccette al giorno di Radithor che inizialmente sembravano rinvigorirlo. Grande scalpore fece poi il caso delle «Radium girls», le operaie del New Jersey che dipingevano a mano i quadranti di orologi e strumenti con vernice radioluminescente. Istruite ad inumidire i pennelli con la bocca, subirono grave avvelenamento da radio che generò tumori ossei incurabili. Prima di soccombere alla malattia le donne furono protagoniste di una class action molto seguita dai media, che aprì gli occhi all'opinione pubblica sui danni della radioattività sul corpo umano. A partire dalla metà degli anni ’30 la Fda vietò definitivamente la commercializzazione delle bevande radioattive. Nel frattempo però, la mania della radioattività benefica si era diffusa ovunque. Radio e torio erano presenti in creme di bellezza, dentifrici, dolciumi. Addirittura nell’abbigliamento, come pubblicizzava un marchio francese, che presentò in catalogo sottovesti invernali con tessuti radioattivati. Anche l’Italia mise in commercio prodotti con elementi radioattivi. La ditta torinese di saponi e creme Fratelli De Bernardi presentò nel 1923 la saponetta «Radia», arricchita con particelle di radio. Nello stesso periodo fu messa in commercio la «Fiala Pagliani», simile al Radithor, brevettata dal medico torinese Luigi Pagliani. Arricchita con Radon-222, la fiala detta «radioemanogena» era usata come una vera e propria panacea.
Fu la guerra, più che altri fattori, a generare il declino definitivo dei prodotti radioattivati. Le bombe atomiche del 1945 con le loro drammatiche conseguenze a lungo termine e la continua minaccia di guerra nucleare dei decenni seguenti, fecero comprendere ai consumatori la pericolosità delle radiazioni non controllate, escludendo quelle per scopi clinici. A partire dagli anni Sessanta sparirono praticamente tutti i prodotti a base di elementi radioattivi, vietati nello stesso periodo dalle leggi. Non si è a conoscenza del numero esatto di vittime dovuto all’uso di alimenti o oggetti, in quanto durante gli anni della loro massima diffusione non furono da subito identificati quali causa dei decessi.
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