
Paolino Iorio, arrestato lunedì, ha confermato di aver ricevuto, da febbraio 2023, denaro dal manager Massimo Rossi. La società revoca cariche e incarichi e si costituisce parte offesa. Faro pure su un appalto Consip: coinvolto un agente.L’indagine che scuote i vertici di Sogei, la società informatica del ministero dell’Economia e delle finanze, e che coinvolge anche i ministeri della Difesa e dell’Interno, sembra allargarsi a macchia d’olio. L’arresto in flagranza, lunedì sera, di Paolino Iorio, direttore generale dell’area Business di Sogei, ha attivato una potente discovery. Bloccato dalla Guardia di finanza con una busta contenente 15.000 euro, Iorio avrebbe ricevuto denaro dall’imprenditore arrestato con lui, Massimo Rossi (che si è avvalso della facoltà di non rispondere), in un sistema di tangenti che, secondo le accuse dei pm Lorenzo Del Giudice e Gianfranco Gallo, si protrarrebbe dal febbraio 2023. Nel corso degli interrogatori, il manager avrebbe confermato di aver avuto contatti frequenti con l’imprenditore tramite un telefono mobile «dedicato». Gli incontri, secondo la ricostruzione dell’accusa, sarebbero avvenuti due volte al mese, ma non sempre con scambi di denaro. In totale, Iorio ha dichiarato di aver intascato «circa 100.000 euro in nero» per un appalto da 98,6 milioni di euro. Che non è l’unico finito sotto i riflettori. Ce n'è un secondo, da 20 milioni, che è passato tramite la Consip, la centrale di committenza della pubblica amministrazione, nel quale avrebbe avuto un ruolo centrale un poliziotto, Amato Fusco, napoletano che vive a Roma, dipendente del ministero dell’Interno e direttore della Terza divisione del Servizio telecomunicazioni della polizia di Stato. La sua compagna, Michela Carillo Ambrosio, sarebbe titolare, secondo gli accertamenti preliminari della Guardia di finanza, di 10.000 euro di azioni della Olidata (società indagata, che ha fatto sapere di essere a disposizione degli inquirenti). E Fusco, che avrebbe svolto «un ruolo nella procedura», si è scoperto che avrebbe incontrato diverse volte Massimo Rossi. Uno degli incontri sarebbe avvenuto proprio prima della formalizzazione della convenzione Consip. Risultato: nella catena di vendita sarebbe entrata Olidata, proprio «dietro indirizzo di Fusco». Nei suoi supporti informatici gli investigatori hanno cercato più di una parola chiave. Compresa «As Roma». Perché dalle intercettazioni telefoniche è emerso che Olidata aveva un palchetto all’Olimpico (in verità ce l’ha anche per le partite della Lazio), per le ospitate su invito. E dove probabilmente Fusco potrebbe essersi incrociato con Rossi. Le parole «segreto» e «riservatissimo» e «sicurezza» sono invece al centro delle ricerche nei supporti informatici di Andrea Stroppa, lo smanettone di Tor Pignattara, già punta di diamante «unofficial» della Bestia social di Matteo Renzi e autore delle ricerche anti Lega e Movimento 5 stelle presentate alla Leopolda (analisi che finirono, grazie ai contatti del Giglio magico, sul New York times e sul sito Buzzfeed, lo stesso dell’audio trappola del Metropol), oggi braccio operativo di Elon Musk in Italia, tanto da accompagnare il magnate al primo incontro a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni. Stroppa è sospettato di aver ricevuto un documento della Farnesina con «la valutazione del progetto finalizzato all’impiego con scopi militari prima e dual use dopo delle tecnologie satellitari fornite dall’azienda americana Space X». E questo è il terzo capitolo dell’inchiesta, sebbene, affermano gli inquirenti, ancora «in corso di evoluzione». La velina sarebbe finita prima nelle mani di un ufficiale della Marina militare, Antonio Angelo Masala, capitano di fregata distaccato allo Stato maggiore della Difesa, e poi, sospettano gli inquirenti, a Stroppa. Il ministero degli Esteri ha precisato che non dovrebbe trattarsi di un documento riservato, così come invece sostengono i pm nel decreto di perquisizione, ma di un documento interno (e comunque probabilmente coperto da segreto), con «un elenco di necessità espresse dal ministero (il numero delle ambasciate e consolati) da collegare al sistema» satellitare Starlink «se eventualmente fosse andata avanti». Il tutto sarebbe avvenuto nel corso dell’evoluzione della questione Starlink, che comprende pure le tensioni con la Tim, accusata dagli americani di ostacolare la condivisione dello spettro delle frequenze. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, invece ha commentato l’arresto durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi, affermando: «Sta lavorando la magistratura, aspettiamo il suo lavoro. Non vedo cosa possiamo fare di più rispetto a un arresto in flagranza». Nel frattempo, la commissione parlamentare di Vigilanza sull’Anagrafe tributaria ha convocato per la prossima settimana il presidente e l’amministratore delegato di Sogei. Mentre il cda di Sogei, convocato d’urgenza, ha deliberato la revoca immediata di tutte le cariche, gli incarichi e le Procure conferite a Iorio, oltre all’invio di una nota informativa alla Procura della Corte dei conti, al conferimento del mandato a un avvocato penalista a tutela di Sogei e all’avvio di un audit interno. Anche lo Stato maggiore della Difesa ha diramato una nota, assicurando piena collaborazione con le autorità inquirenti e sottolineando che i comportamenti emersi dall’indagine «sono in totale contrasto con i valori e i principi delle Forze armate».
Il caso Garofani non si sgonfia, anzi esplode. Belpietro ricostruisce come la notizia sia stata verificata e confermata dallo stesso consigliere del Quirinale, mentre parte della stampa tenta di minimizzare e attaccare chi l’ha pubblicata. Padellaro, da sinistra, lo riconosce: è una notizia vera e grave. E allora la domanda resta una: com’è possibile che un uomo così vicino al Colle parli apertamente di scossoni politici e listoni anti-Meloni?
La sede olandese di Nexperia (Getty Images)
Il governo olandese, che aveva espropriato Nexperia, deve a fare una brusca marcia indietro. La mossa ha sollevato Bruxelles visto che l’automotive era in panne a causa dello stop alla consegna dei semiconduttori imposto come reazione da Pechino.
Vladimir Putin (Ansa)
Il piano Usa: cessione di territori da parte di Kiev, in cambio di garanzie di sicurezza. Ma l’ex attore non ci sta e snobba Steve Witkoff.
Donald Trump ci sta riprovando. Nonostante la situazione complessiva resti parecchio ingarbugliata, il presidente americano, secondo la Cnn, starebbe avviando un nuovo sforzo diplomatico con la Russia per chiudere il conflitto in Ucraina. In particolare, l’iniziativa starebbe avvenendo su input dell’inviato statunitense per il Medio Oriente, Steve Witkoff, che risulterebbe in costante contatto con il capo del fondo sovrano russo, Kirill Dmitriev. «I negoziati hanno subito un’accelerazione questa settimana, poiché l’amministrazione Trump ritiene che il Cremlino abbia segnalato una rinnovata apertura a un accordo», ha riferito ieri la testata. Non solo. Sempre ieri, in mattinata, una delegazione di alto livello del Pentagono è arrivata in Ucraina «per una missione conoscitiva volta a incontrare i funzionari ucraini e a discutere gli sforzi per porre fine alla guerra». Stando alla Cnn, la missione rientrerebbe nel quadro della nuova iniziativa diplomatica, portata avanti dalla Casa Bianca.
Francobollo sovietico commemorativo delle missioni Mars del 1971 (Getty Images)
Nel 1971 la sonda sovietica fu il primo oggetto terrestre a toccare il suolo di Marte. Voleva essere la risposta alla conquista americana della Luna, ma si guastò dopo soli 20 secondi. Riuscì tuttavia ad inviare la prima immagine del suolo marziano, anche se buia e sfocata.
Dopo il 20 luglio 1969 gli americani furono considerati universalmente come i vincitori della corsa allo spazio, quella «space race» che portò l’Uomo sulla Luna e che fu uno dei «fronti» principali della Guerra fredda. I sovietici, consapevoli del vantaggio della Nasa sulle missioni lunari, pianificarono un programma segreto che avrebbe dovuto superare la conquista del satellite terrestre.
Mosca pareva in vantaggio alla fine degli anni Cinquanta, quando lo «Sputnik» portò per la prima volta l’astronauta sovietico Yuri Gagarin in orbita. Nel decennio successivo, tuttavia, le missioni «Apollo» evidenziarono il sorpasso di Washington su Mosca, al quale i sovietici risposero con un programma all’epoca tecnologicamente difficilissimo se non impossibile: la conquista del «pianeta rosso».
Il programma iniziò nel 1960, vale a dire un anno prima del lancio del progetto «Gemini» da parte della Nasa, che sarebbe poi evoluto nelle missioni Apollo. Dalla base di Baikonur in Kazakhistan partiranno tutte le sonde dirette verso Marte, per un totale di 9 lanci dal 1960 al 1973. I primi tentativi furono del tutto fallimentari. Le sonde della prima generazione «Marshnik» non raggiunsero mai l’orbita terrestre, esplodendo poco dopo il lancio. La prima a raggiungere l’orbita fu la Mars 1 lanciata nel 1962, che perse i contatti con la base terrestre in Crimea quando aveva percorso oltre 100 milioni di chilometri, inviando preziosi dati sull’atmosfera interplanetaria. Nel 1963 sorvolò Marte per poi perdersi in un’orbita eliocentrica. Fino al 1969 i lanci successivi furono caratterizzati dall’insuccesso, causato principalmente da lanci errati e esplosioni in volo. Nel 1971 la sonda Mars 2 fu la prima sonda terrestre a raggiungere la superficie del pianeta rosso, anche se si schiantò in fase di atterraggio. Il primo successo (ancorché parziale) fu raggiunto da Mars 3, lanciato il 28 maggio 1971 da Baikonur. La sonda era costituita da un orbiter (che avrebbe compiuto orbitazioni attorno a Marte) e da un Lander, modulo che avrebbe dovuto compiere l’atterraggio sulla superficie del pianeta liberando il Rover Prop-M che avrebbe dovuto esplorare il terreno e l’atmosfera marziani. Il viaggio durò circa sei mesi, durante i quali Mars 3 inviò in Urss preziosi dati. Atterrò su Marte senza danni il 2 dicembre 1971. Il successo tuttavia fu vanificato dalla brusca interruzione delle trasmissioni con la terra dopo soli 20 secondi a causa, secondo le ipotesi più accreditate, dell’effetto di una violenta tempesta marziana che danneggiò l’equipaggiamento di bordo. Solo un’immagine buia e sfocata fu tutto quello che i sovietici ebbero dall’attività di Mars 3. L’orbiter invece proseguì la sua missione continuando l’invio di dati e immagini, dalle quali fu possibile identificare la superficie montagnosa del pianeta e la composizione della sua atmosfera, fino al 22 agosto 1972.
Sui giornali occidentali furono riportate poche notizie, imprecise e incomplete a causa della difficoltà di reperire notizie oltre la Cortina di ferro così la certezza dell’atterraggio di Mars 3 arrivò solamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Gli americani ripresero le redini del successo anche su Marte, e nel 1976 la sonda Viking atterrò sul pianeta rosso. L’Urss abbandonò invece le missioni Mars nel 1973 a causa degli elevatissimi costi e della scarsa influenza sull’opinione pubblica, avviandosi verso la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan alla fine del decennio.
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