L’amministratore delegato di Sogei (Società generale di informatica Spa, controllata dal al 100 per cento dal ministero dell’Economia) Cristiano Cannarsa è indagato per tentato peculato ed è stato perquisito ieri insieme con l’imprenditrice Stefania Ranzato, titolare della Deas Difesa e analisti sistemi Spa, società che si occupa di cybersicurezza e intelligenza artificiale. Per la Procura di Roma Cannarsa avrebbe provato a far adottare dalla Sogei un prodotto della Deas (indagato per la legge sulla responsabilità delle società) per la gestione di un sistema documentale attraverso l’Ia. Un software del valore di 1,68 milioni di euro, ma che, secondo il grande accusatore di Cannarsa, l’ex dg Paolino Iorio, «poteva essere realizzato con non più di 200.000 euro». Questo sarebbe stato il valore di mercato. I pm hanno ordinato anche un sequestro probatorio e la Guardia di finanza ha ispezionato gli uffici della società e l’abitazione del manager (dove sarebbero stati trovati oltre 100.000 euro in contanti) in cerca di riscontri alle accuse che nascono da quanto messo a verbale il 10 dicembre scorso da Iorio, arrestato in flagranza di reato lo scorso 15 ottobre mentre incassava una mazzetta da 15.000 euro (ha successivamente ammesso di avere intascato tangenti per 100.000 euro). Iorio ha chiesto di poter patteggiare una pena di 3 anni e su questa istanza il gip dovrà decidere entro marzo. Nel corso dell’interrogatorio l’ex dg, licenziato da Sogei, ha raccontato che il suo capo lo aveva demansionato costringendolo a occuparsi «solo della parte tecnica» e non più di «acquisti e contabilità», incarico delegato a un altro dg. Decisione che, considerato il successivo arresto per corruzione di Iorio, non appare particolarmente azzardata. Qualcuno fa notare che il contratto in questione non è mai stato firmato, e che l’accusa sarebbe di aver cercato di far accedere la Deas a una convenzione Consip già assegnata a mezzo gara un anno prima. A parziale riscontro della dichiarazioni di Iorio la Procura indica «un numero complessivamente modesto di contatti telefonici tradizionali», 16, tra gli indagati; le «localizzazioni», tramite telefonino, dei due negli stessi luoghi in sei occasioni; le dichiarazioni di un paio di dipendenti Sogei che hanno trovato strano che l’ad perorasse la causa di un fornitore; i messaggi Whatsapp di «critica aspra» nei confronti di un tecnico Sogei inviati da Cannarsa a Iorio; un paio di intercettazioni di terze persone sui rapporti di lavoro e sentimentali tra l’ad e l’imprenditrice. Gli investigatori, ieri, sono andati a caccia di qualcosa di più sostanzioso. Cannarsa ha espresso «fiducia nell’operato della magistratura», e dall’azienda si sono detti certi di «un celere chiarimento della posizione dell’ad».
L’indagine sul manager di Sogei (partner tecnologico del ministero dell’Economia e delle finanze) beccato mentre un imprenditore del settore digitale, il romano Massimo Rossi, gli consegnava una mazzetta potrebbe avere una genesi sorprendente. Infatti da mesi i pm Lorenzo Del Giudice e Gianfranco Gallo stavano indagando su un doppio filone d’inchiesta per un’ipotesi di corruzione tra privati che coinvolge alcuni manager della Tim, il colosso italiano delle telecomunicazioni. Una notizia che potrebbe spiazzare. Infatti da giorni i media raccontano che l’indagine ha puntato dritta sul progetto Starlink della SpaceX di Elon Musk, quello dei satelliti a bassa orbita da usare per le connessioni internet, un progetto che potrebbe mettere fuori gioco la fibra e di conseguenza avrebbe favorito chi sulla rete tradizionale aveva scommesso, a partire proprio da Tim e poi da Kkr, il fondo statunitense che dalla compagnia telefonica ha appena acquisito l’infrastruttura di rete fissa. Infatti la Procura, come detto, starebbe indagando anche sui manager di Tim.
Un’indagine trasversale, se si pensa che Starlink ha presentato contro Telecom Italia un esposto accusando l’azienda italiana di non aver rispettato le normative sulla condivisione dei dati dello spettro, provocando possibili interferenze e ritardi nei servizi offerti da Musk (Tim ha respinto l’accusa, definendola una ricostruzione parziale e affermando che è in corso un confronto).
Dunque Rossi, secondo gli inquirenti capitolini, non avrebbe provato a corrompere solo i manager di Sogei, ma ci avrebbe già provato con quelli di Tim per favorire gli affari delle aziende a lui riconducibili, da Digital value Spa a Iltaware srl a Ltd solutions Spa.
La corruzione tra privati è considerato un reato meno grave rispetto alla corruzione di funzionari pubblici ipotizzata nel procedimento sulla Sogei, ma è da quella prima ipotesi che sarebbe partita l’inchiesta.
L’indagine che coinvolge Tim si divide in due diversi filoni. Il primo è partito proprio dalla presunta attività di corruzione messa in moto da Rossi, che poi si sarebbe estesa a Sogei. A Piazzale Clodio i pubblici ministeri Del Giudice e Gallo avrebbero iscritto sul registro degli indagati almeno cinque tra manager e dipendenti di Tim, tutti impegnati in settori legati alla digitalizzazione delle comunicazioni. Sotto inchiesta dirigenti attivi in funzioni come Rete digitale, Procurement, Ingegneria e Vendite. Un paio di loro lavorerebbe a Noovle (la società di Tim che si occupa del settore cloud) e in Sparkle, l’azienda di Telecom che fornisce servizi di telecomunicazioni internazionali in Italia. Sotto inchiesta anche una donna.
Lo scenario, già ingarbugliato, si è ulteriormente complicato l’estate scorsa, quando Tim ha venduto la sua rete fissa (in un’operazione che varrebbe fino a 22 miliardi di euro) al fondo statunitense Kkr, mediante il conferimento in Fibercoop (società controllata al 58 per cento da Tim) del ramo d’azienda che comprende l’infrastruttura e le attività wholesale, e la successiva acquisizione dell’intero capitale di Fibercoop dalla Optics BidCo, società controllata da Kkr. L’organico di Tim è sceso quindi da 37.065 persone a 17.281. I nuovi assetti aziendali potrebbero rimescolare le carte anche nel procedimento giudiziario.
Ma veniamo al secondo filone che riguarda i dirigenti di Tim. Questo ha origine da uno stralcio proveniente dalla Procura di Milano a seguito di indagini svolte dal Gico della Guardia di finanza del capoluogo meneghino e vedrebbe coinvolta anche la società Ntt Data Italia Spa, multiutility delle comunicazioni che tra i suoi dipendenti annoverava Carmelo Miano, il ventiquattrenne hacker di Gela che è riuscito a penetrare i sistemi informatici di Procure, ministeri e aziende. Ma questa è un’altra storia.
Ntt data è partner di Tim in diverse commesse, dal monitoraggio delle condotte dell’acqua pubblica allo sviluppo della realtà virtuale con l’intelligenza artificiale, passando per varie iniziative formative. Alcune delle quali le due aziende le avrebbero messe in campo anche con Cisco, che è una delle aziende citate nel procedimento su Sogei, nel quale si ipotizza che alcune informazioni privilegiate da Cisco sarebbero state veicolate a beneficio di Rossi proprio in concomitanza con una delle gare finite sotto la lente degli inquirenti. Ma questa potrebbe essere solo una coincidenza.
Mentre le indagini sui dipendenti Tim sono andate avanti per mesi nel massimo riserbo, il filone su Sogei, nato probabilmente intercettando e pedinando Rossi, ha subito una brusca accelerazione perché, mentre gli investigatori del Nucleo valutario della Guardia di finanza intercettavano Paolino Iorio, il direttore generale dell’area business di Sogei (che con i pm si sarebbe difeso dicendo di non sapere come gli erano finiti in tasca quei soldi), hanno intuito che proprio la sera dell’arresto in flagranza Rossi era pronto a consegnare la mazzetta. Che si inserirebbe in una elargizione più ampia: gli investigatori parlano di circa 100.000 euro (ma ai dipendenti pubblici indagati, tra i quali un capitano di corvetta della Marina militare e un poliziotto distaccato al ministero dell’Interno, sarebbero stati offerti anche viaggi, prodotti hi-tech, abbonamenti allo stadio e capi griffati). La brusca accelerazione investigativa ha prodotto quindi l’ampia discovery sugli indagati, tra i quali c’è Andrea Stroppa, lo smanettone di Tor Pignattara, già punta di diamante «unofficial» della Bestia social di Matteo Renzi e autore delle ricerche anti Lega e Movimento 5 stelle presentate alla Leopolda (analisi che finirono, grazie ai contatti del Giglio magico, sul New York times e sul sito Buzzfeed, lo stesso dell’audio trappola del Metropol), oggi braccio operativo di Musk in Italia, tanto da accompagnare il magnate al primo incontro a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni. Stroppa, che avrebbe avuto diversi contatti con Rossi, è sospettato di aver ricevuto un documento della Farnesina con «la valutazione del progetto finalizzato all’impiego con scopi militari prima e dual use dopo delle tecnologie satellitari fornite dall’azienda americana Space X». Uno dei capitoli centrali dell’inchiesta, sebbene, affermano gli inquirenti, ancora «in corso di evoluzione». La velina (che per il ministero degli Esteri non sarebbe un documento riservato, contenente un elenco di esigenze, come il numero di ambasciate e consolati da collegare al sistema Starlink, nel caso in cui il progetto fosse proseguito) sarebbe finita prima nelle mani di un ufficiale della Marina militare, Antonio Angelo Masala, capitano di fregata distaccato allo Stato maggiore della Difesa, e poi, sospettano gli inquirenti, a Stroppa. Che ha subito gridato al complotto: «Vogliono fermarci». Ieri Musk sulla piattaforma social di sua proprietà, «X», lo ha invitato a «non mollare mai». D’altra parte, al centro della questione c’è in ballo la posta miliardaria del Pnrr sulla digitalizzazione che viaggia in ritardo. Starlink promette la connessione in pochi mesi e a costi molto più contenuti rispetto alla fibra. Al momento della discovery dell’indagine su Sogei e Stroppa, lo scenario sembrava aver creato un grosso ostacolo nell’affare Starlink. Nessuno poteva immaginare che l’indagine fosse intrecciata con quella sui manager di Tim.
L’indagine sul manager di Sogei (partner tecnologico del ministero dell’Economia e delle finanze) beccato mentre un imprenditore del settore digitale, il romano Massimo Rossi, gli consegnava una mazzetta potrebbe avere una genesi sorprendente. Infatti da mesi i pm Lorenzo Del Giudice e Gianfranco Gallo stavano indagando su un doppio filone d’inchiesta per un’ipotesi di corruzione tra privati che coinvolge alcuni manager della Tim, il colosso italiano delle telecomunicazioni. Una notizia che potrebbe spiazzare. Infatti da giorni i media raccontano che l’indagine ha puntato dritta sul progetto Starlink della SpaceX di Elon Musk, quello dei satelliti a bassa orbita da usare per le connessioni internet, un progetto che potrebbe mettere fuori gioco la fibra e di conseguenza avrebbe favorito chi sulla rete tradizionale aveva scommesso, a partire proprio da Tim e poi da Kkr, il fondo statunitense che dalla compagnia telefonica ha appena acquisito l’infrastruttura di rete fissa. Infatti la Procura, come detto, starebbe indagando anche sui manager di Tim.
Un’indagine trasversale, se si pensa che Starlink ha presentato contro Telecom Italia un esposto accusando l’azienda italiana di non aver rispettato le normative sulla condivisione dei dati dello spettro, provocando possibili interferenze e ritardi nei servizi offerti da Musk (Tim ha respinto l’accusa, definendola una ricostruzione parziale e affermando che è in corso un confronto).
Dunque Rossi, secondo gli inquirenti capitolini, non avrebbe provato a corrompere solo i manager di Sogei, ma ci avrebbe già provato con quelli di Tim per favorire gli affari delle aziende a lui riconducibili, da Digital value Spa a Iltaware srl a Ltd solutions Spa.
La corruzione tra privati è considerato un reato meno grave rispetto alla corruzione di funzionari pubblici ipotizzata nel procedimento sulla Sogei, ma è da quella prima ipotesi che sarebbe partita l’inchiesta.
L’indagine che coinvolge Tim si divide in due diversi filoni. Il primo è partito proprio dalla presunta attività di corruzione messa in moto da Rossi, che poi si sarebbe estesa a Sogei. A Piazzale Clodio i pubblici ministeri Del Giudice e Gallo avrebbero iscritto sul registro degli indagati almeno cinque tra manager e dipendenti di Tim, tutti impegnati in settori legati alla digitalizzazione delle comunicazioni. Sotto inchiesta dirigenti attivi in funzioni come Rete digitale, Procurement, Ingegneria e Vendite. Un paio di loro lavorerebbe a Noovle (la società di Tim che si occupa del settore cloud) e in Sparkle, l’azienda di Telecom che fornisce servizi di telecomunicazioni internazionali in Italia. Sotto inchiesta anche una donna.
Lo scenario, già ingarbugliato, si è ulteriormente complicato l’estate scorsa, quando Tim ha venduto la sua rete fissa (in un’operazione che varrebbe fino a 22 miliardi di euro) al fondo statunitense Kkr, mediante il conferimento in Fibercoop (società controllata al 58 per cento da Tim) del ramo d’azienda che comprende l’infrastruttura e le attività wholesale, e la successiva acquisizione dell’intero capitale di Fibercoop dalla Optics BidCo, società controllata da Kkr. L’organico di Tim è sceso quindi da 37.065 persone a 17.281. I nuovi assetti aziendali potrebbero rimescolare le carte anche nel procedimento giudiziario.
Ma veniamo al secondo filone che riguarda i dirigenti di Tim. Questo ha origine da uno stralcio proveniente dalla Procura di Milano a seguito di indagini svolte dal Gico della Guardia di finanza del capoluogo meneghino e vedrebbe coinvolta anche la società Ntt Data Italia Spa, multiutility delle comunicazioni che tra i suoi dipendenti annoverava Carmelo Miano, il ventiquattrenne hacker di Gela che è riuscito a penetrare i sistemi informatici di Procure, ministeri e aziende. Ma questa è un’altra storia.
Ntt data è partner di Tim in diverse commesse, dal monitoraggio delle condotte dell’acqua pubblica allo sviluppo della realtà virtuale con l’intelligenza artificiale, passando per varie iniziative formative. Alcune delle quali le due aziende le avrebbero messe in campo anche con Cisco, che è una delle aziende citate nel procedimento su Sogei, nel quale si ipotizza che alcune informazioni privilegiate da Cisco sarebbero state veicolate a beneficio di Rossi proprio in concomitanza con una delle gare finite sotto la lente degli inquirenti. Ma questa potrebbe essere solo una coincidenza.
Mentre le indagini sui dipendenti Tim sono andate avanti per mesi nel massimo riserbo, il filone su Sogei, nato probabilmente intercettando e pedinando Rossi, ha subito una brusca accelerazione perché, mentre gli investigatori del Nucleo valutario della Guardia di finanza intercettavano Paolino Iorio, il direttore generale dell’area business di Sogei (che con i pm si sarebbe difeso dicendo di non sapere come gli erano finiti in tasca quei soldi), hanno intuito che proprio la sera dell’arresto in flagranza Rossi era pronto a consegnare la mazzetta. Che si inserirebbe in una elargizione più ampia: gli investigatori parlano di circa 100.000 euro (ma ai dipendenti pubblici indagati, tra i quali un capitano di corvetta della Marina militare e un poliziotto distaccato al ministero dell’Interno, sarebbero stati offerti anche viaggi, prodotti hi-tech, abbonamenti allo stadio e capi griffati). La brusca accelerazione investigativa ha prodotto quindi l’ampia discovery sugli indagati, tra i quali c’è Andrea Stroppa, lo smanettone di Tor Pignattara, già punta di diamante «unofficial» della Bestia social di Matteo Renzi e autore delle ricerche anti Lega e Movimento 5 stelle presentate alla Leopolda (analisi che finirono, grazie ai contatti del Giglio magico, sul New York times e sul sito Buzzfeed, lo stesso dell’audio trappola del Metropol), oggi braccio operativo di Musk in Italia, tanto da accompagnare il magnate al primo incontro a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni. Stroppa, che avrebbe avuto diversi contatti con Rossi, è sospettato di aver ricevuto un documento della Farnesina con «la valutazione del progetto finalizzato all’impiego con scopi militari prima e dual use dopo delle tecnologie satellitari fornite dall’azienda americana Space X». Uno dei capitoli centrali dell’inchiesta, sebbene, affermano gli inquirenti, ancora «in corso di evoluzione». La velina (che per il ministero degli Esteri non sarebbe un documento riservato, contenente un elenco di esigenze, come il numero di ambasciate e consolati da collegare al sistema Starlink, nel caso in cui il progetto fosse proseguito) sarebbe finita prima nelle mani di un ufficiale della Marina militare, Antonio Angelo Masala, capitano di fregata distaccato allo Stato maggiore della Difesa, e poi, sospettano gli inquirenti, a Stroppa. Che ha subito gridato al complotto: «Vogliono fermarci». Ieri Musk sulla piattaforma social di sua proprietà, «X», lo ha invitato a «non mollare mai». D’altra parte, al centro della questione c’è in ballo la posta miliardaria del Pnrr sulla digitalizzazione che viaggia in ritardo. Starlink promette la connessione in pochi mesi e a costi molto più contenuti rispetto alla fibra. Al momento della discovery dell’indagine su Sogei e Stroppa, lo scenario sembrava aver creato un grosso ostacolo nell’affare Starlink. Nessuno poteva immaginare che l’indagine fosse intrecciata con quella sui manager di Tim.
L’indagine che scuote i vertici di Sogei, la società informatica del ministero dell’Economia e delle finanze, e che coinvolge anche i ministeri della Difesa e dell’Interno, sembra allargarsi a macchia d’olio. L’arresto in flagranza, lunedì sera, di Paolino Iorio, direttore generale dell’area Business di Sogei, ha attivato una potente discovery. Bloccato dalla Guardia di finanza con una busta contenente 15.000 euro, Iorio avrebbe ricevuto denaro dall’imprenditore arrestato con lui, Massimo Rossi (che si è avvalso della facoltà di non rispondere), in un sistema di tangenti che, secondo le accuse dei pm Lorenzo Del Giudice e Gianfranco Gallo, si protrarrebbe dal febbraio 2023. Nel corso degli interrogatori, il manager avrebbe confermato di aver avuto contatti frequenti con l’imprenditore tramite un telefono mobile «dedicato». Gli incontri, secondo la ricostruzione dell’accusa, sarebbero avvenuti due volte al mese, ma non sempre con scambi di denaro. In totale, Iorio ha dichiarato di aver intascato «circa 100.000 euro in nero» per un appalto da 98,6 milioni di euro. Che non è l’unico finito sotto i riflettori. Ce n'è un secondo, da 20 milioni, che è passato tramite la Consip, la centrale di committenza della pubblica amministrazione, nel quale avrebbe avuto un ruolo centrale un poliziotto, Amato Fusco, napoletano che vive a Roma, dipendente del ministero dell’Interno e direttore della Terza divisione del Servizio telecomunicazioni della polizia di Stato.
La sua compagna, Michela Carillo Ambrosio, sarebbe titolare, secondo gli accertamenti preliminari della Guardia di finanza, di 10.000 euro di azioni della Olidata (società indagata, che ha fatto sapere di essere a disposizione degli inquirenti). E Fusco, che avrebbe svolto «un ruolo nella procedura», si è scoperto che avrebbe incontrato diverse volte Massimo Rossi. Uno degli incontri sarebbe avvenuto proprio prima della formalizzazione della convenzione Consip. Risultato: nella catena di vendita sarebbe entrata Olidata, proprio «dietro indirizzo di Fusco». Nei suoi supporti informatici gli investigatori hanno cercato più di una parola chiave. Compresa «As Roma». Perché dalle intercettazioni telefoniche è emerso che Olidata aveva un palchetto all’Olimpico (in verità ce l’ha anche per le partite della Lazio), per le ospitate su invito. E dove probabilmente Fusco potrebbe essersi incrociato con Rossi. Le parole «segreto» e «riservatissimo» e «sicurezza» sono invece al centro delle ricerche nei supporti informatici di Andrea Stroppa, lo smanettone di Tor Pignattara, già punta di diamante «unofficial» della Bestia social di Matteo Renzi e autore delle ricerche anti Lega e Movimento 5 stelle presentate alla Leopolda (analisi che finirono, grazie ai contatti del Giglio magico, sul New York times e sul sito Buzzfeed, lo stesso dell’audio trappola del Metropol), oggi braccio operativo di Elon Musk in Italia, tanto da accompagnare il magnate al primo incontro a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni. Stroppa è sospettato di aver ricevuto un documento della Farnesina con «la valutazione del progetto finalizzato all’impiego con scopi militari prima e dual use dopo delle tecnologie satellitari fornite dall’azienda americana Space X». E questo è il terzo capitolo dell’inchiesta, sebbene, affermano gli inquirenti, ancora «in corso di evoluzione». La velina sarebbe finita prima nelle mani di un ufficiale della Marina militare, Antonio Angelo Masala, capitano di fregata distaccato allo Stato maggiore della Difesa, e poi, sospettano gli inquirenti, a Stroppa. Il ministero degli Esteri ha precisato che non dovrebbe trattarsi di un documento riservato, così come invece sostengono i pm nel decreto di perquisizione, ma di un documento interno (e comunque probabilmente coperto da segreto), con «un elenco di necessità espresse dal ministero (il numero delle ambasciate e consolati) da collegare al sistema» satellitare Starlink «se eventualmente fosse andata avanti». Il tutto sarebbe avvenuto nel corso dell’evoluzione della questione Starlink, che comprende pure le tensioni con la Tim, accusata dagli americani di ostacolare la condivisione dello spettro delle frequenze. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, invece ha commentato l’arresto durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi, affermando: «Sta lavorando la magistratura, aspettiamo il suo lavoro. Non vedo cosa possiamo fare di più rispetto a un arresto in flagranza». Nel frattempo, la commissione parlamentare di Vigilanza sull’Anagrafe tributaria ha convocato per la prossima settimana il presidente e l’amministratore delegato di Sogei. Mentre il cda di Sogei, convocato d’urgenza, ha deliberato la revoca immediata di tutte le cariche, gli incarichi e le Procure conferite a Iorio, oltre all’invio di una nota informativa alla Procura della Corte dei conti, al conferimento del mandato a un avvocato penalista a tutela di Sogei e all’avvio di un audit interno. Anche lo Stato maggiore della Difesa ha diramato una nota, assicurando piena collaborazione con le autorità inquirenti e sottolineando che i comportamenti emersi dall’indagine «sono in totale contrasto con i valori e i principi delle Forze armate».
Probabilmente gli investigatori della Guardia di finanza lo seguivano da tempo, dopo aver intercettato sospette triangolazioni che hanno portato gli inquirenti dritti alla Sogei, il partner tecnologico del ministero dell’Economia, una società al 100% pubblica, il cui direttore generale, Paolino Iorio, è stato arrestato in flagranza mentre avrebbe intascato una mazzetta da 15.000 euro. Ma quello che sembra un semplice caso di corruzione, a leggere gli atti dell’inchiesta della Procura di Roma, che procede anche per il reato di turbativa d’asta, si rivela subito come una potenziale parte di un intrigo complesso, che coinvolge anche Andrea Stroppa, brillante informatico considerato l’uomo di fiducia di Elon Musk in Italia, tanto da accompagnare il magnate a Palazzo Chigi al primo incontro con Giorgia Meloni, che gli indagati nelle chat appellano a volte come «nerd», altre come «ragazzino». La vicenda intreccia interessi economici e tecnologia. E si estende indirettamente sull’asse Italia-Usa, dove Musk si è schierato a sostegno di Donald Trump (lo stesso Stroppa non ha nascosto simpatie per il tycoon).
A Iorio, che si trova ai domiciliari, viene contestata la corruzione perché «in qualità prima di direttore infrastrutture e data center e poi di direttore generale della società a partecipazione pubblica», si legge nel capo d’imputazione, «indebitamente riceveva in più occasioni, per l’esercizio delle sue funzioni, somme di denaro da Massimo Rossi (ai domiciliari anche lui, ndr)», uomo delle società Italware srl e Itd solution spa. Secondo i procuratori aggiunti Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, che coordinano le indagini, la Sogei si sarebbe impegnata «ad acquistare prodotti e servizi per un valore complessivo di 98,6 milioni di euro (da Italware srl) e 5,7 milioni (da Itd solution spa)». Dopo l’arresto sono scattate 31 perquisizioni che hanno coinvolto 14 società: Italware srl, Dimira srl, Olidata spa, Sferanet srl, Itd solution spa, Digital value spa, Innovery spa, Vipa impiantti srl, Buildings vamp srl, Albamar srl, Samar srl, Business solutions srls, Mondostore srl e Ismart srl.
Nel decreto disposto dalla Procura viene descritto un «articolato sistema corruttivo [...] con ramificazioni sia all’interno del ministero della Difesa, sia in Sogei e sia infine al ministero dell’Interno». È dalle intercettazioni sulle utenze dell’imprenditore che sarebbero emersi «i contatti» con un militare che nel cellulare dell’indagato era stato memorizzato come «Antonio della Difesa». Un uomo al quale gli investigatori sarebbero riusciti a dare un nome e un volto: quello del capitano di fregata della Marina militare Antonio Angelo Masala. Il militare, distaccato al Sesto reparto Sistemi C41 dello stato maggiore della Difesa, secondo la Procura, nell’ambito di una fornitura da 18 milioni di euro, avrebbe avanzato richieste di compensi: «Ancora non mi hanno dato gli economici», si fa scappare a telefono. Ma l’intrigo vedrebbe Masala in stretti rapporti anche con Olidata, società di cui, secondo l’accusa, sarebbe socio occulto tramite la moglie, Valentina Patrignani, titolare di 3 milioni di euro di azioni. Olidata ha subito fatto sapere di essere disposta «a collaborare in ogni fase delle indagini». Il presidente del cda, Cristiano Rufini, che è indagato, confida «nel lavoro delle autorità» e si dice certo «che la trasparenza delle azioni verrà chiarita».
Ma è a questo punto che si innesca un vero e proprio giallo delle coincidenze. L’indagine sembra muoversi sullo sfondo dei rapporti tra Musk e il governo italiano, che proprio ieri, tramite il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alessio Butti, che ha delega all’Innovazione, aveva mostrato in una intervista al Corriere della sera un certo interesse per il sistema Starlink di Musk, che potrebbe rivoluzionare l’accesso a Internet nelle zone rurali del Paese, in una operazione che potrebbe mettere in difficoltà Open fiber e Fibercop, preferendo il sistema satellitare alla fibra. È in questa fase che Masala avrebbe appreso informazioni riservate. Tutte basate su ciò che altri gli avrebbero riferito, aggiungendo una certa ambiguità a questa storia. Masala, secondo l’accusa, avrebbe fornito a Stroppa «notizie riservate in ordine a decisioni assunte nel corso di riunioni ministeriali», alle quali è ovvio che non ha preso parte. La ambiguità non sono terminate. Masala avrebbe giocato su due tavoli: se da una parte avrebbe programmato con Rufini «l’inserimento di Olidata nell’affare […]», scrive la Procura, dall’altro avrebbe svolto l’attività di informazione «a beneficio di Stroppa». E sarebbe stato proprio Masala, dopo aver saputo del progetto orientato al sistema satellitare, ad agganciare l’informatico. Che ieri sulla piattaforma di Musk «X» ha rilanciato un post che aveva scritto due giorni prima con questo testo: «Stiamo lavorando per far diventare l’Italia grande partner di Spacex». E l’ha accompagnato con parole che adombrano l’esistenza di un complotto: «Qualcuno sta provando a fermarci, un giorno scriverò un libro». Il tutto in coincidenza con la perquisizione che ha subito anche lui.
«Voglio precisare», ha poi spiegato Stroppa, «che i rapporti con i pubblici ufficiali sono stati improntati alla massima correttezza. Ho peraltro fornito totale collaborazione agli inquirenti». Le relazioni tra Stroppa e il militare, che i pm descrivono come «una vicenda in corso di evoluzione», si sarebbero consumate in parallelo con l’evoluzione della questione Starlink, che comprende pure tensioni con la Tim, accusata dagli americani di ostacolare la condivisione dello spettro delle frequenze. Le coincidenze disegnano un quadro preoccupante. E ora nei supporti informatici del «nerd», sospettato di aver ricevuto un documento della Farnesina con «la valutazione del progetto finalizzato all’impiego con scopi militari prima e dual use dopo delle tecnologie satellitari fornite dall’azienda americana Spacex», gli investigatori hanno cercato queste parole: «Pacchi, Napoli, Amleto, bonifico, red coral, digital value, centro direzionale». Il codice segreto per sbrogliare quello che appare come un enigma. Per ora.






