
Nel suo libro, Irene Soave mostra i breviari che spiegavano alle donne come si dice di no. Senza aizzare la guerra tra sessi.Nell'era funesta del Me too è illuminante la lettura di un libro appena pubblicato da Bompiani. S'intitola Galateo per ragazze da marito, e lo ha scritto la giornalista Irene Soave. È un viaggio molto gustoso fra i «manuali per signore e signorine» pubblicati dall'unità d'Italia in avanti, senza dimenticare i volumi usciti dopo il Sessantotto.C'è però un capitolo particolare sul quale vale la pena soffermarsi, quello intitolato «Concedersi o non concedersi». Esamina i consigli che i vari manuali offrivano alle fanciulle al fine di evitare, o comunque rifiutare, le avance sgradite dei maschi. Alcune indicazioni sono favolose: «Mangiucchiate di continuo. Tutte le volte che è sul punto di baciarvi, cacciatevi in bocca un pezzetto di dolce, un candito, un tarallo». Immaginiamo che, considerata l'attuale ossessione per la linea, tale consiglio non verrà mai seguito dalle ragazze d'oggi. Meglio forse quest'altro: «La sigaretta può diventare un eccellente muro di difesa. Basterà una lievissima ustione o un semplice accenno di bruciatura perché il troppo intraprendente cavaliere rinunci a stringervi tra le braccia una seconda volta». Vero è che con la sigaretta elettronica al massimo si può affumicare l'ometto troppo baldanzoso, non ustionarlo. Il punto, però, non è il metodo, ma l'atteggiamento. Il libro della Soave mostra che «le signorine anni Cinquanta - che poi erano le nostre nonne - si trovavano invece già di fronte a una generazione di smagati poco inclini alle smancerie». Tuttavia, sapevano come destreggiarsi, come evitare e rispedire al mittente gli approcci molesti, come cavarsi dagli impicci con grazia ed eleganza. Lo sapevano anche perché veniva loro insegnato, se non dalle madri o dalle zie, dai manuali di galateo. Intendiamoci: qui parliamo di indebite pressioni, di complimenti eccessivi, di tentativi di seduzione inopportuni e fuori luogo, non di molestie pesanti o violenze. Oggi si tende a fare confusione e a mettere tutto sullo stesso piano, ma c'è differenza: la violenza non si può evitare (o comunque è quasi impossibile farlo), anche se ci si prova. Più facile è rifiutare una profferta indesiderata. Cosa che, però, le donne dei nostri tempi sembrano divenute incapaci di fare. Almeno così sembra quando si sentono parlare le vestali del Me too (americane ma pure italiane). Sentiamo vaneggiare di contratti pre incontro sessuale utili a ottenere il consenso all'atto. Assistiamo alle confessioni di attricette che raccontano di non aver proprio potuto evitare di finire a letto con il regista famoso e potente. Soprattutto, oltre a tutto questo, si avverte uno strano smarrimento nelle nuove generazioni.«Non viviamo in un'epoca», nota la Soave, «in cui le signorine del bon ton, la Chiesa, i genitori possano più trovare alcunché da eccepire» di fronte a un primissimo appuntamento che finisce a letto. La cosiddetta «rivoluzione sessuale» ha reso tutto più semplice, ma allo stesso tempo molto confuso. A rifiutare l'incontro sessuale si rischia persino di far brutta figura. Concedersi è la norma, ma la questione è aperta: «Oggi se una signorina ne ha voglia, nessuno le impedisce nulla. Ma se non ne ha tanta voglia? Sarà normale?», scrive la Soave. Da questa confusione nascono le follie burocratiche del Me too. Alle «ragazze da marito» di un tempo veniva chiarito che, volendo, potevano rifiutarsi anche energicamente. Magari a volte non riuscivano a farlo, loro malgrado, ma venivano invitate a difendersi e a preservarsi. Oggi, da una parte le si invita a non farsi troppo problemi e dall'altra a frignare a fatto avvenuto, specie se il «fatto» non ha portato i benefici sperati. Sia chiaro: nessuno qui vuol fare il bacchettone. È una questione di consapevolezza, di educazione e di vecchie, sane, buone maniere. Al maschio intemperante si può anche rispondere «no, grazie». Anche se c'è qualcuno che spinge perché si stimoli prima il desiderio e poi lo si tenti di imbrigliarlo tramite apposito contratto. Talvolta, liberalizzare i costumi non aumenta il piacere né la libertà, ma solo la confusione.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.





