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Addio al limite del doppio mandato: il M5s dà la pistola carica a Di Maio

Addio al limite del doppio mandato: il M5s dà la pistola carica a Di Maio
ANSA
  • Al raduno di Ivrea cade il tabù più qualificante: via libera alla ricandidatura degli eletti. Un modo per evitare gli «acquisti» di deputati e dare potere contrattuale al capo politico. Che ieri ha litigato ancora con Matteo Salvini.
  • Il problema è trovare la legge che (almeno questa volta) faccia governare chi vince. Per superare il Rosatellum, o maggioritario puro o un Porcellum con premio al vincitore. Restano il nodo coalizioni e il rebus Colle.
  • Le amministrative entrano nella partita sul nuovo esecutivo. Alle urne in tre Regioni e 20 capoluoghi. Leghisti e grillini puntano a rimarcare la propria crescita conquistando Friuli e Molise.

Lo speciale contiene tre articoli.

Il problema è trovare la legge che (almeno questo volta) faccia governare chi vince

Non è un caso se Sergio Mattarella ha fatto trapelare il suo «no» ad elezioni anticipate proprio domenica, giorno in cui sono iniziate le schermaglie più forti tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio (proseguite a distanza tutto ieri). Il Quirinale ha diffuso la preoccupazione per il prossimo vertice europeo (28-29 giugno) per il quale serve un governo operativo. Sottotesto: o vi date una mossa o vi tenete Paolo Gentiloni.

Per quanto l'appuntamento sia in effetti molto importante (si discuterà di riforma dell'Eurozona, revisione del trattato di Dublino e nuovo budget comunitario del primo settennato post Brexit, tutti temi cruciali per noi e per i partner), c'è molta tattica nell'allerta del Colle. Almeno quanta ce n'è nel bisticcio continuo tra Lega e grillini sul coinvolgimento al governo di Silvio Berlusconi. Il cui vero problema non è ovviamente il profilo personale, quanto il fatto che la sua presenza al governo consente alla Lega di giocare da azionista di maggioranza, permettendo al Carroccio di non essere più «piccolo» del M5s.

Il braccio di ferro passa ora dalla minaccia di voto anticipato, il cui canovaccio è stato abbondantemente illustrato dalla Verità nelle settimane successive al 4 marzo. Il ritorno alle urne non è una pistola scarica per il semplice fatto grillini e Lega, se uniti e compatti, posso opporsi assieme in modo efficace a qualunque ipotesi di governo che li veda esclusi. Da ciò discende il fatto che è obiettivamente molto complesso «congelare» la situazione oltre un certo limite istituzionale, al netto della moral suasion del Colle. Quanto può andare avanti un esecutivo incaricato degli affari ordinari, la cui sintesi politica è uscita punita dalle urne, e senza un Parlamento che di fatto possa approvargli atti legislativi in sintonia?

Piuttosto, il vero collo di bottiglia si chiama legge elettorale. Per quanto i sondaggi diano in crescita sia la Lega sia il Movimento 5 stelle, è piuttosto evidente che a distanza di pochi mesi difficilmente il risultato con queste regole del gioco potrebbe fornire un esito completamente diverso da quello del 4 marzo, e cioè consentire poi la formazione di un esecutivo più lineare.

La forza di Di Maio e Salvini a questo punto è quella di poter imporre in Aula una legge elettorale anche senza il consenso di altri, Forza Italia compresa. Ma la Lega, come si è visto in questi giorni, non ha interesse a rompere con l'alleato. D'altro canto, Di Maio ha bisogno di un sistema elettorale che garantisca il più possibile la realizzabilità della promessa di ricandidare tutti gli eletti, che altrimenti avrebbero un motivo per voltargli le spalle, e cercare altre soluzioni per rimanere in Parlamento.

Dunque? Un maggioritario puro, che venga plasmato su un nuovo «bipolarismo populista», sarebbe contemporaneamente un rischio e una soluzione: un modo per entrambi i partiti di andare all'ok corral sapendo di rischiare il tutto per tutto. Ma chi vince, porterebbe a casa il massimo della posta, e comunque i rivali sarebbero, a meno di grossi cambiamenti nell'urna, ridotti davvero ai minimi termini.

Un'altra soluzione sarebbe rappresentata da un proporzionale con un forte premio ai vincitori. In sostanza, un Porcellum riveduto e corretto. Qui però si aprirebbe il primo problema: il bonus andrebbe al partito o alla coalizione? Perché nel primo caso difficilmente la Lega, che ha preso 14 punti meno dei 5 stelle, potrebbe avere interesse a votare una legge simile. Viceversa, il premio alla coalizione non interessa ai grillini, che corrono quasi per definizione da soli, mentre potrebbe rappresentare un efficace modo per Salvini di tirare dentro Forza Italia e prolungare il senso della coalizione che ha pur sempre vinto le elezioni un mese fa.

Da ultimo, resta Mattarella, che potrebbe sempre non firmare il testo di un'eventuale riforma approvata in Aula. Insomma, la partita è molto complessa e comunque subordinata come minimo al secondo giro di consultazioni, se non a un terzo che dilaterebbe ulteriormente i tempi. Che però la questione si giochi a questo livello lo dimostra anche l'intenzione, ormai esplicitata, di attendere i risultati della prossima tornata di amministrative che vedranno al voto città e regioni. Forniranno elementi tanto ai partiti quanto al Colle, sia in termini di eventuali conferme degli esiti del 4 marzo, sia per quanto riguarda la disponibilità di tornare al voto politico, e con quali equilibri.

Un rafforzarsi del trend di crescita per grillini e leghisti a scapito del Pd potrebbe far rompere gli indugi nel chiedere elezioni anticipate, per alzare la posta e poi poter farla conquistare al vincitore. Stavolta senza scomodi, ma inevitabili, alleati.

Ignazio Mangrano


Consultazioni infinite: le amministrative entrano nella partita sul nuovo esecutivo

Mentre il risultato delle elezioni politiche dello scorso 4 marzo non ha ancora prodotto, e chissà se lo produrrà, un nuovo governo, quasi 8 milioni di italiani torneranno a breve alle urne per eleggere due presidenti di Regione con i relativi consigli regionali (in Molise il 22 aprile e in Friuli Venezia Giulia il 29 aprile); un consiglio regionale che poi eleggerà il nuovo presidente (in Valle d'Aosta il 20 maggio); 799 sindaci e consigli comunali. Un test che riguarda quindi quasi il 10% dei Comuni italiani, oltre alle tre regioni, i cui risultati potrebbero incidere non poco sulle valutazioni dei partiti in merito al nuovo governo nazionale e alla maggioranza che dovrà sostenerlo.

In quest'ottica, riflettori puntati in particolare sulle regionali in Molise e Friuli Venezia Giulia, due «test» che hanno importanti punti in comune. I presidenti uscenti sono entrambi del Pd, ma le previsioni e i sondaggi fanno prevedere due ribaltoni con M5s e Lega, i due partiti usciti vincitori dalle urne lo scorso 4 marzo, accreditati di ottime possibilità di aggiudicarsi il successo.

In Molise, dove si vota il 22 aprile, il presidente uscente, Paolo Di Laura Frattura, non si ricandida e lascia il posto di leader del centrosinistra a Carlo Veneziale. Gli altri candidati a presidente sono Donato Toma per il centrodestra, Agostino Di Giacomo per Casa Pound e il favorito, Andrea Greco del M5s. Il Molise potrebbe diventare quindi la prima regione italiana governata dai pentastellati: Greco, 33 anni, ex attore teatrale, laureato in giurisprudenza, ha vinto le primarie online con 212 preferenze ed è in pole position per diventare governatore. Il Pd sembra destinato a una sonora sconfitta, mentre Donato Toma, del centrodestra, conta su una coalizione al completo e spera di poter sovvertire i pronostici della vigilia. Il giovane candidato governatore del M5s negli ultimi giorni è finito nella bufera, poiché è venuta fuori la storia criminale di un suo zio acquisito, il marito della sorella del padre, Giuseppina Greco. Giuseppina sposò Sergio Bianchi, detto «'o pazzo», esponente di spicco della Nuova Camorra Organizzata, l'associazione criminale fondata da Raffaele Cutolo. La storia risale a 38 anni fa: Bianchi morì in un conflitto a fuoco con le forze dell'ordine, durante il quale rimase ferito a un braccio il papà del candidato presidente del Molise. «Una mia zia», ha scritto Greco sul blog del M5s, «ha sposato un personaggio appartenente alla criminalità organizzata, diversi anni prima che io nascessi. Una vicenda che ha provocato dolore alla mia famiglia e di cui, ancora oggi, portiamo le ferite, anche fisiche».

Passiamo al Friuli Venezia Giulia: qui si vota il 29 aprile, per eleggere il successore del presidente uscente, Debora Serracchiani, del Pd. La Serracchiani, fiutata l'aria di sconfitta, è scappata dal Friuli scegliendo di non ricandidarsi alla guida della Regione, e ha centrato per il rotto della cuffia l'elezione alla Camera. Sconfitta nella sfida nel collegio uninominale di Trieste dal forzista Renzo Tondo, ha ottenuto il seggio a Montecitorio grazie ai resti, essendo candidata anche al proporzionale. Lo stesso Tondo, candidato in pectore per il centrodestra alla presidenza della Regione, ha ceduto il suo posto al leghista Massimiliano Fedriga, durante le febbrili trattative che portarono all'elezione di Elisabetta Alberti Casellati alla presidenza del Senato. Fedriga, fedelissimo di Matteo Salvini, ha tre avversari: Sergio Bolzonello per il centrosinistra, Alessandro Fraleoni Morgera del M5s e l'autonomista Sergio Cecotti. Più fluida la situazione in Valle d'Aosta: si vota il 20 maggio, ma il presidente della Regione verrà eletto dal consiglio regionale, e non direttamente dai cittadini.

Passiamo alle comunali: sono 799 i nuovi sindaci che verranno eletti nella prossima tornata amministrativa, con i relativi consigli comunali. I Comuni al voto con più di 15.000 abitanti, quindi con elezioni a doppio turno, sono 115; quelli con meno di 15.000 abitanti dove si vota a turno unico, sono 684. In totale andranno alle urne 6.850.941 elettori. Tra le città chiamate alle urne (primo turno 10 giugno, ballottaggio 24 giugno) ci sono 20 capoluoghi di provincia: Ancona, Avellino, Barletta, Brescia, Brindisi, Catania, Imperia, Massa, Messina, Pisa, Ragusa, Siena, Siracusa, Sondrio, Teramo, Terni, Trapani, Treviso, Vicenza e Viterbo. A Udine il primo turno è previsto il 29 aprile, il ballottaggio il 13 maggio.

Non mancano le sfide dense di significato politico. A Brescia il sindaco uscente, Emilio Del Bono (Pd) dovrà respingere l'assalto di Paola Vilardi, di Forza Italia, candidata del centrodestra, di Guido Ghidini del M5s e di Leonardo Peli della lista «Pro Brixia». A Udine sono sette i candidati a sindaco: quelli che hanno le maggiori chance di vittoria sono Pietro Fontanini, sostenuto dal centrodestra; Vincenzo Martines (Pd e civiche) e Maria Rosaria Capozzi (M5s). A Catania il sindaco uscente, Enzo Bianco del Pd, tenta di conquistare la riconferma. Se la vedrà col candidato di Forza Italia, Salvo Pogliese, e quello grillino, Giovanni Grasso.

Carlo Tarallo

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Stellantis & C. scoprono il bluff Ue: «Svolta sulle elettriche disastrosa»
Ansa
Anche le case tedesche bocciano la proposta della Commissione che dà più spazio alle auto diesel e benzina: «Troppe condizioni, lievitano i costi». Per il gruppo di Elkann il piano è «inadeguato». Meno pessimista Parigi.

Quella che i commenti a caldo definivano «svolta epocale», si è prima trasformata in un passo in avanti «importante» - a strettissimo giro sminuito come «significativo» -, e poi è diventata l’ennesimo pastrocchio della Commissione europea che peggiora la già drammatica situazione dell’automotive nel Vecchio continente. La rapidissima parabola delle modifiche annunciate da Bruxelles sui veicoli elettrici si è compiuta quando i diretti interessati, cioè le case automobilistiche, hanno svelato il bluff.

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In esercizio infrastrutture per 800 milioni
Giuseppina Di Foggia (Ansa)
Terna accelera sullo sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale. Dal 2023, operativi interventi per oltre 2 miliardi di euro. L’amministratore delegato Di Foggia spiega: «Infrastrutture necessarie per un sistema flessibile e affidabile».

Nuove infrastrutture, integrazione delle energie rinnovabili e sicurezza della rete elettrica nazionale. È il quadro delineato da Terna, società guidata dall’ad Giuseppina Di Foggia, che entro il 2025 prevede di portare in esercizio interventi di sviluppo per circa 800 milioni di euro, confermando un impegno pluriennale che dal 2023 ha già visto entrare in funzione opere per oltre 2 miliardi di euro.

«Le opere di Terna entrate in esercizio rendono la trasmissione dell’energia più sicura e la rete più flessibile», ha dichiarato Di Foggia. «Il collegamento sottomarino con l’Isola d’Elba, il potenziamento della rete elettrica siciliana, le nuove interconnessioni con l’Austria e la Francia: infrastrutture sostenibili che rafforzano la rete e permettono di integrare nuova energia rinnovabile».

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Neutralità tecnologica ancora tabù
Ursula Von der Leyen (Ansa)
Dopo aver sbattuto contro il muro, Ursula Von der Leyen s’inventa il divieto parziale per i motori termici. Ma è solo un’operazione d’immagine, non c’è politica industriale.

La Commissione europea si è appena autocelebrata per aver «rivisto» la sua follia del tutto elettrico al 2035, decretando che non ci sarà il bando totale dei motori a combustione e che l’obiettivo scende al 90%. In altre parole, si fa un passo indietro dopo lo schianto e poi si finge di aver aperto una porta. Una «svolta» dettata dalla crisi industriale e dal pressing delle case automobilistiche, con gli stabilimenti al rallentatore.

Quel 90% è una foglia di fico burocratica che consente agli ambientalisti di raccontare ai propri fedeli che il termico sopravviverà. Per completare l’opera, si spalma tutto con «compensazioni delle emissioni» per dare una patina di virtù contabile, incluso l’ineffabile «acciaio verde» che non esiste su scala industriale ed economicamente sostenibile, come ho mostrato nel mio libro «L’utopia dell’idrogeno». La Commissione persevera nel negare la libertà (neutralità) tecnologica, imponendo persino sotto-obiettivi: 7% di compensazione via acciaio a basse emissioni prodotto in Europa e 3% via biocarburanti.

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(Totaleu)

Lo ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini durante le proteste degli agricoltori a Bruxelles in concomitanza del Consiglio europeo.

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