2025-05-27
Malgrado gli annunci, i dettami anti emissioni sono ancora in vigore. E colpiscono tutti.Sarà vero che a parole l’atteggiamento della nuova Commissione europea sulle politiche green si è fatto più accorto, ma i cascami del Green deal sono ancora tutti lì. Le pessime regole che presidiano alla sostituzione inefficiente dell’intero sistema energetico europeo sono in vigore, con tutto l’enorme carico di costi che comportano, le migliaia di miliardi di sussidi pubblici necessari e la de-industrializzazione che innescano.La Commissione intende insistere sul green. Una politica industriale che cozza contro la posizione negoziale di Donald Trump, che in patria sta demolendo le politiche green volute da Joe Biden, vorrebbe esportare più gas e petrolio verso l’Europa e denuncia le barriere non di prezzo che l’Ue pone all’ingresso nel mercato unico. Ad oggi è ancora viva la spinta verso la rottamazione obbligatoria delle automobili a benzina, delle centrali elettriche e delle caldaie a gas, così come resta la direttiva sulle case green, resta il dazio sul carbonio importato dai paesi extra Ue (il Cbam), resta la legge sul ripristino della natura, resta il sistema Ets 2 ed altro ancora.Lo scorso gennaio il Joint Research Centre dell’Ue ha diffuso un rapporto sullo stato di avanzamento del Green deal. Questo investe sette aree tematiche: riduzione gas serra (9 obiettivi), politiche agricole (7 obiettivi), energia pulita (34 obiettivi), economia circolare (35 obiettivi), zero inquinamento (14 obiettivi), mobilità sostenibile (24 obiettivi), biodiversità (33 obiettivi). Dei 154 obiettivi fissati nel maxi pacchetto di regole (composto da 44 atti diversi), secondo il Jrc 32 sono attualmente «sulla buona strada», mentre 64 richiedono un’accelerazione per rimanere nei tempi previsti. Altri 15 sono in stallo o in regressione, e per 43 non ci sono ancora dati sufficienti per determinarne lo stato. Ottantasette di questi obiettivi, pari al 56%, sono già legalmente vincolanti per gli Stati membri perché derivano da regolamenti o direttive già in vigore, mentre 67 obiettivi arrivano da comunicazioni della Commissione o proposte su cui c’è già un accordo con i colegislatori. In questa autentica giungla di regole è difficilissimo orientarsi per gli specialisti, figuriamoci per i cittadini. Facciamo qualche esempio.Resta fermo il principale di tutti gli obiettivi, cioè la riduzione del 55% delle emissioni di CO2 al 2030 (rispetto al 1990). Resta fermo l’obiettivo del 42,5% della quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell’Unione nel 2030. Già qui c’è tutto un mondo di obblighi, che riguarda quanta energia rinnovabile ogni stato membro dovrà produrre. L’Italia si è impegnata ad avere 80.000 Mw di capacità fotovoltaica e 28.000 di capacità eolica installata al 2030, il doppio rispetto ai valori 2025.Poi c’è la direttiva sulle case green, che impone obiettivi di riduzione dei consumi energetici degli edifici. Il 55% di questa riduzione deve arrivare tramite ristrutturazioni degli edifici esistenti con le prestazioni energetiche inferiori. Entro il 2027, il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni energetiche deve essere ristrutturato per raggiungere almeno la classe energetica E.Entro il 2030, il 26% di questi edifici deve essere ristrutturato per raggiungere almeno la classe E.Entro il 2030 i consumi medi degli edifici dovranno diminuire del 16% rispetto al 2020. Entro il 2035 il consumo medio di energia dell’intero parco immobiliare residenziale deve diminuire del 20-22%. Dovranno essere a emissioni zero dal 2028 tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione, dal 2030 anche le nuove costruzioni residenziali private.Entro il 2025 gli Stati membri devono presentare alla Commissione un piano di ristrutturazione degli edifici. Poi, pannelli solari sui tetti di edifici pubblici, non residenziali e residenziali, nuovi e non, secondo una determinata scaletta temporale.Dal 2040 sarà vietato per riscaldamento l’utilizzo delle caldaie a gas, che dovranno utilizzare altri combustibili o essere sostituite con pompe di calore elettriche.Nei trasporti il taglio delle emissioni dovrà essere del 90% entro il 2050. Per arrivare a questo obiettivo l’Unione europea ha vietato l’immatricolazione di veicoli che emettono CO2 allo scarico dal 2035. Nonostante le discussioni che tale divieto ha suscitato, esso resta valido e in vigore e non sarà rivisto, almeno secondo quanto dichiara la Commissione. Per scoraggiare l’uso dell’auto a benzina (e diesel) nonché delle caldaie a gas ecco l’introduzione del sistema Ets 2: si pagheranno le emissioni delle auto e delle caldaie a partire dal gennaio 2027. Il monitoraggio delle emissioni di auto e gas per riscaldamento è già iniziato dal 1° gennaio scorso, con l’obbligo che grava sui fornitori di combustibile, i quali naturalmente scaricheranno i costi sui consumatori.Dal 1° gennaio 2026 sarà poi attuato il disastroso Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam), ossia un dazio sui beni importati in Ue (cemento, ferro e acciaio, alluminio, fertilizzanti, idrogeno ed elettricità) calcolato sul contenuto implicito di CO2. Poi c’è la legge sul ripristino della natura, che da sola contiene 21 obiettivi, tutti ancora in vigore.Insomma, le regole europee che frenano la crescita economica sono ancora tutte lì, e lo sono non per caso, ma per un voluto disegno.
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