2018-07-02
Dicono che il governo Conte è lento. Però gli altri non erano più rapidi
Ci sarebbe piaciuto che Massimo Gramellini avesse gonfiato il petto anche negli anni passati, quando per esempio a Palazzo Chigi c'era un tizio di nome Matteo Renzi. Ha ragione Massimo Gramellini, che ieri sulla prima pagina del Corriere della Sera si domandava quando Matteo Salvini sarebbe passato dalle ruspe ai fatti. Il governo Conte ha ottenuto la fiducia da quasi un mese e ancora purtroppo non si segnala il raddoppio del Pil, la riduzione al sei per cento del tasso di disoccupazione, l'abbattimento della metà delle tasse, l'arresto di tutti i delinquenti ancora in circolazione e l'abolizione dei trattati di Maastricht a cui siamo inchiodati. Ma come? Sono trascorse ben quattro settimane da quanto Salvini e Di Maio si sono insediati con i pieni poteri e a parte i tweet non si hanno notizie di alcuna rivoluzione degna di tale nome. E dire che questo doveva essere il governo del cambiamento e invece dal 6 di giugno le giornate sono trascorse invano, con soli due decreti e molti annunci. L'indignazione dell'editorialista di via Solferino è giusta. Ma come si permettono questi sbarbati di scaldare la sedia dopo aver creato negli italiani così tante attese? Qui i giorni passano e il reddito di cittadinanza non si vede e così pure la riforma della Fornero. In compenso ci tocca un'altra Pontida, con comizio di Salvini. Per non parlare poi delle sparate di Grillo che vuole vendere la Rai, magari cedendo proprio la terza rete, quella per cui lavora il medesimo Gramellini insieme ai compagni di merende Fazio e Littizzetto.Il collega del quotidiano milanese ha ragione a inalberarsi per i ritardi del nuovo governo. Certo, ci sarebbe piaciuto che avesse gonfiato il petto anche negli anni passati, quando per esempio a Palazzo Chigi c'era un tizio di nome Matteo Renzi. All'epoca il presidente del Consiglio arrivato da Firenze passava ogni giorno dalle parole alle parole. Appena insediato promise di liquidare il Senato della Repubblica e subito dopo di riformare la giustizia, il fisco, la pubblica amministrazione, la scuola, il mercato del lavoro, l'economia, l'Europa, il mondo e così via, anticipando un prossimo intervento anche su Paradiso, Inferno e Purgatorio, che così com'erano non gli garbavano troppo. Faremo una riforma al mese, sentenziò un secondo dopo aver giurato sulla Costituzione. L'Espresso, dopo i fatidici cento giorni tirò le somme, per scoprire che a parte gli annunci, in Parlamento, dove di solito approdano decreti e disegni di legge, si era visto poco. A parte le slide, gli hashtag, le conferenze stampa con il pesciolino rosso, la Katana e il carrello della spesa, Renzi nei primi mesi produsse nulla o quasi. Con lui fu inaugurato anche un nuovo sistema, ovvero i decreti legge e le misure finanziarie trasmesse oralmente alla stampa prima che alle Camere. Invece di un testo scritto da valutare e commentare, i giornalisti si dovettero accontentare delle parole, rimanendo in attesa per giorni che alle parole non seguissero i fatti, ma almeno le leggi. All'epoca, però, non risultano prese di posizione sul Corriere del valente collaboratore di Raitre in cui si denunciassero i ritardi del Rottamatore.Né si ha notizia di editoriali di Gramellini contro quella vecchia lenza di Paolo Gentiloni, il quale appena insediato se la prese comoda, al punto che il Sole 24 ore, non la Padania, dopo qualche mese valutò i risultati, concludendo che il governo aveva prodotto appena sei decreti, provvedimenti urgenti quasi sempre ereditati dal predecessore, tipo il salva risparmio, il decreto terremoto, le linee guida a proposito dei migranti e così via. Insomma, sia per Renzi che per la fotocopia che lo sostituì a Palazzo Chigi, prima di entrare a regime c'è voluto del tempo, ma soprattutto entrambi hanno goduto della benevolente attesa degli osservatori alla Gramellini i quali, evidentemente, non avevano la stessa fretta di giudicare che manifestano ora con il governo Salvini - Di Maio.Naturalmente ci sono stati anche esecutivi Speedy Gonzales, che una volta insediati si sono lanciati a rotta di collo nel produrre decreti e disegni di legge. Uno di questi porta il nome di Mario Monti, il quale si installò a Palazzo Chigi a metà novembre del 2011 e in un battibaleno produsse una stangata di cui ancora tutti portano il segno e una riforma delle pensioni che ha lasciato senza assegni e senza stipendio alcune centinaia di migliaia di persone. Nel cambiare le norme, la professoressa Fornero, una signora che per tutta la vita si era occupata di sistemi previdenziali, si dimenticò di valutare l'impatto dei provvedimenti sulla vita delle persone, non considerando la variabile dei cosiddetti esodati. Non sappiamo se in questo caso Gramellini abbia vergato un editoriale per criticare il passaggio dalle parole alle ruspe. Sappiamo però che nonostante avesse le lacrime agli occhi, la ministra del governo tecnico manovrò il bulldozer per estirpare la strana voglia degli italiani di andare in pensione prima dei sessant'anni, con i risultati a tutti noti.Detto ciò, anche noi, come il collega Gramellini, siamo in attesa di vedere il nuovo governo passare dalle ruspe ai fatti. E infatti lo attendiamo al varco dopo l'estate, quando saranno trascorsi i cento giorni che di solito si danno a tutti gli esecutivi, anche a quelli ritenuti brutti, sporchi e cattivi o semplicemente inadeguati. A Conte, Salvini e Di Maio non faremo sconti. Forti del fatto che non li abbiamo mai fatti neanche agli altri.