2018-12-19
Diciottenne si dà fuoco in strada nel punto in cui lo fece suo padre
Quando aveva 13 anni il genitore, imprenditore schiacciato dai debiti, si suicidò con il liquido infiammabile. A cinque anni di distanza, la figlia ripete il gesto. L'uomo aveva cercato Beppe Grillo: «Non capii la disperazione, dobbiamo sentirci tutti in colpa». Mauro Sari era un piccolo imprenditore edile, muratore e piastrellista di 47 anni con un laboratorio a Cadibona, gettato sull'orlo del fallimento dalla crisi che strangolò famiglie e vite.Come un fiammifero acceso, alle sette di mattina nel piazzale sull'Aurelia, vicino al cartello di Vado Ligure. È arrivata qualche minuto prima, si è cosparsa di liquido infiammabile e si è data fuoco fra lo sconcerto impotente di un passante. Ora quella ragazza, che ha compiuto 18 anni da meno di un mese, come un fiammifero spento giace in un letto di ospedale con gravi ustioni su tutto il corpo. Quando i medici parlano di «ustioni oltre l'80%» significa che siamo oltre il rischio di morire, siamo alla ricerca del miracolo. Cinque anni fa alla stessa ora, nello stesso punto della piazza vicino al parcheggio di una trattoria, un uomo disperato si trasformò in una torcia, diventò pura essenza evaporando nell'Aldilà in pochi secondi. Era suo padre.Intubata al Centro grandi ustionati di Torino, la giovane è fasciata ovunque tranne che sul volto; le fiamme non sono riuscite ad aggredirlo, lei lo ha preservato come se volesse far sapere al mondo: sono proprio io. Per lasciarci eventualmente il peso, intuibile dietro un gesto così estremo e folle, della responsabilità morale. In questi tempi si parla così spesso di coscienza collettiva da non riuscire a comprenderne più il significato. Eccolo. Dietro quel fuoco improvviso che risveglia il dramma di vivere ci sono una fotografia, quella del papà, e la sua storia.Mauro Sari era un piccolo imprenditore edile, muratore e piastrellista di 47 anni con un laboratorio a Cadibona, gettato sull'orlo del fallimento dalla crisi che strangolò famiglie e vite. Nel 2013 gli affari andavano male, il lavoro era un'ipotesi e in situazioni simili si sa che gli artigiani sono i più esposti. Niente ammortizzatori sociali, niente cassa integrazione, solo la fatica di alzarsi al mattino, accendere il motore dell'Apecar e cercare di arrivare in cima alla salita ancora una volta. Quando anche le ultime due commesse (sulle quali contava per pagare di debiti) andarono buche, cominciò a disperare. Poi si fece venire un'idea: chiedere aiuto alla politica. Non a quella tradizionale, ma a quella nuova, ruggente rappresentata da Beppe Grillo e dal suo movimento. Allora prese l'Apecar, ci caricò sopra la sua angoscia e si piazzò davanti al cancello del leader pentastellato. Suonò il campanello, riuscì a parlargli dei suoi problemi. Grillo lo prese ad esempio della sofferenza dei lavoratori in quel periodo e dal palco di Avellino, durante un comizio, disse: «Un uomo era venuto a trovarmi. Prima di arrivare davanti a casa mia ha chiamato il 118 e gli ha detto: vado a uccidermi a casa di Grillo. Ho trovato una persona che mi ha raccontato la sua storia di imprenditore. Abbiamo passeggiato insieme e chiacchierato mezz'ora. Sapevo che non potevo fare niente, ma almeno l'ho ascoltato e gli ho dato il numero di telefono». Dopo il gesto definitivo in piazza a Vado Ligure, avrebbe aggiunto: «Non avevo colto la sua disperazione, dobbiamo sentirci tutti in colpa».In quei mesi la figlia di 13 anni capiva perfettamente lo sconforto del padre, soffriva in silenzio, partecipava alle paure della famiglia, ascoltava mamma e papà elencare progetti derubricati cento volte, sognare vite nuove arenatesi cento volte, rifare conti che per cento volte non tornavano. Poiché la burocrazia dello Stato non ha anima ma ha il potere di emettere cartelle, eccone arrivare una di 220 euro per un adempimento Inail a scadenza 16 maggio 2013. Il 17 mattina Mauro Sari è andato in quella piazza con una tanica di benzina al posto delle speranze. Ed è morto come morivano i martiri orientali, con il gesto più forte di autodistruzione, e insieme di purificazione dai mali della società che opprime. Le agenzie ci spiegano che i carabinieri stanno indagando per capire i motivi, per decifrare il reiterarsi di questa follia autodistruttiva famigliare. La risposta non è nei comportamenti e nella psiche di una donna di 18 anni, ma nella testa e nel cuore di una ragazzina di 13 che vide suo padre morire giorno dopo giorno senza che nessuno fosse in grado di aiutarlo, di scuoterlo o almeno di fermarlo. E che cinque anni dopo ha deciso che un altro Natale senza di lui non aveva senso. E come fanno i giovani (non solo al cinema) lo ha deciso in silenzio, lo ha deciso per sempre. Ieri mattina, quando si è appiccata il fuoco nel piazzale sull'Aurelia dove suo padre aveva deciso di farla finita, lei non era sola. Un passante l'ha vista, le è corso incontro, ha provato a spegnere le fiamme ma ha capito che il suo sforzo era inutile e ha chiamato aiuto. Chissà se la ragazza si è accorta di questo decisivo dettaglio, di questa mano che cercava le sue, ribellione più pura alla logica perdente della solitudine. Un attimo, un lampo da cogliere. Ora in quel preciso punto vicino al parcheggio c'è un cerchio di gesso sull'asfalto.