- Il vicepremier pentastellato straccia l'invito alla kermesse veronese: «Quelli vogliono le femmine in cucina». E gli attivisti Lgbt bloccano la conferenza stampa. Toni Brandi: «Chi parla di mamme e papà rischia la vita».
- La veglia antiabortista fa miracoli. Salvati 31 bambini in una settimana. Negli Stati Uniti, per 40 giorni, i militanti pro life sono una presenza visibile e discreta vicino agli ospedali. Molte volte le donne chiedono un aiuto e lo ottengono, portando a termine la gravidanza.
Il vicepremier pentastellato straccia l'invito alla kermesse veronese: «Quelli vogliono le femmine in cucina». E gli attivisti Lgbt bloccano la conferenza stampa. Toni Brandi: «Chi parla di mamme e papà rischia la vita».La veglia antiabortista fa miracoli. Salvati 31 bambini in una settimana. Negli Stati Uniti, per 40 giorni, i militanti pro life sono una presenza visibile e discreta vicino agli ospedali. Molte volte le donne chiedono un aiuto e lo ottengono, portando a termine la gravidanza.Lo speciale comprende due articoli.Luigi Di Maio non ci sarà. «Ci sono teorie sulla donna che non mi rappresentano per nulla. Per me la famiglia è sacra, ma io sono per la libertà della donna», ha commentato il vicepremier grillino. «Lì si parla della donna come quella che deve stare a casa a cucinare. Si prepara un festeggiamento di un nuovo Medioevo che io non vado a festeggiare». A ben poco sembra essere servito l'incontro di ieri a Verona organizzato dai vertici del Congresso mondiale delle famiglie e da alcuni dei suoi sostenitori nella speranza di dissipare il malessere che si è concentrato sull'evento negli ultimi giorni. L'ondata di polemiche che sta travolgendo della kermesse che si terrà a Verona dal 29 al 31 marzo continua. E non sembra aver alcuna intenzione di placarsi. Seduti intorno a un grande tavolo nella cornice della sede del Comune di Verona ieri c'erano Antonio Brandi e Jacopo Coghe rispettivamente presidente e vicepresidente del Congresso, Alberto Zelger, consigliere comunale veronese, il presidente del Family day, Massimo Gandolfini, Filippo Savarese, direttore delle campagne di Citizengo Italia, il sindaco di Verona, Federico Sboarina, e l'assessore all'Istruzione e al Lavoro della Regione Veneto, Elena Donazzan. Un parterre di rispetto che, tuttavia, di rispetto ne ha ottenuto davvero poco dai presenti in sala. Nell'ora di conferenza stampa organizzata all'unico scopo di fare chiarezza sulla manifestazione, i promotori dell'evento si sono visti costretti a difendersi dai ripetuti attacchi da parte dei presenti in sala. Tra questi, oltre ad alcuni giornalisti, anche attivisti Lgbt locali accreditati all'evento come «finti giornalisti». «Il congresso», ha spiegato il sindaco Sboarina, «sarà uno straordinario laboratorio di idee e promuoverà azioni di sostegno concrete a favore della famiglia, che è e rimane il nucleo fondante della nostra società, anche secondo la Costituzione». Parole semplici, condivisibili, su cui è rimbalzata immediatamente l'accusa di «omofobia e integralismo». Mentre il primo cittadino esponeva i temi che verranno trattati durante il Congresso, la sua voce è stata scavalcata da quella del presidente del circolo Lgbt Pink, Gianni Zardini, che, prima di essere allontanato di peso dalla polizia municipale e dalla Digos presenti in sala Arazzi, ha accusato i presenti di non dare gli stessi diritti e la stessa libertà di espressione alle famiglie arcobaleno. Poco dopo è stata la volta di un altro attivista, anche lui immediatamente allontanato dalla polizia, che ha interrotto i relatori che ricordavano che la famiglia naturale è sancita anche nella Costituzione, urlando che «la Carta fondamentale su cui si basa la Repubblica italiana è basata sull'antifascismo». Un malessere diffuso, secondo il presidente dell'evento Toni Brandi, anche a causa di alcuni media, delle televisioni e di personaggi pubblici nel «tentativo di trasformare in un incontro “contro" quello che in realtà è un qualcosa organizzato “per" i genitori e i loro figli».Massimo Gandolfini, neurochirurgo e presidente del Family day ha sottolineato come la volontà dell'evento sia quella di «mostrare la bellezza e la naturalità della famiglia. Io vengo minacciato di morte perché dico queste cose, ma apriamo gli occhi: questa è la dittatura che ha portato alla supremazia della razza», ha continuato ricordando lo striscione esposto a inizio marzo da alcuni centri sociali («Contro la violenza di genere e confini, abbattiamo il patriarcato, appendiamo Gandolfini»). «Provate a pensare se il Family day facesse un convegno esponendo un cartello con scritto “Appendiamo Scalfarotto" o “Appendiamo Luxuria". Perché non deve sollevarsi altrettanta indignazione per il fatto di tappare la bocca a chi democraticamente, e senza offendere nessuno, ha il coraggio di dire quello che il politicamente corretto non ha più il coraggio di affermare e cioè che la famiglia è un padre, una madre, dei bambini?».Il Congresso sarà un «dibattito» e un «confronto di opinioni», creato per celebrare la famiglia per cui gli organizzatori, hanno ammesso, finiranno in perdita. «I costi sono altissimi e non vengono coperti dai biglietti venduti sul sito (800 e attualmente sold out, ndr)». Polemiche anche sui pacchetti da oltre 1.000 euro che, come spiegato dal vicepresidente Jacopo Coghe, «servono a facilitare le tre giornate alle famiglie, offrendo pranzi, cene e hotel a prezzi agevolati». «Qualcuno ha donato circa 300.000 euro, frutto dei suoi risparmi per aiutare il Congresso», ha spiegato Brandi rispondendo ai cronisti presenti che chiedevano da dove provenissero i finanziamenti. Se infatti gli spazi della Gran Guardia saranno offerti gratuitamente dal Comune di Verona, co-organizzatore dell'evento, rimane sconosciuta la natura del benefattore che ha aiutato la realizzazione dell'evento. Questo qualcuno, che come ribadito più e più volte durante la conferenza preferisce rimanere anonimo, è stato identificato dai giornalisti presenti all'evento come lo stesso presidente del Congresso, Toni Brandi che, tuttavia, ha smentito pubblicamente il proprio coinvolgimento. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/di-maio-scappa-siete-il-medioevo-2631759356.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-veglia-antiabortista-fa-miracoli-salvati-31-bambini-in-una-settimana" data-post-id="2631759356" data-published-at="1758186389" data-use-pagination="False"> La veglia antiabortista fa miracoli. Salvati 31 bambini in una settimana Ogni anno, negli Stati Uniti d'America, migliaia di cristiani di varie confessioni si impegnano a pregare e a testimoniare la bellezza della vita, dal concepimento alla morte naturale, cercando di scongiurare la pratica, sempre più banalizzata da parte di moltissimi giovani, dell'aborto volontario e diretto. Da alcuni anni è sorta una nuova iniziativa che dura 40 giorni e perciò prende il nome di 40 Days for life. Si tiene, simbolicamente, dal mercoledì delle Ceneri, che quest'anno è caduto il 6 marzo, sino alla domenica che precede la Pasqua, detta comunemente la domenica delle Palme, che sarà il 14 aprile. Mentre Gesù digiunava nel deserto per 40 giorni i cristiani di oggi si sacrificano per i loro fratelli, benché sconosciuti e a volte ostili. Ebbene, come indica il sito, negli ultimi anni la manifestazione ha salvato oltre 15.000 bambini dall'aborto, e quest'anno, nella prima settimana, già 31 bambini sono stati risparmiati da una fine sicura. La lotta per la vita e contro la cultura della morte si snoda ovunque più o meno così. Conoscendo preventivamente le cliniche dove si compiono gli aborti, i giovani pro life si dispongono a poca distanza dall'ingresso, senza disturbare i clienti e i pazienti in alcun modo, non potendo tra l'altro discernere la ragione per cui un uomo o una donna entra in ospedale. Però, oltre a preghiere e canti, che si tengono giorno e notte, per 24 ore al giorno durante l'intera quaresima, i pro life espongono chiaramente dei cartelloni e dei manifesti in favore della vita umana sempre e comunque, distribuendo quando è possibile dei volantini che sinteticamente ricordano che - secondo la biologia - il feto di un uomo non può che essere un bambino della specie homo sapiens. Il quale silenziosamente domanda solo una cosa: il diritto di vivere. Così, i 750.000 volontari che partecipano ai 40 Days for life vengono facilmente interpellati da donne e ragazzine minorenni che si recavano nel luogo di cura per progettare o almeno ipotizzare un aborto. Il sostegno umano e psicologico prestato, e a volte lo stesso aiuto economico nei casi più difficili per la mamma, salvano molte vite innocenti. E nessuna mamma rimpiange mai il proprio figlio dopo che esso ha visto la luce. Questa volta, essendo cresciuto notevolmente il numero dei pubblici oratori, sempre più composto da giovani e giovanissimi difensori dell'umanità, non meno di 277 ospedali vedranno la presenza dei pacifici, ma tenaci militanti per la vita e per la miglior scelta (pro best choice). Il fatto che sempre più medici non vogliano praticare nessuna interruzione di gravidanza (neppure ben remunerata) e che non raramente ragazze e donne si lascino persuadere a conservare il bambino che già vive dentro di loro, è il segno più flagrante che la questione dell'aborto non potrà mai esaurirsi a una questione di leggi, di parlamenti e di «diritti delle donne», come ipotizzava il femminismo vecchia maniera e in generale il mondo dei progressisti. Certe realtà di natura evidentemente etica e antropologica non sono storicizzabili, e il corpo sociale non le assorbe e accetta mai del tutto. Come dimostra la stessa attualità. Di recente infatti si è registrato, nell'America latina, il caso della ex Femen Sara Winter che, dopo anni di battaglie femministe, anti omofobia e pro aborto, ora si è pentita e si è convertita al cattolicesimo. Da punto di riferimento del militantismo Lgbt in Brasile, fino all'incarico appena ricevuto di membro del ministero per le Donne e la Famiglia del governo di Jair Bolsonaro. E questa svolta è dovuta a un aborto che in seguito ha tormentato la pasionaria Winter fino al ripensamento e al cambio di rotta. Auguriamoci che la battaglie per la vita, come quella del sostegno ai medici obiettori o per la salvaguardia del popolo dei bambini down (in via di estinzione per cause ben identificate) possano trovare sempre più spazio nella cultura spaventosamente e tristemente biofobica di oggi. I manifestanti delle varie Marce per la vita nel mondo e in particolare questi coraggiosi militanti dei 40 Days for life, possono essere orgogliosi del lavoro svolto e giustamente parlare di inizio della fine dell'aborto.
Ansa
Leone XIV torna a invocare il cessate il fuoco nella Striscia e il rilascio dei rapiti: «Dio ha comandato di non uccidere». L’Ue annuncia sanzioni contro Israele, ma per i provvedimenti più severi servirà l’ok del Consiglio. Decisive Germania e Italia.
(IStock)
Prima di rimettere in circolazione il maliano di San Zenone, la giudice progressista «graziò» un altro straniero che abusava della moglie. Dopo 40 giorni fece retromarcia.
Il Consiglio di Stato dà ragione al Comune di Roma che aveva censurato il manifesto con la foto di un feto. L’ennesimo blitz liberticida dei progressisti, che però sbraitano contro l’intolleranza di Meloni e Trump.