2021-05-18
Di Maio ai piedi del ministro che odia Israele
Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, con l'omologo iraniano Javad Zarif, in un incontro del febbraio 2020 (Ansa)
Il titolare degli Esteri italiano incontra l'omologo iraniano Javad Zarif, che parla di «atti brutali del regime sionista». La Lega protesta. Divisi anche i dem Usa, dove l'ala filo palestinese preme mentre la Casa Bianca vende missili a Tel Aviv. Joe Biden chiede il cessate il fuoco.Mentre continua a infuriare lo scontro tra Israele e Hamas, il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, è stato ricevuto ieri alla Farnesina da Luigi Di Maio. «Vanno fermati i lanci di razzi, sono inaccettabili. È doveroso adottare immediate misure di de-escalation», ha dichiarato il nostro ministro degli Esteri. «Il conflitto tra Palestina e Israele sta causando la morte di troppe persone innocenti e tutti devono lavorare per far riprendere il tavolo dei negoziati tra le parti», ha aggiunto. Secondo una nota della Farnesina, Di Maio «ha confermato che l'intesa nucleare resta un pilastro per la non proliferazione e la stabilità regionale». Zarif, dal canto suo, ha condannato gli «atti brutali del regime sionista». Nonostante fosse programmata da alcune settimane e si sia concentrata anche su questioni di cooperazione economica, la visita ha comunque innescato delle forti polemiche politiche, soprattutto perché in coincidenza con l'escalation mediorientale. Dura la posizione della Lega. «Da che parte sta l'Italia? Mentre su Israele piovono razzi lanciati dalla Striscia di Gaza dai terroristi di Hamas […] Di Maio, ha incontrato il ministro degli Esteri dell'Iran Zarif, Paese sponsor sia di Hamas che di Hezbollah. La Lega è chiara da sempre: Israele ha non solo il diritto ad esistere, a differenza di quanto afferma l'Iran, ma anche di difendersi», hanno affermato in una nota i deputati Paolo Formentini ed Eugenio Zoffili. «Gli accordi di Abramo sono l'unica via d'uscita per costruire su nuove basi un futuro di pace in Medio Oriente», ha detto lo stesso Formentini alla Verità. «Difendere Israele», ha aggiunto, «vuol dire difendere anche la nostra libertà». La posizione del Carroccio rischia di accentuare le divisioni interne al Pd: un partito che vede filo israeliani come Andrea Marcucci e critici di Benjamin Netanyahu come Laura Boldrini. A farne le spese è stato alla fine il segretario, Enrico Letta, che si è ritrovato nel mirino delle acuminate critiche dalemiane per aver di recente partecipato assieme a Matteo Salvini a una manifestazione in favore dello Stato ebraico. Un'interessante analogia con gli Stati Uniti, dove il Partito repubblicano, con Donald Trump in testa, è tendenzialmente compatto nel sostenere Israele. Non altrettanto si può invece dire dei dem. L'ultima fonte di attrito è in tal senso la notizia, riportata ieri dal Washington Post, secondo cui la Casa Bianca avrebbe dato il suo assenso a una vendita di armi ad alta precisione a Israele, dal valore complessivo di 735 milioni di dollari. In particolare, la vendita sarebbe stata notificata al Congresso lo scorso 5 maggio e il Campidoglio ha da allora quindici giorni di tempo per esprimere un'eventuale contrarietà. Le fibrillazioni interne all'asinello, neanche a dirlo, sono già in corso. «Permettere a questa proposta di vendita di bombe intelligenti di andare avanti senza esercitare pressioni su Israele affinché accetti un cessate il fuoco consentirà solo ulteriori massacri», ha detto al Washington Post un parlamentare dem rimasto anonimo. Ricordiamo che i democratici si siano drammaticamente spaccati sul sostegno a Israele. Se gli esponenti di area centrista si sono schierati a favore dello Stato ebraico, importanti rappresentanti della sinistra (come le deputate Ilhan Omar e Alexandria Ocasio-Cortez) hanno preso le difese dei palestinesi. Una situazione che sta portando la Casa Bianca a dare segnali contraddittori. Giovedì, dopo giorni di tentennamenti, Joe Biden aveva infine riconosciuto il diritto di Israele all'autodifesa. E ieri sera, in una telefonata avvenuta dopo che La Verità è andata in stampa, il leader usa avrebbe chiesto il cessate il fuoco al collega israeliano. Eppure, i rapporti con Netanyahu erano tornati a irrigidirsi, dopo che, sabato scorso, gli israeliani avevano abbattuto un palazzo che ospitava Al Jazeera e l'Associated press: circostanza che ha portato i vertici della stessa agenzia statunitense a invocare l'apertura di un'inchiesta indipendente. Ieri il segretario di Stato americano, Tony Blinken, ha chiesto a Israele di fornire prove che, in quel palazzo, operassero agenti di Hamas. Nel complesso, la linea statunitense non è insomma chiarissima: una situazione dettata non soltanto dalle faide interne all'asinello, ma anche da una politica mediorientale problematica. Negli ultimi mesi, Biden ha infatti avviato una distensione con l'Iran, rilanciando il controverso accordo sul nucleare del 2015, e raffreddato i rapporti con l'Arabia Saudita: una strategia che ha isolato Israele, rafforzato indirettamente Hamas e messo pesantemente a rischio l'eredità trumpista degli accordi di Abramo. Quegli accordi che avevano contribuito a stabilizzare lo scacchiere mediorientale. In questo caos continua a cercare di inserirsi Recep Tayyip Erdogan che ieri, prima di attaccare pesantemente Biden per le sue «mani sporche di sangue» palestinese, in una telefonata con papa Francesco, ha invocato sanzioni della comunità internazionale contro Israele. Una posizione, questa, tenuta anche dal ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, in un colloquio con l'omologo britannico Dominic Raab. Gli scontri sono intanto proseguiti nelle scorse ore, con le forze di difesa israeliane che hanno annunciato di aver ucciso il comandante della Jihad islamica, Hussam Abu Harbeed in un attacco aereo, mentre sono stati lanciati almeno 190 razzi dal fronte palestinese.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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