2021-05-14
Israele verso l’incursione a Gaza. L’escalation spacca i dem americani
Lo Stato ebraico ha schierato le truppe al confine con la Striscia e richiamato 9.000 riservisti dell'esercito. Sleepy Joe a colloquio con Bibi invoca la tregua. L'accusa di Ocasio Cortez: «Schierato con l'occupazione»Potrebbe ulteriormente alzarsi il livello dello scontro tra Israele e Hamas. Nelle scorse ore, un elevato numero di truppe israeliane è stato schierato al confine con la Striscia di Gaza, mentre circa novemila riservisti dell'esercito sono stati richiamati. Le probabilità di un'imminente incursione via terra stanno quindi crescendo: un'incursione che, come sottolineato da Reuters, ricalcherebbe probabilmente le manovre militari, avvenute durante gli scontri tra Gaza e Israele del 2009 e del 2014. Ieri pomeriggio, il portavoce delle forze di difesa israeliane, Hidai Zilberman, ha in tal senso dichiarato: «Stiamo radunando le forze al confine di Gaza, preparandole. Stanno studiando il campo e le useremo quando lo decideremo». Lo stesso Zilberman, in mattinata, aveva fatto sapere che alcuni piani di incursione fossero in fase di preparazione. Hamas ha frattanto dichiarato di aver lanciato contro il Sud dello Stato ebraico una serie di «suicide drone» (alcuni dei quali sono stati abbattuti). Nel frattempo le forze di difesa israeliane hanno esteso le restrizioni nelle aree a rischio fino a domani sera, rendendo inoltre noto che il fronte palestinese ha lanciato più di 1.700 razzi dall'inizio delle ostilità (di cui circa 200 soltanto ieri). Un funzionario della Difesa israeliano ha poi riferito al Times of Israel che, entro domenica, Gaza «finirà il carburante per i suoi generatori di elettricità». Stando ai funzionari sanitari di Gaza, 83 palestinesi hanno perso la vita dal principio del conflitto. Sette risultano invece al momento le vittime israeliane, secondo l'esercito dello Stato ebraico. Il contesto internazionale resta intanto agitato. Washington ha intensificato i contatti con la leadership israeliana. Joe Biden ha parlato con Benjamin Netanyahu, riconoscendo il diritto di Israele all'autodifesa ma invocando al contempo l'avvio di una de-escalation. Il presidente statunitense ha descritto ieri in conferenza stampa il colloquio come «breve», aggiungendo: «Una delle cose che ho visto finora è che non c'è stata una reazione eccessiva [da parte di Israele]». Uno stop al lancio dei razzi è stato invece chiesto dal segretario di Stato americano, Tony Blinken, al presidente dell'Anp, Abu Mazen. Washington ha quindi deciso di inviare il vicesegretario di Stato aggiunto Hady Amr per un incontro con entrambe le parti e si è opposta a una riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, prevista per oggi, citando degli «sforzi diplomatici». L'approccio della Casa Bianca continua a rivelarsi comunque piuttosto irresoluto. E Biden si ritrova non a caso sottoposto a crescenti pressioni interne. I repubblicani sono sul piede di guerra, con Donald Trump che ha recentemente tuonato: «Sotto Biden il mondo sta diventando più violento e più instabile perché la debolezza di Biden e la mancanza di sostegno per Israele sta portando a nuovi attacchi ai nostri alleati». Critiche al presidente sono arrivate, per quanto di segno opposto, anche dalla sinistra del Partito democratico. La deputata Alexandria Ocasio-Cortez ha infatti biasimato l'inquilino della Casa Bianca per aver riconosciuto il diritto israeliano all'autodifesa. E ha in particolare accusato Biden di «schierarsi con l'occupazione». Al di là delle tensioni intestine, il tentennamento del presidente è dovuto anche a un cortocircuito della sua politica mediorientale: la crisi in atto è difatti in parte il frutto della sua strategia di distensione con un sostenitore di Hamas come l'Iran e di un conseguente raffreddamento nei rapporti con l'Arabia Saudita: una linea che ha portato a un crescente isolamento di Israele. Ricordiamo che anche il conflitto di Gaza dell'estate 2014 avvenne in coincidenza di una fase di relativa distensione tra Washington e Teheran: Barack Obama stava infatti conducendo in quel periodo le trattative per l'intesa sul nucleare con l'Iran. Tutto questo, mentre gli accordi di Abramo, con cui Trump aveva stabilizzato lo scacchiere mediorientale, presupponevano una strategia di massima pressione sulla Repubblica islamica, per costringere quest'ultima a una radicale rinegoziazione proprio dell'intesa sul nucleare. Sconfessando questa linea, Biden ha contribuito a riaprire il vaso di Pandora, ritrovandosi in un vicolo cieco. Il vicolo cieco di chi, dopo aver usato il pugno duro con Riad nei mesi scorsi, sta cercando adesso di coinvolgerla per disinnescare lo scontro in atto. Mosca sta intanto provando a guadagnare terreno nel processo diplomatico. Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha auspicato una riunione del «quartetto per il Medio Oriente»: un consesso -creato nel 2002 e costituito da Stati Uniti, Russia, Ue e Onu- che si pone l'obiettivo di risolvere il conflitto israeliano-palestinese. Vladimir Putin e il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, hanno inoltre invocato ieri insieme la cessazione delle ostilità. Nonostante alcune divergenze (a partire dai legami di Mosca con Teheran), russi e israeliani si sono significativamente avvicinati negli ultimi anni. E il Cremlino ha tutto l'interesse a incrementare la propria influenza sullo scacchiere mediorientale. Washington resterà a guardare?