2020-11-17
Dei vaccini si sa poco, ma rendono già ricchi
Dopo quello Pfizer, l'annuncio dell'americana Moderna per un antivirus efficace al 94,5%. E il business si scatena con in prima fila la Ue che prenota dosi sulla fiducia. Il 70% dei contagiati è asintomatico, il 25% mostra sintomi lievi, ma Big Pharma punta al mondo.L'effetto del vaccino Covid è immediato. Pure senza il vaccino vero e proprio. Ieri, con l'annuncio di Moderna, se n'è avuto l'ennesimo esempio. Passo indietro. È il 14 luglio 2020. Il quotidiano La Stampa è sicuro del fatto suo. «Covid il vaccino funziona. L'obiettivo è distribuirlo senza sperimentazione». Passano nemmeno trenta giorni e Matteo Renzi rincara la dose. «Se davvero (...) arriveremo al vaccino contro il Covid questo vaccino dovrà essere OBBLIGATORIO per tutti». Il maiuscolo è stata una scelta sua. «E se arriva il vaccino vogliamo lasciare la libertà di scelta? Non scherziamo». Cosa di preciso avesse in mente il Bullo col «non scherziamo» non è dato sapere. In quei giorni La Verità ha documentato tra l'altro che Pietro Di Lorenzo - patron della Irbm Spa, impegnata con l'Università di Oxford nello sviluppo del vaccino - aveva finanziato la sua fondazione Open. Che quindi Renzi non avesse voglia di scherzare sul tema poteva essere pure logico. Poi, all'improvviso, il 12 agosto Vladimir Putin annuncia che l'accreditato istituto moscovita Gamaleya ha messo a punto lo Sputnik V. Non è una navicella spaziale, ma semplicemente il primo vaccino al mondo contro il Covid. All'improvviso La Stampa diventa scettica: «La sperimentazione rapida e i pochi test suscitano la perplessità degli esperti». Ma non doveva essere distribuito senza sperimentazione? Del resto, come documentato dalla trasmissione Mezz'ora in più condotta da Lucia Annunziata su Rai 3, ci sono voluti 28 anni per sviluppare il primo vaccino contro influenza o morbillo; 15 anni per papilloma e rotavirus, e 11 per l'esavalente. Ma il 14 agosto alla Stampa evidentemente non sapevano ancora nulla di tutto questo. Ieri, altro annuncio. Moderna ha sviluppato un vaccino la cui efficacia arriverebbe al 94,5% dei casi. Grande euforia - in Borsa e non solo - fino a un'altra lieta novella: la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha detto che «Domani (oggi, ndr) autorizziamo un nuovo contratto con Curevac per il vaccino contro il Covid 19 che ci permetterà di assicurarci fino a 405 milioni di dosi. Questo è il quinto contratto per il nostro portafoglio di vaccini e stiamo lavorando a un sesto con Moderna». Quindi, dopo Pfizer, la Ue rincorre un altro annuncio e si appresta a pagare, con soldi anche nostri, sulla fiducia. Inevitabile e forse anche giusto. Ma di fatto la prova che «portafoglio» fa veramente rima con «vaccino». Il 9 novembre Pfizer aveva infatti annunciato di avere pronto il suo, già in fase tre. La sua efficacia è stimata in misura pari al 90%. Quello di Moderna, annunciato come detto ieri, sembrerebbe superiore. Non solo: si conserva a -8 gradi, contro i -80 di Pfizer. Le cui azioni, al momento del primo annuncio, sono comunque schizzate da 36 a quasi 42 euro, e il cui ceo Albert Bourla ha già messo in vendita oltre il 60% delle sue azioni intascando una succulenta plusvalenza di 5,6 milioni. Bourla riesce a vendere a 41,94 euro; massimo storico in un anno mai più toccato da Pfizer. Un'operazione coi fiocchi, anche perché è probabile che i nuovi annunci rendano meno appetibile il prodotto della casa nota per il Viagra. Della reale efficacia di questi vaccini, in effetti, siano di Putin, americani o tedeschi, poco sappiamo. Qualcosa in più si sa sulle fasi di produzione. Lo ha spiegato il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas. Prima deve essere decifrato il «genoma del virus» (ovvero il suo patrimonio genetico), e solo dopo si può seriamente pensare di predisporre un vaccino. Le fasi di test clinico sono quattro. Si inizia dalla cosiddetta fase zero, o preclinical testing, quando «gli scienziati testano l'efficacia del vaccino in laboratorio». Poi si inizia con la fase 1 (i safety trials), che prevede la «somministrazione del vaccino a un ristretto numero di volontari, con lo scopo di valutarne sicurezza e dosaggio e avere la conferma di un effettivo stimolo del sistema immunitario». Quindi si passa alla fase 2, (gli expanded trials) quando «si somministra il vaccino a centinaia di volontari (compresi bambini e anziani) suddivisi in gruppi differenti. Si tratta di un'ulteriore valutazione dell'efficacia dal punto di vista dell'induzione di una risposta immunitaria e della sicurezza del vaccino».Infine, si arriva alla terza fase: viene somministrato il vaccino a «decine di migliaia di volontari, la cui risposta al virus viene comparata a quella di altri volontari a cui, invece, è stata somministrata una sostanza placebo. Qui si valuta l'effettiva efficacia del vaccino nell'indurre resistenza all'infezione e non solo risposta immunitaria». Si verifica la sicurezza in un'ampia popolazione, valutando la presenza di effetti collaterali rari, che potrebbero essere passati inosservati nelle precedenti fasi e che nel caso del vaccino Pfizer sarebbero pari al 10% dei casi e in quello di Moderna il 5,5%. «Solo a questo punto, in base ai risultati ottenuti in quest'ultimo ciclo di test, gli organi deputati all'approvazione del vaccino valuteranno se permetterne o meno la diffusione», conclude Mantovani. E a tempi di record sembra che in questa fase saremmo ora arrivati. Forse è il momento di fare due conti anche se meno affascinanti di quelli di Bourla. Nel mondo ci sono stati 55 milioni di contagi totali. La stragrande maggioranza dei casi, asintomatici. In Italia, nel 70% dei casi, zero o pochissimi sintomi. Nel 25% sintomi lievi. Nel rimanente 5%, le condizioni sono critiche o severe e quindi tali da rendere opportuno o necessario il ricovero in ospedale o in terapia intensiva a seconda dei casi. Ma per l'industria farmaceutica è senz'altro più delizioso occuparsi dell'intero pianeta vale a dire degli oltre sette miliardi di individui (malati e non) piuttosto che dei soli malati. Persone cui può essere iniettato il vaccino. O «deve», con le buone o con le cattive?
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)