2022-12-25
«Il nuovo codice di condotta per le Ong è sulla strada giusta»
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L'ammiraglio di riserva Nicola De Felice
L’ammiraglio (di riserva) Nicola De Felice è uno tra gli esperti del fenomeno migratorio maggiormente ascoltati nel centrodestra italiano e non solo. Nel suo libro «Fermare l’invasione» (Herald Editore), il decano del Centro studi Machiavelli ha raccolto la maggior parte delle sue riflessioni su questo spinoso tema.Ammiraglio a gennaio è prevista l’introduzione di un nuovo codice di condotta per le Ong, voluto dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Cosa ne pensa?«Mi pare che siamo sulla strada giusta. Innanzitutto, dalle prime indiscrezioni sul nuovo provvedimento, è emerso che verrà introdotto l’obbligo di far richiedere al migrante l’eventuale domanda di protezione internazionale, e quindi di asilo politico, già a bordo della nave. Si andrebbe verso un’auspicata responsabilizzazione degli Stati bandiera, dato che poi spetterebbe loro prendersi carico dei migranti. C’è poi un altro aspetto importante: il fatto di richiedere subito il porto sicuro nella zona Sar (Serach and rescue, ndr), perché quando parliamo di porto sicuro si intende il porto più vicino, per appunto salvaguardare la vita dei migranti. E nella maggior parte dei casi, la zona Sar è libica, tunisina o maltese. Infine non bisogna dimenticare l’obbligo di portare a terra i clandestini subito dopo il salvataggio e le varie sanzioni amministrative qualora le Ong non rispettassero le nuove regole. Però non possiamo concentrarci solo sulle imbarcazioni delle Ong». In che senso?«È interessante il discorso su queste navi, eppure sappiamo bene che il loro trasbordo di migranti si riduce al 20 per cento del totale. Serve un’operazione governativa che possa in qualche modo riprendere i contatti con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Penso per esempio all’Egitto e alla Tunisia, questi sono due dei tre Paesi di origine (il terzo è il Bangladesh, ndr) con il maggior numero di cittadini arrivati in Italia nel 2022. Con queste nazioni occorre parlare non solo a livello diplomatico: garantendo da una parte cooperazione economica bilaterale e dall’altra un serio controllo delle frontiere». Restiamo sull’attualità: in particolare sul cosiddetto scandalo Qatar gate. Quali conseguenze potrà avere sulla politiche migratorie dell’Unione europea?«Sarà inevitabile prendere in considerazione quello che è successo. Siamo di fronte ad eventi vergognosi che hanno colpito duramente l’Europarlamento. Senza dubbio ci saranno delle evoluzioni in merito che influenzeranno il discorso europeo sulla migrazione. Ma la vera domanda è un’altra».Prego.«Ci siamo interrogati sul vero volto del Qatar? Non quello luccicante trasmesso dai Mondiali, dove hanno perso la vita migliaia di lavoratori nella costruzione degli stadi. Spesso questo Paese veniva decantato da alcuni politici coinvolti nell’inchiesta. Nel corso degli anni Doha ha cercato di portare diverse istanze islamiste in sede europea, inoltre sta finanziando la costruzione di numerose moschee in Europa».E invece sulla presenza dell’Europa in Africa che valutazioni fa?«Assai negativa perché la maggior parte dei fondi sono spesi male, in progetti con obiettivi poco precisi. Per esempio perché l’Unione europea non ha mai pensato alla creazione di suoi hotspot in Africa? Qualcosa che aveva già parzialmente evocato il grande Enrico Mattei «nell’Africa per l’Africa». Strutture da inserire nel territorio libico, con il consenso di quel governo, e che si avvarrebbero di personale europeo in grado di fornire un grosso aiuto dopo le operazioni svolte nella Sar libica».Sia sincero ritiene possibile la creazione di hotspot “targati” Ue in Africa?«Volere è potere. Se un popolo come quello europeo, composto da centinaia di milioni di persone, non è in grado di fare una cosa del genere…».Torniamo al Mare Nostrum. Occorre un ripensamento del ruolo italiano in quest’area?«La vera priorità è dare nuovo vigore alla Marina del nostro Paese perché è uno degli strumenti più importanti nel contesto geopolitico del Mediterraneo. Senza una Marina dissuasiva, in termini di uomini e mezzi, non puoi pensare di assicurare il trasporto marittimo, la pesca nelle acque internazionali, il fabbisogno energetico garantito dalla sponda meridionale del Mediterraneo. Una presenza forte della Marina limiterebbe gli altri principali attori internazionali».Si riferisce a qualche Paese in particolare?«Penso a Turchia e Russia. La prima ha ottenuto una notevole influenza in Libia sfruttando il principio dei vasi comunicanti. Senza girarci intorno: ha approfittato esponenzialmente del disinteresse dell’Italia. La Russia, invece, tramite i mercenari Wagner appoggia l’Egitto. Poi con la guerra all’Ucraina ha portato gran parte della sua flotta nel Mediterraneo. Alcuni dei suoi mezzi navigano a sud di Creta e poi c’è la stazione aeroportuale di Tartus, in Siria, gestita ufficialmente dai russi. Insomma una presenza abbastanza inquietante».
Margherita Agnelli (Ansa)
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