2025-04-29
Gli energivori fanno litigare imprese e Chigi
Antonio Gozzi (Imagoeconomica)
Le aziende con alti consumi di luce e gas spingono Confindustria a chiedere al governo più aiuti rispetto a quanto previsto nel decreto Bollette, anche se da anni godono di sovvenzioni e incentivi. Posizione che spacca in due viale dell’Astronomia. Le aziende energivore mandano Confindustria alla guerra con il governo. La vicenda si trascina da tempo e ha trovato l’acme polemico all’approvazione del decreto Bollette che ha frustrato le attese dei maggiori consumatori di energia i quali si aspettavo di veder accolte le proprie richieste. Poca cosa è stato giudicata la compensazione dei costi dei certificati di emissione Ets, (valore: 600 milioni) mentre si aspettavano ben altro. Tra le richieste c’era l’estensione dell’azzeramento degli oneri di sistema alle piccole e medie imprese, la semplificazione delle autorizzazioni per le rinnovabili in terreni agricoli vicini alle aree industriali, l’annullamento del differenziale nel costo del gas tra Europa e Italia e il metano a prezzi più bassi per le aziende che fanno investimenti verdi.Misure rimaste al palo per insufficienza di risorse (la compatibilità con il bilancio pubblico è una stella polare per il governo) ma che Palazzo Chigi non ha escluso possano essere approfondite in un secondo momento. Il pressing serrato quindi continua, con il sanguigno presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, che guida il drappello delle aziende energivore che, tra gli associati di viale dell’Astronomia, costituiscono un folto gruppo. Non si tratta solo di grandi aziende. Sono assetate di elettricità anche piccole e medie imprese appartenenti a vari settori, dall’industria cartaria alle acciaierie, da quelle meccaniche a quelle alimentari. Nel portale della Cassa servizi energetici e ambientali se ne contano oltre 5.000.La situazione è diventata spinosa per Confindustria che ha al suo interno anche i grandi gruppi produttori di energia, preoccupati di mantenere i propri margini e, quindi, di essere in linea con i piani industriali. I vertici dell’associazione si trovano costretti a dover rispondere alle esigenze di entrambi. Il delegato all’energia dell’associazione degli industriali, Aurelio Regina, abbandonato il consueto fair play, al momento dell’approvazione del decreto Bollette ha detto che è «un pazzia», che il provvedimento è incompleto e che il Parlamento «non lo ha rafforzato», come avrebbe dovuto, mentre il presidente Emanuele Orsini, più diplomatico, ha dichiarato di essere «consapevole che le finanze pubbliche non lasciano grandi spazi di manovra, ma è necessario trovare un modo per non tagliare fuori nessuno in un momento così difficile».Difficile trovare la quadratura tra le diverse voci con il risultato che la folta schiera delle aziende maggiormente utilizzatrici di energia stanno portando Confindustria allo scontro con il governo. Peraltro le imprese energivore sono accusate di realizzare extra profitti dalla vendita a prezzi di mercato di una produzione che gode di sovvenzioni e aiuti pubblici che si scaricano sulle bollette. Da anni queste imprese ricevono incentivi che superano i 2 miliardi di euro all’anno e i costi di questi aiuti vengono poi trasferiti sui consumatori.Vediamo con quali formule sono stati introdotti incentivi e agevolazioni fiscali. L’Interconnector, avviato nel 2010, consente a tali aziende di pagare, su una parte dei consumi, lo stesso prezzo dei mercati confinanti, che è spesso più basso (pensiamo alla Francia, avvantaggiata dall’autoproduzione di energia nucleare). Il meccanismo costa al sistema circa 400 milioni all’anno. L’Interrompibilità è una formula attiva dal 2008 che, in sostanza, garantisce un indennizzo per il solo fatto che la fornitura di elettricità potrebbe interrompersi in caso di necessità da parte di Terna. La misura vale circa 500 milioni l’anno, ma c’è da notare che si è trattato di un servizio attivato solo in rari casi di emergenza, mentre ha garantito una compensazione di costo stabile nel tempo. Poi c’è il rimborso dei costi indiretti di CO2, misura che risale al 2020, come compensazione dei costi delle emissioni trasferiti dai produttori di energia termoelettrica nel prezzo finale dell’elettricità. Un meccanismo che si stima impatti per 140 milioni, incentivo che il governo avrebbe previsto di raddoppiare nel 2025.A questi si aggiungono altri benefici come l’esenzione parziale di alcune componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema (i cosiddetti Asos, oneri per il supporto delle fonti rinnovabili), avviata dal 2018, per un totale di circa altri 1,1 miliardi di euro. Infine, a fronte dell’aumento dei costi energetici a livello nazionale, il governo ha introdotto un credito d’imposta al 45% per le spese sostenute per la componente energetica acquistata e sfruttata entro il 31 marzo 2023. Totale complessivo: superiore a 2 miliardi. Il costo di tali misure è, poi, girato al consumatore.Quindi, se da un lato le imprese che hanno alti consumi di elettricità devono rispettare determinati criteri e adempiere agli obblighi normativi (tra questi c’è la redazione di una diagnosi energetica ogni 4 anni per calcolare il consumo reale e i possibili risparmi e interventi di efficientamento) recepiti in tutta l’Unione europea, dall’altro sono anche destinatarie di agevolazioni fiscali previste dallo Stato a sostegno della spesa energetica.Questi aiuti prima e durante il Covid potevano essere giustificati ma, dopo il 2022, hanno fatto comodo.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson