Il continuo calo della popolazione richiede interventi sul welfare familiare ma anche nel mercato del lavoro per garantire le pensioni. I tedeschi hanno selezionato le persone da fare arrivare. E nessuno ha protestato.
Il continuo calo della popolazione richiede interventi sul welfare familiare ma anche nel mercato del lavoro per garantire le pensioni. I tedeschi hanno selezionato le persone da fare arrivare. E nessuno ha protestato. Tra il gennaio 2018 e il maggio 2021 la popolazione italiana è diminuita da 60.483.973 persone a 59.126.079, in pratica sono spariti 1 milione e quasi 400.000 italiani. L'importante studioso di demografia Massimo Livi Bacci ci informa che nei prossimi due decenni (pure in presenza di più o meno modesti apporti di popolazione immigrata) la popolazione diminuirà in modo sensibile e che nel 2050 - se questa tendenza procedesse inalterata - la quota dei cittadini che lavorano sarebbe del 30%, cioè quasi 9 milioni. Il perché è ovvio: se in un Paese il numero di quelli che nascono è notevolmente inferiore al numero di quelli che muoiono è chiaro che la popolazione invecchia e con essa aumentano i pensionati e diminuiscono quanti sono in età lavorativa. Sicuramente i dati cui abbiano accennato, forniti dall'Istat, sono dovuti anche al fatto che la rilevazione del numero degli italiani è stata fatta con maggiore accuratezza. Questo non toglie nulla all'indicazione del calo demografico che questi dati ci danno con estrema chiarezza. Poi, naturalmente, le tendenze non sono tutte uguali nelle diverse regioni e neanche nelle diverse città. Roma, ad esempio, perde circa 94.000 abitanti, Bari oltre 11.000, Catania addirittura 17.856. Solo Milano è un raro esempio di tendenza in crescita: infatti, registra nel periodo che abbiamo detto un + 17.291 abitanti. Quello che è certo è che la curva demografica della nostra Italia ha iniziato a flettere in modo decisamente più sensibile che in tutto il nostro passato a cominciare, ad esempio, dal periodo seguito alla Seconda guerra mondiale. Vediamo i problemi che ci pone questo fenomeno perché sono più di uno e perché sono molto gravi. Il primo. Si tratta di un problema di tipo economico legato in particolare alla questione del rapporto tra lavoratori e pensionati. Com'è noto chi oggi lavora paga le pensioni di chi oggi non lavora più. L'Inps prende dalle buste dei lavoratori i soldi per pagare le pensioni, ma li prende dalle buste dei lavoratori attuali perché quelli che ha preso dai lavoratori del passato non ci sono più, sono stati spesi. Allora è chiaro che c'è un problema di aumentare la platea di lavoratori perché altrimenti, prima o poi, le pensioni o saranno ridotte ai minimi termini o non saranno pagate proprio. E purtroppo non si tratta di esagerazione.Il secondo. Poiché ci vogliono più lavoratori, ed essendo che gli uomini e le donne non nascono già pronti a lavorare, occorre fare più figli. Questa è una strada certamente importante per risolvere il problema ma, per percorrerla, occorrerebbe un welfare familiare che è totalmente diverso da quello attuale, inadeguato da un punto di vista fiscale, da un punto di vista della tutela delle madri lavoratrici, da un punto di vista degli aiuti sociali alle famiglie più numerose. Il terzo. Fare più figli significa anche preservare l'identità di una nazione, di un popolo o, se volete, di una patria. È noto dalla storia che, almeno dal 3.000 avanti Cristo in poi, ai cali demografici sono sempre legati la carenza dello sviluppo economico e anche il mantenimento della cultura di un popolo. Si chiama trasmissione storica e culturale da una generazione a un'altra dell'identità cultural-nazionale di un popolo. Non è cosa da poco perché un popolo che perde identità è un popolo certamente più debole e, come nel passato, può diventare facile preda di colonizzazioni culturali che lo vanno a deprimere da vari punti di vista. Il quarto. C'è chi sostiene, come è noto, che i flussi migratori possano essere una soluzione da percorrere per rimpinguare quantitativamente la nostra situazione demografica con l'arrivo di adulti e, conseguentemente, più manodopera disponibile e tendenzialmente più nascite. La Germania insegna che c'è immigrazione e immigrazione. Infatti, quando c'è stato il problema dei profughi siriani, è pur vero che la Germania ne ha accolti un numero importante ma ha scelto tra quei profughi quelli che erano utili al proprio mercato del lavoro. Non si è sollevata una voce contro la disumanità del capitalismo tedesco che ha scelto di far arrivare nel proprio Paese le persone che erano più convenienti da un punto di vista economico. Fosse successo da noi, apriti cielo e spalancati terra: razzisti, capitalisti senza morale, come si diceva una volta «servi dei padroni» e altre amenità del genere. La questione è piuttosto chiara, se l'immigrazione è un fatto solo solidaristico e di tipo politico perché legato ai profughi allora è un conto; se l'immigrazione, viceversa, è una questione di rimpinguamento demografico con particolare attenzione al mercato del lavoro per tutto quanto abbiamo detto, allora si tratta di un'immigrazione completamene diversa che esige un vaglio anteriore all'arrivo dei migranti e non posteriore a esso. Comporta accordi con i Paesi di provenienza; comporta insomma un piano di flussi regolari e regolati secondo quanto abbiamo detto.
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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