2021-07-21
Rinvio almeno ad agosto. Il ddl Zan è mezzo morto e la sinistra dà di matto
L'ostruzionismo dei partiti contrari alla legge bavaglio e l'ostinazione di Enrico Letta affossano la norma: il Senato la rimanda ad agosto, ma è molto probabile che la discussione slitti a settembre. Per ripicca, il Pd scatena una grottesca caccia all'omofobo immaginario. È arrivato ieri, verso le 11 del mattino, il segnale con cui Enrico Letta ha fatto capire chiaramente che al Pd fa comodo più un ddl Zan moribondo che una nuova legge anti-omotransfobia. E trascinare il muro contro muro ideologico fino a tutto settembre, in parallelo con la campagna elettorale per le amministrative. L'ex premier ha affidato infatti a una «velina» l'informazione in base alla quale per il suo partito non esistono spazi per il negoziato con Salvini sul testo attualmente in Aula, su cui, come è noto, non esiste già da giorni una maggioranza in Senato. Il tutto, un'ora prima del termine per la presentazione degli emendamenti, fissato qualche giorno fa dalla conferenza dei capigruppo, dopo che il blocco giallorosso aveva respinto tutte le richieste (non ultima quella della presidente di Palazzo Madama, Elisabetta Casellati) per un supplemento di mediazione. Da lì, la giornata parlamentare, che aveva all'ordine del giorno il ritorno in Aula del provvedimento per la discussione generale, ha preso una piega che conferma ampiamente quanto si stava profilando nelle ultime ore, e cioè che se ne riparlerà a settembre, dopo la pausa estiva, quando il ddl Zan potrà essere agevolmente buttato nel calderone del più classico dei cancan elettorali. Una volta preso atto della nuova chiusura da parte di Letta, Salvini ha infatti dato il via libera alla presentazione di 672 emendamenti al testo Zan da parte della Lega, che si sommano ai 172 depositati da Fratelli d'Italia e, soprattutto, ai quattro presentati in tandem da Italia viva e dalle Autonomie, che ricalcano le proposte di modifiche già avanzate dai renziani in occasione del fallito tavolo di maggioranza e vanno a incidere sugli ormai arcinoti articoli 1,4 e 7 del ddl, quelli che trattano rispettivamente dell'identità di genere, della libertà di opinione e delle iniziative negli istituti scolastici in occasione della giornata nazionale contro l'omotransfobia (su cui si erano concentrati i rilievi della Santa Sede). Lo stesso Salvini, incontrando al Senato poco prima della ripresa della discussione alcune associazioni Lgbt, ha fatto presente di essere pronto a far ritirare gli emendamenti della Lega, qualora vi fosse da parte dei dem la volontà concreta di avviare un dialogo che porti alla modifica del testo Zan sui punti poc'anzi indicati. Cosa che, a questo punto, difficilmente accadrà e che semmai, anche potesse accadere, lo farà dopo la pausa estiva, visto che la mole degli iscritti parlare, associata alla possibile richiesta di Lega e FdI di far svolgere un voto (segreto) sul non passaggio all'esame del provvedimento e all'urgenza generale di approvare una serie di importanti decreti in scadenza, sposterà inevitabilmente la timeline delle votazioni sulle proposte di modifica e sugli articoli a settembre. Oggi e domani, infatti, l'aula del Senato sarà impegnata dall'informativa del ministro della Giustizia Marta Cartabia sui fatti del carcere di Santa Maria Capua Vetere, dal question time e dal decreto Sostegni bis, su cui il governo chiederà la fiducia e che a sua volta lascerà il posto, la settimana prossima, al dl Recovery, al dl sulla cybersecurity e a un nuovo question time. Se tutto va bene, dunque, il ddl Zan dovrebbe tornare in ballo per l'inizio delle votazioni vere e proprie la prima settimana di agosto (l'ultima di attività prima delle vacanze), con un numero di emendamenti vicino al migliaio, sempre che la maggioranza dei senatori che ne caldeggiano le modifiche non si compatti in occasione del voto sul non passaggio all'esame, che ne certificherebbe anzitempo un affossamento che appare comunque ineluttabile. Intanto, nelle more della lunga discussione generale, il clima da caccia alle streghe non fa registrare cali di tensione. Ne sa qualcosa il deputato leghista Claudio Borghi, il quale si è sfogato su twitter contro i giornalisti che gli stanno chiedendo insistentemente se si è vaccinato. Per evidenziare quanto tale atteggiamento sia lesivo della privacy, Borghi lo ha paragonato allo storico pregiudizio nei confronti degli omosessuali associati all'Aids, chiedendo «perché questi eroi la prossima volta che intervistano un Lgbt non gli chiedono se è sieropositivo e se fa profilassi?». Immediata e veemente è partita la macchina dell'indignazione giallorossa, in cui si è prontamente inserito prima l'intestatario del ddl, Alessandro Zan (che ha chiesto a Salvini di cacciarlo dalla Lega) e sopratutto il segretario del Pd, Enrico Letta, che ha ritwittato Borghi commentando «coloro con i quali noi dovremmo negoziare e condividere norme contro la omotransfobia...». Lo stesso Borghi, infine, è tornato sulla questione in un nuovo tweet, in cui si è rivolto a Zan scrivendo di trovare «il pregiudizio di chi pensava “omosessuale uguale sieropositivo" altrettanto rivoltante e cretino di chi pensa che un non vaccinato sia uguale a contagioso. Spero», ha concluso, «ancora si possa».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)