2024-01-22
Davide Rondoni: «Il sacro è nel cuore del popolo perché è ciò che non svanisce»
Davide Rondoni (Giffoni film festival)
Il poeta: «Questa è l’epoca dei figli del numero e del narcisismo. Il patriarcato? Non è nelle nostre radici. Per rivelarsi Dio ha dovuto chiedere il permesso a una ragazza».Milano, zona stazione Centrale, appuntamento con il poeta. Fa freddo ma non troppo, arriva a piedi con il trolley e una lunga, lunghissima pipa nell’altra mano. Tra un treno, una lettura di versi e un convegno, c’è il mio computer tra noi e per entrambi un caffè americano nella hall di un albergo. Che a vederlo da fuori sembrava peggiore ma è confortevole, e Davide Rondoni accenna togliendosi il giaccone al suo essere «un viaggiatore totale», che sa dove andare per stare bene qui come in altre città, anche se le radici restano in Romagna. A metà colloquio ricarica la pipa e suona qualche nota con una mini armonica a bocca.A qualche chilometro dal luogo del nostro incontro, a Cinisello Balsamo, presiede il museo di Fotografia contemporanea. Lo hanno chiamato a fare il presidente del comitato per gli 800 anni dalla morte di San Francesco d’Assisi. Ha fondato la rivista ClanDestino. Ma chiede di citare gli incarichi solo se c’è spazio, per non toglierlo alla poesia.Sempre in viaggio?«La poesia è offerta, cioè una cosa da condividere. Se ti chiamano, vai senza fare tante storie: me l’hanno insegnato i miei maestri, Mario Luzi e Franco Loi. Le richieste sono molte, sono diventato da tempo un poeta nomade».Ed è la dimensione del viaggio quella che ha scelto per il suo documentario per la Rai. In onda in tv prima di fine anno, si può riguardare online con il titolo Sacritalia. Prima volta che si cimenta in un’impresa così?«In prima persona sì: ho parlato con Fabrizio Zappi, direttore di Rai documentari, gran romagnolo, e l’ho convinto dell’importanza di raccontare le cose il Paese in un altro modo, forse anche eccentrico».Dipende dagli ascolti?«I numeri di questo progetto per ora sono solo positivi e mi hanno scritto da Jovanotti a persone non note, complimentandosi e dandomi conferma di quanto il sacro sia cosa importante per la vita di molti. Più di altro, di cui si parla forse di più». La regia di Francesco Castellani mostra luoghi conosciuti e non del nostro Paese, i testi sono i suoi e lei ci mette pure faccia e dialoghi con poeti, sacerdoti, danzatrici ed esorcisti.«Un anno di lavoro e al regista va ben più della metà del merito per l’impatto e la riuscita. Abbiamo girato in Romagna e a Roma, in Toscana, in Abruzzo, in Puglia».Ho la sensazione che ci sia più poesia in giro oggi, anche grazie ai social. Ma ho cercato dati sulle vendite dei libri in versi, e non li scorporano nemmeno fonti autorevolissime. Dati certi, invece, su bestseller e libri attesi come quelli di Michela Murgia. Possibile?«Non mi scandalizza, anzi. La poesia non è commerciale. Non si misura. Oggi puoi comprarti la Divina Commedia a 3 euro, che, tanto per fare il suo paragone, è un quinto del libro della Murgia. E allora? Vale di meno? Non direi. Lo sa quante copie fece la prima raccolta di Giuseppe Ungaretti?».No, quante?«Ottanta. Era Il porto sepolto, un capolavoro. Poesia è una forza potente, sfugge alla logica del numero. Che è un criterio di valore in finanza ma non in tutto. È un po’ come con i figli: io ne ho quattro, ma non sono un padre migliore di chi ne ha uno, no? Così, l’opera d’arte solo se costa è bella? E poi ormai è ufficiale che non sono i milioni di follower a decretare se sei più intelligente di altri».Ma di numeri quest’era si nutre. «Se il Tavernello vende più del Barbera, davvero significa che è più buono? È l’epoca dei figli non più di Dio ma di N.N.: del numero e del narcisismo».Parola, quest’ultima, tanto di moda.«Abusata nelle relazioni personali, forse anche quando non si sa cosa dire. Io parlo però del mito di Narciso, quello antico - e gli antichi certo scemi non erano - che parla di egocentrismo e autoidolatria e ansia di riconoscimento».Ci sono poeti noti (e forti) in libreria anche in quest’epoca.«Benissimo. Dopodiché io ritengo una poetessa come Ida Vallerugo (nata a Pordenone, classe 1941, ndr) un’importantissima voce della contemporaneità, anche se non ha editori che la inseguono, né fiction a lei dedicate. Non fa numeri, insomma, ma è molto più brava. Anche per questo ho deciso di partire alla ricerca delle manifestazioni del sacro, ovvero di ciò che non si misura, non si conta».Il sacro quindi, in sintesi, è per Davide Rondoni...?«Quel che non si consuma. Ciò che merita tremore e timore nella vita di ciascuno. Ed è generativo».È sinonimo di bellezza?«È bello anche il tremendo. Negli scritti di Rilke si legge di un eccessivo strepito di cui tremano le cose. Non è sempre piacevole. La bellezza vera genera anche inquietudine, ricerca».Ne va alla ricerca come antidoto? Medicina dei mali di oggi?«Non voglio andare “contro” qualcosa, piuttosto ho desiderato seguire la natura dell’uomo. La mia, che a un certo punto ho stupito persino il regista con un gesto molto forte, e alla fine del viaggio ballo con una persona speciale».Spoileriamo?«Non diciamo tutto ai lettori. Anche perché non tutto si può spiegare. Davvero: la mia non è un’intenzione critica, ma una richiesta di guardare con attenzione a quello che c’è. Bisogna stare attenti. Educare lo sguardo. Si guarda al sacro ben più di quanto i media siano capaci di raccontare».Ma lei dalla Madonna di Trevignano non è andato.«Non la conosco. Non sono andato dietro a credulismo, affarismo e fanatismo. D’altra parte siamo fatti così: ogni tendenza umana porta con sé la propria decadenza. L’affetto e l’“appiccicosità”, per dirne una. Ho selezionato il lato sano e profondo di questo sentire dell’essere umano».Ad esempio?«Se muore un ragazzo, i suoi amici per ricordarlo lasciano berretti e fiori e sciarpe sul palo dove è stato l’incidente. Quello è un altare. Se hai occhi per capirlo, lo vedi. Una riscossa dal nulla, dai nostri mali, si può tentare solo puntando su questo, che già esiste. Non certo sui buoni sentimenti. O sul galateo».Il poeta oggi può parlare di tutto?«Non se dice cose scontate. Solo se cerca di andare in profondità».Proviamo? Tre argomenti d’attualità.«Proviamo».Primo. Femminicidi: è patriarcato?«I poeti trovatori intorno all’anno 1000 già distinguevano tra amore e possesso. Puoi pure non averli mai letti, e neanche Dante che su questo argomento aveva molto da dire, ma la violenza non può essere interpretata stupidamente, e comodamente, con un’idea banale. A me preoccupano forse di più i numeri delle madri che ammazzano i propri figli. È matriarcato?».E allora il patriarcato non esiste?«È imposto alla discussione pubblica dai media. Von der Leyen e Meloni sono due esempi di donne al comando. Sarà presto, piuttosto, guerra tra donne, mi dia retta. Tra chi ha fatto la carriera maschile e chi non ce l’ha fatta. Le donne dovrebbero chiedere un’altra carriera, per ruoli altrettanto importanti, ma in un altro modo. La principale religione in Europa, il cristianesimo, si fonda sul sì libero di una ragazza a Dio: persino Dio ha dovuto chiedere a una donna il permesso. Le nostre non sono radici di patriarcato ma di libertà, ma occorre innaffiarle».Secondo tema: la guerra.«Inviterei (tutti) a leggere Wilfred Owen, Giuseppe Ungaretti, Clemente Rebora. Poeti che aiutano a capire quanto la guerra sia da evitare a tutti i costi. Oggi consiste in una trattativa economico-finanziaria, ben più che una sfida per motivi territoriali. Questa terza guerra mondiale a pezzi vuole il cambio dell’economia mondiale e della moneta. Anche qui: che il numero dei morti di ciascuna parte sia un discrime di gravità è terrificante».Terzo: la politica italiana. In che stato di salute è secondo un poeta?«Per me, chi si occupa della cosa pubblica è sempre degno di stima (e ammirazione). Sono allergico alla parola “casta”, soprattutto se a usarla sono i giornali della finanza internazionale e non del popolo. E pure non mi convince chi ha mandato a “fanculo” la politica rivelandosi poi peggiore di essa. Sono tra i pochi scrittori e intellettuali che non hanno screditato la politica. Solo i babbei possono non aver capito cosa sia successo negli anni Novanta nel nostro Paese, e quanto abbiamo bisogno della democrazia. Perché se non c’è la politica subentrano altri poteri».Allora è plauso al governo a prescindere?«Mai a prescindere. Valuterò positivamente questo governo solo se mi dimostrerà una vera riforma educativa, per una scuola dei talenti e non della falsa enciclopedia. Per me, è l’unica cosa davvero discriminante».Prossimi suoi progetti?«Il mio ultimo libro è di testi poetici dedicati a tanti artisti amati di ogni tempo e ad amici con cui ho collaborato, da Lucio Dalla a Omar Galliani, quindi poesie sull’arte, un altro punto dove si incontra il senso del sacro (Rispondimi, bellezza, di Luigi Pellegrini editore, ndr). Sto scrivendo un libro sui bambini. Non per loro, ma su di loro, perché restare attaccati all’infanzia è più naturale di tante mode di vita presunta naturale. Sto lavorando poi a un documentario per la tv sulle cave di marmo di Pietrasanta, con Francesca Sacchi Tommasi. Vorrei farne un altro Ungaretti. E poi chissà, ancora Sacritalia».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.