Le nuove statistiche dell’Istat britannico: in chi si è sottoposto alle iniezioni, i tassi di decesso risultano maggiori che tra i renitenti. Anomali soprattutto i picchi in corrispondenza dell’inoculazione delle prime dosi.
Le nuove statistiche dell’Istat britannico: in chi si è sottoposto alle iniezioni, i tassi di decesso risultano maggiori che tra i renitenti. Anomali soprattutto i picchi in corrispondenza dell’inoculazione delle prime dosi.Se ne dovrebbe parlare su giornali e televisioni: di mezzo ci sono i morti. E invece, in questo Paese, ce ne stiamo occupando solo sulla «Verità. Ma dopo il report di Umanità e ragione sull’extra mortalità italiana, arrivano altri numeri allarmanti, stavolta da Oltremanica. E offrono un ulteriore spunto di riflessione. A differenza delle cifre disponibili nello Stivale, infatti, essi presentano un’utilissima distinzione tra decessi per il Covid e decessi non attribuibili al Covid, divisi per status vaccinale. E quello che viene fuori dai grafici, che vi mostriamo in queste pagine, è piuttosto sconcertante. Praticamente in tutte le fasce d’età, si notano sia una mortalità non Covid più elevata, sia strani picchi di dipartite, in particolar modo tra gli inoculati con la prima dose entro 21 giorni dall’iniezione. Il monitoraggio dei bidosati non sembra restituire anomalie altrettanto evidenti. Eppure, confrontando le curve della mortalità non Covid tra i non vaccinati con quelle della mortalità riscontrata tra chi si era sottoposto alla seconda puntura, si rilevano ugualmente le anormali impennate di decessi. Negli over 50, il fenomeno si manifesta con più evidenza. nuda matematicaPer prevenire facili obiezioni, specifichiamo subito che si tratta di elaborazioni basate sul cruscotto dell’Istat inglese (l’Office for national statistics) e che non stiamo parlando di numeri assoluti (altrimenti, sarebbe normale se ci fossero più persone finite all’altro mondo tra i vaccinati, essendo i no vax una ristretta minoranza), bensì di tassi di mortalità, standardizzati per età. Dunque, i fattori di disturbo dovrebbero essere stati ridotti al minimo. Nessun complotto, nessuna fonte sospetta. La nuda matematica, così come comunicata da organismi statali. Nel complesso, quello che emerge è che mentre, nella popolazione vaccinata, si è ridotto il tasso di mortalità dovuto al coronavirus, per qualche ragione oscura, è aumentato quello per le altre cause. Guardando le figure riprodotte qui sopra, lo si intuisce immediatamente. L’andamento della mortalità nei non vaccinati rimane, in ciascuna delle le fasce d’età, costante, tra gennaio 2021 e dicembre 2022. Al contrario, in corrispondenza con la somministrazione delle prime dosi, in un intervallo di 21 giorni dall’inoculazione, si osserva un aumento sostenuto della quota di decessi per cause diverse dal Covid. La curva si mantiene sempre più elevata di quella dei non vaccinati e, benché tendano a riprodursi ciclicamente i picchi, essa va diminuendo. Più complessa è la dinamica che riguarda le seconde dosi iniettate da almeno sei mesi. Nei maggiorenni under 40, il tasso di mortalità tra i bidosati è quasi sempre più basso di quello dei renitenti, tranne che nei mesi in cui la campagna vaccinale sui giovani è stata più intensa: tra la primavera e l’estate del 2021. Nei quarantenni, avviene il contrario: in quel periodo, il tasso di mortalità per cause non Covid si conserva più alto tra i refrattari alla puntura. Al di sopra dei 50 anni, l’andamento cambia: tra 60 e 69 anni, i bidosati presentano un’ascesa improvvisa del tasso di decessi, da novembre 2021 a gennaio 2022; poi, la curva scende in modo lento e costante, ma il tasso di mortalità è comunque più elevato che tra i non vaccinati. Più o meno simile la situazione nei settantenni, sebbene l’aumento dei morti cominci un po’ prima, a ottobre 2021. In ogni caso, balza alla vista l’irregolarità delle linee dei vaccinati a vario titolo, a confronto con quella dei non vaccinati. Non è noto, poiché l’Ons non lo ha comunicato, cosa ne sia stato di quelli che sono corsi a sottoporsi al booster.effetto doshiI dati inglesi provano sul campo l’esistenza del fenomeno già riscontrato dal ricercatore Peter Doshi nei trial di Pfizer e Moderna: in fase di sperimentazione, risultava che i vaccinati erano sì protetti dal Covid, ma presentavano un eccesso di effetti avversi statisticamente rilevante, al quale andava collegato il fatto che finissero in ospedale di più per cause differenti dal virus. Ad esempio, problemi cardiaci e trombosi. D’altronde, non siamo in grado di stabilire se quello che è successo nel Regno Unito sia da ascrivere o meno ai vaccini ed eventualmente a quali: quelli a mRna o i preparati di Astrazeneca, di cui si è fatto un gran uso lì? L’unica cosa che sappiamo con certezza è che esiste un andamento dei tassi di mortalità che non ci saremmo aspettati e che esso non riguarda una o due classi di età, ma tutte. In più, guardando cos’è accaduto ai deceduti per Covid, ci rendiamo conto di un dettaglio: dalla comparsa di Omicron, il tasso di decessi è stato paragonabile per vaccinati e non vaccinati con una o due dosi, persino nelle persone più anziane. Il che solleva ulteriori dubbi in merito al bilanciamento tra rischi e benefici delle iniezioni. Ci sono stati i richiami, certo. Ma per chi vi si è sottoposto, non conosciamo le curve di mortalità. Qualcuno crede che ce ne sia abbastanza per un’indagine? Oppure bisogna continuare a far finta di niente? Se questi vaccini sono stati il più strabiliante miracolo della scienza dall’eradicazione della polio in avanti, tanto vale vederci chiaro. Cosa potrebbe esserci mai da nascondere?
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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