2024-05-31
Se Maometto spopola anche in Italia, Dante sarà la nostra «resistenza»
Il caso degli studenti musulmani esentati dallo studio della «Divina Commedia» dimostra che la convivenza pacifica con l’islam è impossibile. E chi si illude del contrario condanna l’Occidente al suicidio culturale.Nel marzo del 1934 ci fu la retata contro la «cricca» degli ebrei antifascisti. Furono arrestati tra gli altri Sion Segre Amar e Leone Ginzburg. Furono condannati a tre anni, ridotti poi a uno grazie a un’amnistia. Sion e Leone finirono nella stessa cella. La loro richiesta di poter avere dei libri fu rifiutata. Fortunatamente avevano la Divina Commedia: Sion l’aveva in tasca quando era stato arrestato. La portava sempre con sé, non se ne separava mai. Era un’edizione con i fogli di carta sottilissimi coperti da una scrittura quasi microscopica, ed era completa. I due intellettuali ebrei hanno passato il loro anno di prigione imparando e memoria la Divina Commedia, perché entrambi amavano la sua bellezza. Il cristianesimo e l’ebraismo hanno come radici in comune Mosè, l’Antico Testamento e i salmi. Questo non le rende religioni sorelle, le rende al contrario ognuna blasfema rispetto all’altra. Cristo si dichiara figlio di Dio, per l’ebraismo è blasfemia. Gli ebrei considerano Cristo un uomo che ha detto di sé cose non vere, essere il figlio di Dio, figlio di una donna che lo ha concepito fuori dal matrimonio, e questo per il cristianesimo è blasfemia. Le due religioni si sono odiate e si odiano, e questo è comprensibile. Purtroppo l’odio non è rimasto confinato alle idee, ma si è esteso ai corpi, e questo è stato ignobile. Esiste un preciso martirologio ebraico, purtroppo ricchissimo di morti ammazzati. Nel 1349 a Strasburgo 2.000 ebrei furono bruciati vivi sotto l’accusa di aver contagiato la peste, l’episodio più grave di tutte le persecuzioni scatenate per lo stesso motivo. Questo non ha impedito ai due intellettuali ebrei rinchiusi in una cella delle Nuove di Torino di amare appassionatamente la Divina Commedia, al punto da impararla a memoria. La Divina Commedia è un’opera straordinaria. Ed è stato un crimine permettere a due studenti islamici di essere esonerati dal suo studio. Le civiltà non muoiono per assassinio, ma per suicidio. Il nostro suicidio è dato dalla denatalità e dall’odio di sé che spinge gli insegnanti a vietare il presepe e festeggiare il Ramadan, a permettere a un imam di parlare negli atenei vietati a Papi e Rabbini. I due studenti islamici non conosceranno la bellezza della Divina Commedia. Essa parla dell’uomo, della sua potenza di creatura di Dio, parla anche di un uomo, Dante Alighieri, che giudica cosa è il bene e cosa è il male, osando mettere anche Papi all’inferno. Chi legge la Divina Commedia impara che l’uomo deve sapere cosa è il bene e cosa è il male, che esiste il peccato e che esiste la redenzione. Tutta questa bellezza sarà negata ai due studenti mussulmani. L’opera contiene anche fiumi di informazioni storiche e teologiche sul cristianesimo, particolarmente preziose per persone di un’altra religione che però dovranno convivere con il cristianesimo. Nessuno si è mai sognato di esonerare dalla lettura della Divina Commedia studenti ebrei, e se qualcuno lo avesse fatto loro si sarebbero sentiti giustamente offesi. L’esonero è stata un’offesa. Con una forma di razzismo i due studenti islamici sono stati giudicati incapaci sia di tolleranza, sia della capacità di essere commossi dalla bellezza della Divina Commedia. E, ancora più grave, è passato il concetto che la Divina Commedia possa offendere l’islam e per questo vada eliminata. Qualcuno spieghi ai due insegnanti che hanno fatto questa genialata che è una china in discesa: tutto può offendere. L’Orlando Furioso e la Gerusalemme Liberata offendono sicuramente l’islam, ricordare la Battaglia di Lepanto e quella di Vienna pure, ricordare il martirio di Bragadin offende l’islam, ricordare che Istanbul si è chiamata Costantinopoli offende l’islam, ricordare l’esistenza dello Stato di Israele offende l’islam, avere un insegnante non islamico o, peggio, una insegnante non islamica e che non porta il velo offende l’islam. Se uno studente cattolico chiedesse il permesso di non studiare Voltaire, lo avrebbe ottenuto? Perché nel momento in cui è stata fatta un’affermazione, giusto eliminare ciò che amiamo di più se secondo qualcuno potrebbe offendere l’islam, tale affermazione acquista un suo valore universale. Ci sono altri valori che sono la bellezza, la potenza della Commedia che parla dell’uomo e parla di Dio, che sono stati calpestati. C’è nella Commedia una serie di informazioni sul cristianesimo particolarmente preziose per chi è al di fuori del cristianesimo e deve vivere poi in mezzo a delle popolazioni cristiane, insieme, in armonia. Questa possibilità è stata annullata. È stato quindi riconosciuto che l’islam può convivere con noi solo sopraffacendoci. Se devo vivere in armonia con qualsiasi altro tipo di nazione, devo conoscere l’altrui civiltà e tanto vale che conosca il meglio. Se però devo andare a sopraffare questa nazione, questa conoscenza non mi serve, anzi mi infastidisce. La città che si chiama Istanbul si chiamava Costantinopoli. I cristiani erano il 100 per cento della popolazione. All’inizio del secolo scorso erano il 30 per cento, adesso sono lo 0,6 per cento. Il massacro degli Armeni ha distrutto gli ultimi. In Turchia, ci sono luoghi di una bellezza sconvolgente su cui si alzano rovine magnifiche con le iscrizioni in greco o in latino, illustrati da guide turistiche che non conoscono né greco né latino, e non sanno praticamente nulla della storia di quelle rovine. Non è la loro civiltà, è una civiltà morta che era lì prima. Quindi quello che è stato fatto con questi due studenti ci sta anticipando il fatto che diventeremo una civiltà morta. È ipotizzabile che i professori che hanno esonerato i due studenti siano di sinistra, che adorino il Sessantotto, che abbiano interiorizzato che la nostra civiltà è malvagia? Adesso tutti gli studenti islamici rifiuteranno di studiare Dante, restando privi della sua bellezza. Qualcuno spieghi ai due professori che quello cui hanno aperto la porta è il discutibile valore dell’intolleranza fino al rifiuto della bellezza. Noi quindi ci mettiamo a leggere la Commedia. Le sue vendite devono schizzare nelle classifiche di Amazon come quelle di Harry Potter. Quelli di noi che hanno avuto il privilegio di studiarla a scuola, possono andare sulle edizioni normali. Per tutti gli altri c’è Franco Nembrini. Nato in una famiglia economicamente molto modesta Nembrini ha cominciato ad amare Dante a 12 anni, mentre guadagnava qualcosa per la sua famiglia vivendo e lavorando presso un droghiere. Stava spostando pesantissime casse sulle scale del magazzino, lontano da casa sua, quando si è ricordato di due versi che una magnifica insegnante gli aveva fatto imparare a memoria: «Tu proverai sì come sa di sale/ lo pane altrui e come duro calle/ lo scendere a salir per l’altrui scale», e ha capito che la Commedia era stata scritta per lui. Chiunque legga la Commedia, a un certo punto, scopre che è stata scritta per lui, trova il verso che racchiude la sua storia, persino i due intellettuali ebrei alle Nuove hanno pensato fosse stata scritta per loro. Nembrini ha amato appassionatamente la Commedia, l’ha insegnata a tutti, ha creato il ciclo di conferenze «Dante per massaie» per chiarire che la Commedia è assolutamente universale, non deve essere limitata alle scuole alte. Se non l’avete studiata a scuola, non rinunciate alla Commedia. Occorre un commento per leggere la Commedia, certo, e possono aiutarvi i libri di Nembrini, Uscimmo a riveder le stelle (Nembrini e Recalcati, ed. Ares); l’Inferno, quello da cui cominciare; poi ci sono gli altri due. Chi l’ha detto che dovete morire senza aver letto (e amato) la Divina Commedia? Fate dispetto al sistema, che vi vuole scemi e immersi nello squallore. Non guardate la televisione e leggete Dante. Se diventeremo una repubblica islamica, il Belgio e la Francia lo sono già, sarà il linguaggio della resistenza. Ci riconosceremo nei vicoli bui citando i versi della Commedia.