2019-10-26
Dalla sbronza di Di Pietro a Giuseppi. L’Italia vista dallo 007 «amerikano»
Il libro-intervista a Michael Ledeen, uomo di punta dell'intelligence di Washington nel nostro Paese, sta per rivelare la vera storia di molti protagonisti della scena politica.In tempi di Spygate e Russiagate, in attesa di risposte sui rapporti tra i nostri servizi segreti e i vertici di Fbi e Cia in Italia, spunta in libreria un libro-intervista a Michael Ledeen, un americano noto nel nostro Paese sin dagli anni Settanta. La versione di Michael. Un amerikano alla scoperta dell'Italia, scritto dal docente universitario Marco Cuzzi e dal giornalista Andrea Vento, è un agile volume di 200 pagine, dove Ledeen, uno storico indicato spesso come uomo di punta dell'intelligence americana nel nostro Paese, attraversa la storia italiana dal Dopoguerra a oggi, sino al precedente governo di Giuseppe Conte.Nato «politicamente all'estrema sinistra del movimento giovanile californiano negli anni Sessanta, si avvicina poi alla destra conservatrice americana», per poi, oggi, scrivono gli autori «dichiararsi liberale (un noioso centrista come ama autodefinirsi)». Il lavoro di Cuzzi e Vento, con la viva voce di Ledeen, permette di collegare i puntini e ritrovare i tanti casi in cui la nostra intelligence si è ritrovata a collaborare con gli americani. «Potremmo definire Ledeen uno storico che è anche oggetto di studio storico», spiega Cuzzi, professore di storia contemporanea all'università degli Studi di Milano, alla Verità. «Ha realizzato la celebre intervista sul fascismo di Renzo De Felice. Prima era uno studente e poi diventa via via un personaggio che compare negli anni della strategia della tensione, nella vicenda Moro, a Sigonella …». Quanto ha influito Ledeen sulla nostra politica estera? «Di sicuro ha influito nella relazioni bilaterali e nella definizione del profilo dell'Italia in politica estera», aggiunge Vento, ricordando che Ledeen è tuttora una persona che conta, anche perché la figlia Simone è nel dipartimento della Difesa Usa mentre il figlio Gabriel è uno dei legali di Facebook.Tanti gli aneddoti. Diversi i commenti ai politici attuali. («Giuseppe Conte? Uomo di transizione. Certo non è un Napolitano»). Ma non si può che partire da quello su Antonio Di Pietro, il pm di Mani pulite che è stato addirittura descritto dai suoi nemici come un «burattino manovrato, pilotato, utilizzato per demolire un sistema». Lui ha sempre smentito. Spiega Ledeen nel libro: «Io l'ho conosciuto perché l'abbiamo invitato all'American enterprise, a Washington. Era usuale per noi invitare gli stranieri che ricoprivano un incarico o un ruolo importante in quel momento: diplomatici, intellettuali, economisti, militari che fossero, li invitavamo da noi per tenere un discorso. Poi organizzavamo una bella cena di gala […]». E cosa accadde? Siamo tra il 1993 e il 1994, Ledeen parla di una cena a casa sua con la moglie Barbara, insieme con i giudici della corte suprema, di quella d'appello, del tribunale di Washington […]». Come finì il banchetto? Fu «divertente» aggiunge Ledeen «perché lui dopo un po' cominciò a sentirsi davvero a proprio agio. Si tolse la giacca, poi la cravatta, si arrotolò le maniche della camicia e persino l'orlo dei pantaloni: una cosa che non avevo mai visto fare…». «Ha davvero arrotolato i pantaloni?», chiedono gli intervistatori. «Sì, evidentemente si sentiva bene, rilassato. Prese una bottiglia di grappa, si riempì generosamente il bicchiere e disse: «Non mi sarei mai immaginato di sentirmi qui così bene, come se fossi a casa mia». Di Pietro, alla fine, stando a quello che dice Ledeen, si ubriacò, con giudici e avvocati un po' sorpresi. Infine alla domanda fatidica sulle relazione tra Di Pietro e l'Fbi, la risposta di Ledeen è questa: «Non lo so, era un personaggio molto strano». Il caso dell'ex leader dell'Italia dei valori è solo uno dei tanti citati nel libro, sugli incroci tra Italia e Stati Uniti. Nelle prime pagine si parla anche di massoneria, di Licio Gelli e di P2 ma soprattutto di Francesco Pazienza, ex agente del Sismi, che si mise in contatto negli anni Settanta proprio con Ledeen. L'«amerikano» conferma di averlo conosciuto a Roma e spiega dell'apporto che diede Pazienza nell'affossare Billy Carter, fratello del presidente americano Jimmy. «Quello che noi abbiamo aggiunto, grazie a Pazienza, era il fatto che Billy Carter aveva ricevuto soldi da Gheddafi, attraverso un suo contatto siciliano che si chiamava Michele Papa. Questo era l'elemento nuovo, ed era anche nuovo perché Pazienza aveva ottenuto un nastro, una conversazione [..]». Si parla di Sigonella, dei rapporti con l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga e con il leader del Psi, Bettino Craxi, dell'amicizia di Ledeen con Marco Carrai, il Richelieu dell'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi. («Carrai è un ragazzo intelligente, che lavora moltissimo. Quello che fa non lo so, io lo vedo a pranzo, quando sono fortunato. È uno che è sopravvissuto a problemi personali enormi […]». Quindi spazio a un'altra interferenza tra Italia e Stati Uniti. Ovvero il caso Yellowcake: la storia della presunta vendita di uranio dal Niger a Saddam Hussein. Una parte di quella vicenda porta in Italia. Si dice che il documento dell'ambasciata del Niger a Roma fu realizzato da falsari italiani. Secondo alcune fonti, specificano Cuzzi e Vento, da Vincent Canistraro, ex capo della Counter intelligence della Cia. Poi si ricorda la figura di Rocco Martino e di come avesse confezionato il dossier per incriminare Saddam. «A ogni modo io non ho niente, ripeto niente, a che fare con la storia dell'uranio del Niger», sostiene Ledeen.