2018-10-19
Dal «postino» Moscovici una sberla in faccia: «Mai così fuori dai patti»
L'Unione europea bastona il governo sulla manovra: «Desta gravi preoccupazioni». Chiesti chiarimenti «entro lunedì a mezzogiorno». Se a quel punto ci fosse un parere negativo, l'Italia avrebbe teoricamente tre settimane per riscrivere la manovra. E i mercati si scatenano. Una giornata da tesi di laurea. Possibile titolo: «Teoria e prassi della creazione del panico».Molto peggiore di una lettera di richiamo da parte della Commissione Ue (che di per sé sarebbe un ordinario strumento di interlocuzione, che anche quest'anno sarà utilizzato nei confronti di cinque-sei governi) è infatti l'opera pervicace e ossessiva volta ad alimentare paura sulla situazione di un solo Paese, il nostro.Ancora lo scorso weekend, il presidente della Bce Mario Draghi, non certo un portavoce del governo gialloblù, si era rivolto a tutti (e quindi anche ai commissari Ue) per ricondurre il dialogo tra Bruxelles e Roma a una dialettica ordinata, ricordando che molte volte in passato vi sono stati significativi scostamenti dai parametri da parte di Stati membri.E invece i membri della commissione, tutti in procinto di sparire dalla scena politica, hanno agito quasi come agenti provocatori. Prima, con dichiarazioni incendiarie. Poi, per tutta la giornata di ieri, creando un clima da thrilling sull'arrivo della lettera. E a quel punto la frittata era già bella e fatta, con lo spread arrampicatosi a quota 327, la più alta da cinque anni e mezzo.Infine, come una beffa, a Borse chiuse ma a mercati già totalmente terremotati, la lettera è effettivamente arrivata, firmata da Pierre Moscovici e da Valdis Dombrovskis.Il testo è acuminato, a dispetto delle parole vellutate del francese in conferenza stampa con Giovanni Tria. Parla di «dimensioni della deviazione senza precedenti nella storia del Patto di stabilità». Il gap è calcolato all'1,5% del Pil, e, secondo i due membri della Commissione, «questa evidente e significativa deviazione è fonte di gravi preoccupazioni».Morale: la Commissione chiede al governo italiano «spiegazioni entro lunedì 22 ottobre a mezzogiorno» per poter assumere una «opinione formale» (una riunione della Commissione è prevista il giorno dopo, il 23). Se a quel punto ci fosse un parere negativo, l'Italia avrebbe teoricamente tre settimane per riscrivere la manovra.La lettera fa già intravvedere una procedura di infrazione, quando annota che «il piano di bilancio italiano non assicurerebbe il rispetto degli obiettivi di riduzione del debito». Quindi, la sequenza potrebbe essere: bocciatura della manovra e apertura della procedura di infrazione. Tra i veleni, anche la citazione del mancato parere favorevole di «istituzioni indipendenti»: un chiaro riferimento all'Ufficio parlamentare di bilancio, la cui valutazione - però - non è vincolante, tanto che la manovra di Renzi-Padoan non ebbe il via libera dell'Upb nel 2016, ma il governo di centrosinistra non se ne preoccupò affatto.La giornata è proseguita con la surreale conferenza tra il ministro Tria e lo stesso Moscovici, verso le 18.30. Surreale nell'orario, in primo luogo, perché avvenuta al termine di uno stillicidio di dichiarazioni e indiscrezioni che avevano già infiammato spread e mercati, quindi con i buoi già ampiamente scappati dalla stalla.Tria ha esordito riconoscendo l'esistenza con Moscovici di «valutazioni diverse sulla nostra politica economica». E poi ha cercato di ricondurre tutto a un'interlocuzione fisiologica: «Riteniamo di dover far conoscere meglio alla Commissione le riforme strutturali che porteremo avanti con la legge di bilancio; si apre questo dialogo; noi ascolteremo le osservazioni della Commissione, e loro ascolteranno le nostre. Speriamo di avvicinare le posizioni».Moscovici si è rivolto in italiano a Tria («Sono molto contento di aver avuto l'occasione di dialogare con te in modo franco e costruttivo»), salvo poi spiegare in francese, con notevole ipocrisia, che «questa Commissione ama l'Italia» e che lui intende lavorare «con spirito costruttivo e a sangue freddo».Vale peraltro la pena di ricordare meglio chi siano i due firmatari della lettera contro l'Italia. Prima di diventare Commissario Ue nel 2014, Moscovici era stato ministro delle finanze in Francia, sotto la presidenza Hollande. In quella veste, a metà 2012, si era impegnato solennemente davanti all'allora commissario economico Ue Olli Rehn a tornare sotto la soglia del 3% già nel 2013. Cosa che invece non accadde - badate bene - per dieci anni consecutivi, dal 2007 fino a tutto il 2016, inclusi i due anni di governo di Moscovici. L'Ue, però, fu ultraclemente con Parigi, a cui vennero dati altri 24 mesi per mettersi in regola: ma la Francia continuò a sforare allegramente, arrivando ben sopra il 4% nel 2014 e poco sotto il 4% nel 2015.Peraltro, il debito pubblico francese non è affatto sotto controllo, essendo al 96-97% del Pil transalpino. Sulla base di queste «credenziali», Moscovici se la prende con l'Italia, uno dei Paesi fondatori dell'Unione, e soprattutto un contribuente netto, visto che l'Italia dà ogni anno all'Ue molto più di quanto riceva (14 miliardi contro 11 circa).Quanto a Dombrovskis, basterà ricordare che la Lettonia riceve ogni anno dall'Ue 500 milioni, pari al 2% del Pil lettone. Per capirci, se l'Italia ricevesse altrettanto, avremmo ogni anno da Bruxelles 32-33 miliardi. Fantascienza pura.Tornando a Moscovici, hanno infine destato sconcerto altre due tappe della sua giornata romana. In primo luogo, l'annuncio di un incontro con il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, candidato alla guida del Pd. E davvero non si comprende a che titolo un commissario Ue incontri un presidente di Regione, addirittura dando la sensazione di avallare con un improprio endorsement le sue future mosse politiche. In secondo luogo, la sua salita al Colle. L'altro giorno la stessa Commissione Ue aveva cercato di derubricare tutto a visita di cortesia. Ma, visto il comportamento del commissario francese verso l'Italia e la sua opera da piromane di spread e mercati, la parola «cortesia» sembra un ultimo atroce sberleffo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 17 settembre 2025. Il nostro Giorgio Gandola commenta le trattative nel centrodestra per la candidatura a presidente in Veneto, Campania e Puglia.