2020-01-27
Da primo partito all’inconsistenza. Di Maio scampa il collasso del M5s
Se in Calabria il candidato grillino almeno partecipa, in Emilia lo votano i parenti e poco più. Un disastro che l'ex capo politico aveva fiutato e dal quale s'è sfilato all'ultimo. Ora sarà guerra intestina fino al congresso.Quello che resta del Movimento di Beppe Grillo, dopo la tornata elettorale regionale, è polvere di stelle. Se in Calabria alle ultime politiche avevano superato il 43% dei consensi adesso il loro candidato, Francesco Aiello, è attestato dagli exit poll tra il 7 e l'11. Per dare un'idea del caos che regna nel partito, se una parte degli attivisti si è allineata alla decisione dei vertici sostenendo la corsa di Aiello, un'altra si è schierata con il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, che criticava i legami parentali di Aiello con un boss della mafia ucciso qualche anno fa.Ancora più esiziale il responso delle urne in Emilia Romagna: nel 2018 i pentastellati sfioravano il 23%, adesso Simone Benini è dato tra il 2 e un massimo del 5%. A prescindere da un punto percentuale in più o in meno, si può ormai parlare di un partito a rischio d'estinzione.Curioso il fatto che tutto cominciò a Bologna l'8 settembre 2008, quando venne organizzato da Grillo il primo Vaffa day, e l'avventura pentastellata pare terminare ancora nel capoluogo emiliano dodici anni dopo e sempre con un vaffa.Cosa è successo? Le avvisaglie della rovina erano già chiare dalle europee quando si fermarono al 17%, ma dopo l'alleanza con il Pd il processo è parso irreversibile. In questa chiave va probabilmente letto il gran rifiuto di Luigi Di Maio, che con le sue dimissioni del capo politico, ha sprofondato il Movimento 5 stelle in uno stato di prostrazione e profonda incertezza sul suo futuro. Nel senso che il ministro degli Esteri non voleva prendersi per intero la colpa di una disfatta annunciata.Annunciata anche dall'emorragia di parlamentari degli ultimi mesi: dal ministro dell'Istruzione, Lorenzo Fioramonti, che alla vigilia di Natale ha firmato le dimissioni dal governo e lasciato il M5s, fino all'espulsione del senatore e giornalista Gianluigi Paragone, cacciato a capodanno dai probiviri del Movimento per aver votato contro la legge di bilancio. Ma è solo l'ultimo di una lunga lista di grillini espulsi e allontanati: dei 227 deputati conquistati alle elezioni del 4 marzo 2018 oggi ne sono rimasti soltanto 214.Stremato dal costante calo dei consensi e da numerose sconfitte elettorali, tra cui l'ultima è la più cocente, il partito fondato dal comico genovese sta faticosamente cercando di riorganizzarsi, ma il percorso per uscire da questa complicata situazione sembra un'impresa ai limiti delle possibilità. E i voti degli elettori sembrano confermarlo.Se poi la soluzione è quella di affidarsi a Vito Crimi, primo storico capogruppo al Senato, l'impresa diventa pressoché impossibile. Sono infatti i pochi a ritenere che Crimi guiderà i pentastellati a lungo. Il prossimo marzo, in una data incerta, verranno indetti i cosiddetti Stati generali. Cosa sono? Una riunione che dovrebbe essere anche una sorta di congresso del partito, in cui saranno prese decisioni sulla sua futura struttura interna e sulla guida dei grillini. Ma tutto il processo è ancora avvolto da un alone d'incertezza che i risultati in Emilia Romagna e Calabria rendono ancora più indeterminato.C'è un'unica certezza: lo statuto dei 5 stelle stabilisce soltanto che il capo politico venga eletto con una votazione online dagli iscritti e che le regole della consultazione siano decise dal Comitato di garanzia. Ma l'assemblea di marzo potrebbe essere proprio l'occasione di ripensare le regole. Una delle voci che circolano più insistentemente è che il ruolo di capo politico sia sdoppiato e affidato, contemporaneamente, a una donna e a un uomo, seguendo l'esempio di altri partiti europei come i Verdi e i socialdemocratici della Germania.Se questo escamotage possa bastare a risollevare le sorti dei grillini è però assai dubbio. Difficile spiegare agli elettori in fuga la presunta coerenza di essere passati dal sedere al governo accanto a Matteo Salvini ad andare a braccetto con Nicola Zingaretti. Per altro litigando sia con l'uno sia con l'altro.Per quanto riguarda il ruolo femminile nella doppia leadership, una delle candidate più gettonate è il sindaco di Torino, Chiara Appendino. A contenderle la poltrona c'è però a senatrice Paola Taverna. Quest'ultima, secondo fonti interne al Movimento, da vicepresidente del Senato si è mossa con prudenza e ha guadagnato un posto centrale nel team del futuro. Inoltre sarebbe considerata una figura di mediazione affidabile dallo stesso premier Giuseppe Conte.E tra gli uomini, ammesso che Crimi sia solo un traghettatore? I nomi sono sempre gli stessi: innanzitutto Alessandro Di Battista, che è ancora considerato una figura di riferimento per molti dei simpatizzanti. Poi c'è il presidente della Camera, Roberto Fico. Anche il premier Conte potrebbe prendere la guida dei pentastellati, anche se ha sempre negato questa eventualità. Prima del voto il premier aveva espresso forte preoccupazione delle conseguenze delle dimissioni di Di Maio sui risultati delle regionali.La débâcle elettorale arriva anche in un momento di difficoltà per il garante Beppe Grillo, che ha annullato tutto il suo tour di spettacoli che era già in programma per il prossimo mese, perché dovrà operarsi a breve. Nulla di grave, si tratterebbe di, come ha rivelato lui stesso di «un problema di apnee notturne». Ma comunque non potrà occuparsi a tempo pieno del futuro, sempre più incerto, della sua creatura politica.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)