2025-04-23
Da dove verrà il nuovo Papa? Europa in pole, poi c’è l’Asia. Becciu: «Al conclave ci sarò»
Il cardinale Angelo Becciu (Ansa)
I 135 cardinali verso la Cappella Sistina: difficile che il successore arrivi da Americhe o Africa, occhio allo spagnolo López Romero. L’ex prefetto «degradato» vuole votare.Ieri mattina si è svolta la prima congregazione generale preparatoria per il futuro conclave. Quello di ieri è stato un appuntamento «tecnico» convocato dal cardinale Giovanni Battista Re, decano del collegio cardinalizio e vero deus ex machina di tutta la fase preparatoria che poi condurrà i cardinali elettori nella Cappella Sistina per esprimere il loro voto. Una cinquantina le porpore che hanno risposto presente al primo appello, per una riunione che si è svolta piuttosto velocemente e che si è concentrata sugli aspetti legati alle esequie del defunto Pontefice. Sarà dal 28 aprile che le congregazioni cominceranno a entrare nel vivo con gli interventi che si orienteranno verso il profilo del successore di Francesco.Gli elettori sono 135, di cui 108 creati da Bergoglio, che sarebbero 109 considerando il cardinale sardo Angelo Becciu, già prefetto alle Cause dei Santi, che in una sera di settembre del 2020 si vide defenestrato nello spazio di un attimo dallo stesso Papa in un colloquio burrascoso, dopo il quale l’ex fedelissimo si trovò senza incarico, «degradato» e poi sottoposto a processo. Un caso controverso, legato ufficialmente alle speculazioni su un palazzo vaticano a Londra e su fondi della Cei finiti a una cooperativa legata alla famiglia Becciu. In questa tempesta, il Papa avrebbe anche tolto a Becciu «diritti e le prerogative del cardinalato», tra cui ci sarebbe anche la partecipazione al voto del conclave, ma proprio ieri all’Unione sarda il cardinale dichiarava che «richiamandomi all’ultimo concistoro (quello nel quale è divenuto cardinale Arrigo Miglio, già arcivescovo di Cagliari e che accolse Bergoglio nella sua storica visita del settembre 2013) il Papa ha riconosciuto intatte le mie prerogative cardinalizie in quanto non vi è stata una volontà esplicita di estromettermi dal conclave né la richiesta di una mia esplicita rinuncia per iscritto». Con ogni probabilità, saranno i cardinali nelle congregazioni generali a sciogliere questo nodo rimasto in sospeso e che non passa per essere una delle migliori pagine del pontificato appena concluso.Al voto, invece, non parteciperà il cardinale Vinko Puljić, ex arcivescovo di Sarajevo non ancora ottantenne, che ieri ha fatto sapere di non poterci essere «per motivi di salute». Ma ha fatto anche sapere che «questo Papa (Francesco, ndr) lascerà certamente molti ricordi ma anche molte delusioni, perché molti si aspettavano qualcos’altro». Un messaggio neanche troppo in codice che è già un anticipo degli interventi che si susseguiranno dal 28 aprile alle congregazioni. Così come quello rilasciato dal cardinale Odilo Scherer, brasiliano, che, invece, al voto sarà presente (e fu anche uno dei papabili di secondo piano nel conclave del 2013 in concorrenza con Bergoglio). «L’esito del conclave potrebbe riservare delle sorprese. Papa Francesco fu una sorpresa, non era nei pronostici. E fu una bellissima sorpresa». Per poi aggiungere: «Non sarei sorpreso se il nuovo Papa provenisse da un continente diverso dall’Europa o dall’America. La Chiesa cattolica è per tutto il mondo».Ma sarà davvero un conclave delle sorprese? Si dice, ed è vero, che sia un collegio di elettori molto globalizzato, con provenienza dalle periferie e con molti cardinali che non si conoscono nemmeno. Questo potrebbe effettivamente aprire a sorprese, ma ci sono altri elementi da tenere in conto. Il primo è che, al di là dei numeri, è difficile che si possa riproporre immediatamente un candidato del Sud America, così come è difficile che possa essere premiato un candidato degli Stati Uniti, per ragioni più geopolitiche che non ecclesiali (difficile abbinare a una presidenza come quella di Donald Trump anche la massima autorità morale del Pianeta). Altrettanto complesso è pensare che sia davvero giunto il momento di un candidato africano, soprattutto perché la resistenza degli episcopati africani a certe «aperture» su temi di morale sessuale troverebbe porporati mitteleuropei disposti a fare muro. Inoltre, in generale, si ritiene che le Chiese africane siano ancora piuttosto giovani. Per eleggere un porporato africano, quello in pole sarebbe il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, ci vorrebbe un andamento molto particolare delle votazioni, con maggioranze che si sfaldano e si ricoagulano. Attenzione, però, alla figura del cardinale Cristóbal López Romero, spagnolo ma di stanza in Marocco, profilo assai gradito al fronte più liberal e nome che circola parecchio sotto traccia.L’Asia ha come candidato fortissimo il cardinale Luis Antonio Tagle, pro-prefetto del dicastero per l’Evangelizzazione, 67 anni. Un vero enfant prodige dell’episcopato mondiale, creato cardinale da papa Ratzinger e affine alla cosiddetta «scuola di Bologna»; è in piena linea con le aperture di Francesco. Su di lui potrebbero confluire molti voti dal centro e dalle periferie. Alla fine l’Europa, in questo momento, ha i nomi più forti del conclave. Da una parte ci sono quelli più vicini alla mens di Francesco, ossia i cardinali Matteo Zuppi, capo della Cei, il cardinale Jean-Marc Aveline, vescovo di Marsiglia, e il maltese alla guida della potente macchina sinodale, Mario Grech. Più moderati ci sono i cardinali Péter Erdo, ungherese, Anders Arborelius, svedese, e il patriarca di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa. Su tutti, per il profilo di mediazione che rappresenta, non si può non indicare il Segretario di Stato, Pietro Parolin.Occorrono 92 voti per eleggere il Papa, fino alla trentatreesima votazione. Ciò significa che servono almeno 45-50 voti di blocco per evitare che i primi candidati di «bandiera» arrivino all’elezione. Chi sarà scelto come candidato di bandiera dalle due principali anime del collegio votante? I numeri dicono che se la parte più liberal riuscirà a essere coesa, sarà difficile riuscire a trovare spazio per candidati più conservatori. Ma se qualcosa andasse storto, allora ci sarebbe spazio per candidati più unificanti. Nel primo scenario, i nomi più forti sembrano essere quelli di Tagle e Zuppi, nel secondo il nome che metterebbe d’accordo tanti resta quello di Pietro Parolin. La terza ipotesi è quella delle sorprese.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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